Quersus & Monstertech

Come diceva la pubblicità “cciù is better dan uan” (two is better than one), ho deciso di fare un necessario e meritato upgrade alla mia postazione da gioco/lavoro. La mia vecchia poltrona Ikea mi ha abbandonato, dopo più di 15 anni di duro servizio.

Eccovi la mia recensione della poltrona da gaming Quersus G703 abbinata ai supporti per joystick della Monstertech.

La Terra piatta

Amate la Vita come io rispetto la Natura
Rispettate la Natura come io ho amato la Vita.

 

Breve prefazione: Il mio primo racconto, non so se ne seguiranno altri, i miei strumenti linguistici sono abbastanza limitati ma le idee non mancano. Il racconto è breve abbastanza per perderci solo 10 minuti di tempo, ovviamente Vi esorto a passarli su letture di opere di scrittori molto più titolati e dei quali io sono appassionato lettore. Ma se ho suscitato appena un po di curiosità allora forse non saranno 10 minuti persi e potrò vantarmi per averVi distratto da impieghi diversi per il tempo equivalente. Se poi sono perfino riuscito a stimolare dei dubbi e delle riflessioni allora sono felice di aver vinto anche il mio primo premio. Buona lettura.

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Gli Allarmi continuavano incessantemente a stridere nella plancia di comando tra nuvole di fumo e scintille di circuiti sovraccarichi. La vecchia nave multiruolo, in missione ufficiale d’esplorazione di remoti sistemi galattici, cadeva verso il terreno cercando di contrastare la velocità troppo elevata e limitando il più possibile gli eventuali danni da impatto sulla superficie del pianeta, ma l’attrito con l’eliosfera contribuiva a surriscaldare lo scafo oltre il limite di un rientro sicuro. Purtroppo le alternative si riducevano a una rotta di rientro molto angolata per ridurre gli effetti delle radiazioni della stella verso la cui gravità si erano ritrovati a combattere dopo l’ultimo salto iperdimensionale. Cercavano di farsi scudo con l’ombra meno calda del pianeta scoperto per una coincidenza fortuita, la cui orbita passava vicino alla nave e riduceva per quanto possibile il calore e le radiazioni emesse dall’astro infuocato. La correzione della traiettoria verso tale zona d’ombra era stata decisa in fretta poiché il computer di bordo non aveva fornito alternative oltre quella di bruciare nelle prossimità della superficie della stella, l’inversione di rotta era infatti impossibile, tuttavia lo scanner aveva fornito quella misteriosa piccola area meno calda che poteva essere raggiunta prima della inarrestabile fusione dello scafo.

Nel momento di maggior carico termico e meccanico e quando ormai quasi tutti i sensori esterni e le piccole appendici aerodinamiche erano state consumate dall’attrito e l’equipaggio si era ormai affidato alle preghiere, il termometro misurò una repentina inversione all’aumento termico delle corazze esterne. Furono tutti sorpresi per la scoperta della presenza di una qualche atmosfera su un pianeta così vicino alla sua stella da essere invisibile a qualsiasi radar. La nave continuò a frenare procedendo pesantemente, mentre la maggior parte dei sistemi continuavano a segnalare guasti intermittenti e gli allarmi a squillare all’unisono, questa volta la velocità finalmente ridotta lasciò intravedere una speranza di salvezza.

Più ci si avvicinava alla superficie e più i parametri miglioravano, fino al momento che le lingue di plasma infuocato, che avevano avvolto lo scafo e i sensori, erano scomparsi e permettevano di vedere grossolanamente l’aspetto del pianeta. La superficie intorno sembrava abbastanza regolare a parte solo una grossa sagoma di un rilievo montagnoso al centro dell’orizzonte e la parvenza di nubi in alto, i bordi però, finché era permesso vedere in lontananza, scomparivano in una sfumatura di nebbia rossiccia, e più la visibilità aumentava al centro e più i bordi rimanevano offuscati.

Finalmente, dopo aver scelto un luogo sufficientemente pianeggiante per posarsi, la nave atterrò facendo gemere il metallo della sua struttura con i possenti carrelli che penetrarono lievemente in un soffice terreno sabbioso. Una volta spenti tutti i focolai d’incendio e stabilizzato i sistemi, si procedette con una analisi dei danni e dell’ambiente in cui erano miracolosamente atterrati.

Era già chiaro a tutti il motivo di quella situazione di estrema emergenza in conseguenza del fine sabotaggio del sistema di salto iperdimensionale con la riprogrammazione del computer di navigazione in modo da farli uscire rischiosamente vicini all’astro.

Era l’opera della pericolosissima gang terroristica conosciuta come “I custodi del Paradiso”. I pochi seguaci rimanenti di questa gang di fanatici religiosi si autoproclamavano “Angeli armati” e non esitavano a ricorrere alla violenza, al sabotaggio e a qualsiasi azione armata che avrebbe sublimato la loro anima in eterno per i servigi resi al loro supposto Creatore.

Qualche ferito, qualche contuso, una frattura, e tra la sorpresa di tutti gli ufficiali scientifici gli scanner e i sensori ancora operativi fornivano dati che però si faceva fatica a razionalizzare tenendo ben presente che si era finiti all’interno della sfera di plasma che generava la corona solare più esterna: una gradevole gravità naturale di circa 0,8 G; temperatura e pressione atmosferica compatibile con un sistema abitabile simile ad un qualsiasi deserto equatoriale terrestre; poche o nessuna radiazione nociva; la composizione dell’aria analizzata da un campione forniva le percentuali di una discreta quantità di ossigeno e vapore d’acqua (come essere su una quota di 6000 mt terrestri); varie percentuali poco significative di elementi pesanti e nocivi alla vita umana; ma grandi quantità di elio e piccole percentuali ma significative di idrogeno e azoto e anidride carbonica; l’analisi biologica forniva invece l’assenza di agenti patogeni, ma una discreta quantità di primitive spore vegetali in varie percentuali. Gli eccezionali dati raccolti facevano presupporre addirittura che si potesse respirare con poca difficoltà senza l’ausilio di tute o maschere.

Il dubbio fu subito certezza quando uno dei tecnici assalito dal panico e dallo stress aveva aperto uno dei portelli di aerazione secondari inondando per qualche minuto la plancia con l’aria del pianeta ed esponendo tutto l’equipaggio. Un odore leggermente dolciastro e di carbone bruciato si sparse all’interno della nave e una leggera ebbrezza fu avvertita come dopo aver bevuto mezzo bicchiere di alcol, ma niente di mortalmente nocivo.

La prima uscita all’ambiente aperto, prima con l’ausilio di una mascherina di ossigeno per ristabilire la giusta percentuale respirabile e poi senza, forniva la visione globale del luogo in cui i miracolati si erano venuti a trovare. Il primo contatto diretto con quel mondo lo forniva la vista: il colore di fondo era un rosso arancio scuro ma illuminato da una luce chiara e diffusa in tutte le direzioni, l’orizzonte era una sfumatura di foschia giallo rossa molto omogenea che non forniva salti netti ma era interrotta solo in un punto dell’orizzonte da quello che sembrava essere una montagna, e nella stessa direzione il cielo passava dal rosso alla base al giallo al verde nella parte più alta localizzata sopra il promontorio; una leggera brezza soffiava dalla stessa direzione;  un rombo continuo e diffuso si udiva in bassissima frequenza come una batteria di ugelli di razzi in lontananza e sempre con la stessa bassa intensità.

La nave, una corvetta AC-34 multiruolo, allestita per esplorazione e trasporto delle industrie spazionavali ALFA, appariva tutto sommato integra a parte la mancanza di quasi tutte le appendici aerodinamiche, le antenne e i sensori, aveva assunto un color carbone con macchie di vernice originale rimanente nei punti più nascosti. Il sensore topografico a lungo raggio si era guastato quasi per primo e non era stato possibile avere una mappa accurata della superficie e ne del resto di questo bizzarro pianeta, gli unici scanner da cui si potevano scaricare dati erano quelli portatili ma avevano un corto raggio d’azione. Nelle ore successive fu lanciato in aria un drone IEN-4 dalle dimensioni di un paio di metri per esplorazione e raccolta dati. La permanenza su questo piccolo mondo non era tra le opzioni di missione anche se era necessario aspettare che i tecnici facessero un rapporto completo sulle condizioni della nave.

Il drone automatico che poteva affidarsi al raggio d’azione massimo dei suoi sensori di circa 10 km, con propulsione di minicelle nucleari ad antimateria fu programmato per la mappatura del terreno, l’acquisizione di dati ambientali atmosferici, la telemetria in tempo reale e la ripresa video, e se pur dotato di intelligenza artificiale base veniva indirizzato verso l’unico rilievo appena visibile di questa superficie regolare e pianeggiante.

Nelle ore che seguirono si cercava di riparare i danni alla nave e i moduli primari. Il drone veniva costantemente monitorato e i dati esaminati continuamente allo scopo di capire soprattutto come ripartire in sicurezza, ma tali informazioni fornivano scenari sempre più incredibili.

Il drone, volando ad una media di circa 50 km/h ma variando periodicamente la quota per acquisire più dati possibili, in 24 h aveva coperto circa 1000 km di spazio. Il dato più sorprendente era la  temperatura e il grafico che veniva tracciato mentre tutti gli altri parametri erano abbastanza costanti, la superficie sempre molto regolare, ma da un’altezza di 20 km i sensori misuravano al limite del raggio di scansione verso l’alto una diminuzione di temperatura. Per misurare lo stesso valore costante di temperatura di 250 °C la quota saliva proporzionalmente al proseguimento della rotta programmata rappresentando un vero e proprio guscio di separazione al di sotto del quale c’erano le condizioni per la condensazione del vapore acqueo . Qualche ora più tardi lo stesso drone trovava acqua liquida e una striscia di vegetazione ai bordi di quella che sembrava la riva di un mare o la sponda di un fiume molto largo, infatti i sensori non rilevavano altre sponde opposte e ne ai lati a parte l’altura già visibile dal luogo dell’atterraggio. Vegetazione confermata dall’analisi di alcuni campioni raccolti localmente. Inoltre la velocità con cui procedeva verso il promontorio era in parte diminuita a causa delle periodiche variazioni di quota sempre più estese e l’incontro con la formazione di nubi di vapor d’acqua abbastanza dense e stabili. Vi fu un altro sostanziale cambio di scenario circa 80 ore dopo il lancio e il drone aveva percorso quasi 3000 km, giunse in prossimità della montagna ma il mare incontrava di nuovo la terra e finiva ai piedi della base di questa enorme struttura rocciosa in cui le condizioni climatiche perfette e costanti favorivano lo sviluppo di vegetazione, che per quanto più simile ad alghe e muschi, ricopriva l’intera regione intorno alla base come una coperta di color verdognolo tendente al blu. A questo punto si decise di far seguire al drone una strada che lo portava a raccogliere più informazioni su questa nuova struttura rocciosa facendolo salire di quota fino a cercarne la sommità. Gli anemometri registravano una colonna d’aria fredda discendente lungo i pendii di questo enorme pilastro. Pur con moltissime interferenze dovute a forti campi magnetici creati dalla stella, il drone trasmise anche il video della sommità della montagna. Dalla punta, che poco sotto l’ultimo tratto era ricoperta di ghiaccio d’acqua, venivano espulsi violentissimi getti uniformi di plasma rosso-arancio che foravano un cielo verde quasi azzurro. Una eruzione perpetua probabilmente contenente anche materiali in forma fluida e solida che data l’elevatissima temperatura e velocità misurata scomparivano molto più in alto come il gigantesco scarico di un motore a reazione verticale e unendosi poi a quel guscio di flussi  plasmatici provenienti dai bordi. Il drone compì un giro intorno alla cima e poi ridiscese da quello che sembrava essere un strano gigantesco vulcano dalle proporzioni planetarie con un’altezza di oltre 200 km che partiva in basso con un diametro di circa 1000 km la cui forma di un cono quasi perfetto terminava in alto con una bocca larga 10 km. La restante porzione di cielo che dallo zenit scendeva verso l’orizzonte cambiava il colore dal verde-azzurro al giallo, al rosso acceso come sotto una cupola in cui le lingue di plasma si vedevano fluire dal basso dell’orizzonte per tutti i 360° verso il centro in alto sulla verticale di questa cupola immaginaria e che il vulcano forava col suo pilastro di fuoco eruttivo. Il poco materiale che ricadeva lungo le pareti raffreddandosi era contenuto a una breve distanza dalla superficie esterna come un sottile mantello discendente, raccogliendosi in verticali creste regolari intorno alla montagna, e per una distanza maggiore il drone rilevava un flusso d’aria molto veloce e spesso che ripercorreva le pareti fino alla base distribuendosi poi omogeneamente per tutte le direzioni verso l’orizzonte. A questo punto, insieme anche ad altri dati raccolti nel frattempo dalla nave in riparazione, fu conclusa una analisi abbastanza dettagliata di quello che poteva essere la mappa del luogo e il particolarissimo clima planetario.

Il pianeta, almeno secondo i dati raccolti, misurava una massa abbastanza ridotta (paragonabile con quella della luna terrestre) per le dimensioni di una superficie sostanzialmente piatta mappata per almeno 10-15 mila km di diametro in un bordo esterno circolare e confinante con un muro di plasma uniforme per tutta la circonferenza del piatto (flusso di plasma generato dalla stella molto vicina). Analogamente al movimento orbitale della Luna terrestre, il pianeta mostrava sempre la stessa faccia alla stella attorno alla quale girava, il moto di rotazione e rivoluzione erano sincroni (fatto molto più comune sui pianeti ospitanti masse in movimento come i fluidi) ma molto più veloci di quelli lunari, si calcolava l’orbita di rivoluzione completa in poche ore, la forza centrifuga risultante contrastava in buona parte la forza di gravità della stella agente a quella breve distanza.

Il flusso di plasma sembrava convergere verso quello che era il centro del piatto dove si trovava un mega vulcano in piena attività, formando una cupola in movimento al di sopra della superficie che racchiudeva nell’intercapedine una vera e propria bolla atmosferica sottostante di forma toroidale molto schiacciata. Se queste analisi non erano già abbastanza sconcertanti si aggiungeva  un’atmosfera con le caratteristiche di temperatura, pressione e la presenza di acqua liquida da rendere il pianeta non solo favorevole alla vita ma addirittura abitabile dagli umani e la presenza di una folta vegetazione, seppur primitiva, ne era la prova più lampante. La costante presenza del movimento di masse d’aria favoriva il ricambio e il riciclo degli elementi in un clima statico e ipoteticamente invariato da milioni di anni. L’intera biosfera era rappresentata da un ciclone gentile che soffiava a terra radialmente dal centro verso i bordi facendo evaporare l’acqua del mare che assumeva una forma simile a una ciambella per poi riscaldarsi gradatamente nelle zone desertiche in prossimità dei bordi dove il flusso della cupola plasmatica ne accelerava la risalita e la convergenza verso il centro e la zona più fredda dell’intero pianeta nella parte alta del mega vulcano, lì la massa d’aria si raffreddava e condensava producendo nuvole e pioggia ridiscendendo poi verso la base del vulcano e ricominciando il ciclo climatico senza soluzione di continuità o grandi variazioni registrabili e in cui tutti i climi principali e tutti i continenti della Terra ne erano ben rappresentati.

Il parziale ripristino dello scanner planetario fornì un quadro ancora più incredibile, l’analisi dei dati generali di densità media, massa e forma, era compatibile con un pianeta dalla morfologia praticamente piatta in cui la parte, esposta all’azione diretta del flusso continuo di radiazione solare, era stata consumata e dispersa nello spazio per milioni di anni, ma avrebbe fatto da scudo a tutte le radiazioni che avrebbero potuto eliminare la vita in una frazione di secondo o non generarla affatto. Piuttosto con molta probabilità era stato proprio l’insieme delle coincidenze e delle bizzarrie che aveva promosso lo sviluppo di un ambiente in cui la vita primordiale aveva attecchito. Non c’era alternanza tra giorno e notte e il motore della cupola esterna formata da flussi di plasma a loro volta espulsi dalla vicina stella, forniva la costante luce diffusa con una intensità media, le ombre perciò erano quasi inesistenti. L’energia necessaria alla biosfera, per lo sviluppo evolutivo fino a questo livello senza ancora la presenza del regno animale forniva il giusto equilibrio. Equilibrio mantenuto per centinaia di milioni di anni terrestri durante i quali questa terra piatta bruciava e si consumava sempre da un lato e cullava la vita dal lato opposto modellando gentilmente le superfici. Il vulcano invece con tutta probabilità era stato accresciuto nel corso dei millenni dalle spinte e dalle pressioni degli strati planetari sottostanti, svolgendo un ruolo di ulteriore equilibrio climatico e valvola di sfogo delle potenti forze agenti all’interno del pianeta, forse meglio dire “sotto” il pianeta.

Prima che l’umanità diventasse tecnologicamente avanzata da poter permettere l’esplorazione e la colonizzazione di altri mondi e si facessero i primi passi dell’esplorazione terrestre, la Terra era praticamente immaginata in due dimensioni. Le uniche dimensioni che l’uomo riusciva a comprendere facilmente e applicare al suo ambiente ottenevano il risultato di immaginare un mondo “Piatto” e dotato su tutti i lati di bordi ben definiti da cui si poteva perfino cadere…inoltre l’evoluzione del pensiero umano aveva prodotto delle elaborate materie filosofiche quali la teologia e le religioni che avevano influenzato a loro volta la vita e l’evoluzione dell’uomo fino al punto da stabilire o almeno immaginare cosa sarebbe accaduto nel futuro. Secondo una famosa interpretazione nell’antichità esistevano almeno tre luoghi dove le anime avrebbero passato un tempo indefinito in conseguenza delle azioni commesse durante il corso della vita terrena: l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso, che partivano proprio geologicamente dal basso o dal “sotto” con il peggior luogo “infernale” e salivano verso l’alto per il più “confortevole” Eden o Paradiso o Nirvana…

Le analogie, tra il pensiero e l’immaginazione umana di almeno 10 secoli prima, la realtà di questo pianeta formatosi e scoperto per un gran numero di coincidenze uniche e la civiltà spaziale attuale, causavano una serie di corto circuiti filosofici e ponevano quesiti teologici e dubbi scientifici quasi da portare alla pazzia chiunque si fosse soffermato a rifletterci appena un po.

Perfino la vita estremamente vulnerabile in tutte le sue forme aveva trovato protezione dalla enorme quantità di radiazioni emesse da così breve distanza in uno scudo naturale di elementi metallici del nucleo originario del pianeta plasmato nel tempo. L’equilibrio di molte diverse potenti forze contrarie agenti su questa piccola oasi paradisiaca nell’inferno di effetti fisici su scala planetaria, e le analogie col pensiero umano che ne profetizzava l’esistenza reale con un così largo anticipo facevano presupporre l’intervento di una mano divina onnipotente e non sempre creduta reale.

Faceva rabbrividire il pensiero per certi versi anche ironico che la scoperta fortuita di questo piccolo Eden era avvenuta come conseguenza del sabotaggio della gang dei custodi del Paradiso.

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Quello che è dato sapere dai files di registrazione del drone di esplorazione da questo punto in poi diventa molto frammentario. Dopo essere stato trovato per caso alla deriva da una nave cargo commerciale di passaggio in quel sistema con il guscio esterno praticamente fuso e con l’aspetto di un relitto metallico tondeggiante, l’estrazione dei preziosi dati contenuti nella sua memoria e la successiva analisi non chiarisce fino in fondo i fatti accaduti.

L’ultimo filmato in ordine di tempo registra un piccolo lampo apparentemente nel centro dell’enorme disco stellare quasi come il lampeggio di un flash fotografico in lontananza nella notte terrestre.

Nel momento in cui si studiavano i piani per evadere dalla permanenza forzata sul pianeta e far ritornare l’equipaggio nell’universo più familiare, la nave, prima ancora di poter fare il primo tentativo di lasciare il pianeta, perse irreparabilmente tutta la parte poppiera, i motori principali insieme con una buona parte di scafo, di equipaggio, e di risorse, a causa di una inspiegabile esplosione.

La successione rapida degli eventi successivi è attualmente all’esame di un gruppo di scienziati: Dalle informazioni e i dati raccolti dal drone è possibile scoprire il Comandante e un gruppetto di membri dell’equipaggio allontanarsi velocemente dal relitto della nave in fiamme e ormai irrecuperabile; prima che le fiamme finiscano ciò che rimaneva del vascello viene lanciata con successo nella direzione della sommità del megavulcano al centro del pianeta una sola capsula di salvataggio contenente solo il drone IEN-4 custode di tutte le informazioni raccolte e poi ritrovato semidistrutto dal cargo.

Un ufficiale ingegnere dell’equipaggio adibito alla manutenzione del drone, rimasto illeso nella nave durante l’esplosione, aveva in tutta fretta preparato la piccola capsula con il drone protetto da tutta la schermatura che poteva inserire nella capsula. Aveva collegato tutte le celle a combustibile nucleare, salvate dallo scoppio, con l’avionica e i propulsori della capsula, allo scopo di sovraccaricarli e aggiungere spinta fino al limite massimo permesso dall’integrità strutturale e programmato il navigatore automatico affinché tale spinta iniziasse in prossimità della bocca del vulcano, ricevendo così un boost supplementare.

La ripartenza dal pianeta, infatti, era diventata la priorità dell’equipaggio tecnico della nave e pareva non essere proprio di facile esecuzione. Piuttosto le varie opzioni di ripartenza e fuga includevano tutte una discreta percentuale di fallimento catastrofico a causa sopratutto del minaccioso flusso si plasma ad elevate temperature a cui la nave non si sarebbe potuta sottrarre. La corvetta, seppur affidabilissima anche oltre i limiti teorizzati, non era progettata per essere sottoposta a sollecitazioni così estreme, inoltre aveva già una volta superato miracolosamente tale test. Sarebbe servita tutta l’energia e tutta la spinta possibile e una buona dose di fortuna già abbondantemente usata nel corso dell’atterraggio.

La commissione di scienziati stabilì che lo scopo dell’ufficiale ingegnere fosse quello di lanciare almeno il drone fuori dal pianeta e farlo sopravvivere alla fusione con la vicina stella con la speranza che potesse testimoniare tutti gli eventi accaduti dopo che fosse stato trovato.

Il lancio della capsula avvenne quasi nella stessa direzione della piccola squadra del Comandante in fuga e fu per pochi secondi l’obbiettivo di qualche colpo del fucile ad onde d’urto che si usava comunemente per le prospezioni geologiche e adesso usato con altri scopi. Nessuno dei colpi del comandante andò a segno, solo uno di essi lambì uno spigolo della scialuppa in volo senza portare apparenti danni mentre proseguiva il suo tragitto verso il vulcano.

Con questo atto si evidenziò l’intenzione volontaria del Comandante di non far sfuggire niente da quel mondo a qualsiasi costo. La scelta così radicale e violenta invece è ancora materia di discussione e lo sarà anche nel futuro se non emergeranno ulteriori elementi utili a chiarirne le motivazioni.

La scialuppa custode del suo prezioso carico invece volò senza ulteriori intoppi verso la prima destinazione programmata, allineatasi dinamicamente col veloce flusso di plasma verso l’alto ne fu prima  inglobata e poi accelerata oltre quello che i soli propulsori, benché sovraccaricati, potessero fornire. La capsula ottenne così una grande velocità ma anche una notevole temperatura fino a quando il computer di bordo previde l’imminente esplosione dei piccoli motori e sopratutto delle celle supplementari di combustibile, il colpo a onda d’urto del comandante aveva in parte disallineato i flussi di energia dalle pile di antimateria danneggiando parzialmente alcuni raccordi.

I relè di apertura della capsula ricevettero l’autorizzazione ad aprirsi espellendo il drone quasi come se fosse stato il carico utile da mettere in orbita intorno alla Terra ad opera del primo stadio dei razzi agli albori dell’era spaziale umana. Il drone era ancora integro e protetto dalla sua schermatura supplementare continuando la sua instancabile raccolta di dati. La velocità di fuga acquisita in questo modo, seppur notevole, non fornì però il tempo sufficiente al drone di sfuggire al gradiente di temperatura e calore in costante e veloce aumento.

Sembrava che il “messaggio in bottiglia” non sarebbe mai giunto neanche alla deriva nello spazio a cui era alla fine destinato quando una notevole esplosione si formò sotto di esso. Era plausibile pensare che la capsula ormai in balia del flusso plasmatico avesse deflagrato violentemente prendendo ulteriore energia dal combustibile rimanente delle pile, la deflagrazione prodotta avesse generato un’onda d’urto paragonabile a una piccola bomba ad annichilazione (la più potente arma militare inventata nel corso dell’ultimo conflitto in grado di distruggere in un solo colpo interi pianeti). L’onda d’urto generata fornì un ulteriore spinta supplementare al drone che pur perdendo parte della schermatura avrebbe superato il punto di massimo carico meccanico e termico salvandosi dalla distruzione e mettendo al sicuro il messaggio in bottiglia.

La stessa potente onda d’urto però ebbe un drammatico effetto collaterale: nella direzione della bocca del vulcano più in basso la deflagrazione fece innalzare la pressione all’interno della sommità al punto da farne collassare una grande sezione; sui lati lo stesso fronte dell’onda deformò quella che era la cupola protettiva di plasma deviandone le lingue spiraleggianti all’interno della biosfera.

L’equilibrio di una unica miracolosa oasi paradisiaca e dalla bizzarra struttura simmetrica a forma di ciambella fu definitivamente e irrecuperabilmente perso per sempre.

Con una cascata di rapidissimi eventi l’innalzamento estremo di temperatura e le lingue di fuoco favorivano le interazioni esplosive tra ossigeno, idrogeno e altri elementi che ri-alimentavano le reazioni e gli stessi processi distruttivi. Quello che era stato il motore energetico del pianeta fino al momento prima si trasformò nella sua nemesi. Nei pochi secondi successivi tutto quello che poteva rappresentare la firma di un Creatore divino, con riferimento alla bolla atmosferica d’aria, all’acqua allo stato liquido e alla vegetazione, fu definitivamente cancellato. Le terribili onde d’urto delle immani esplosioni agivano verso il pianeta come il martello spacca il granito, in breve tempo l’intero pianeta o ciò che rimaneva fu inghiottito in un ultimo breve lampo di luce dalla stessa stella che ne aveva regolato l’esistenza per milioni di anni.

Il drone molto danneggiato registrò l’ultima presenza della terra piatta come una piccola anomalia delle normali reazioni nucleari della stella, poi smise di funzionare rimanendo su una traiettoria di fuga iperbolica.

L’ultimo smontaggio del cuore del robot automatico IEN-4 ormai smantellato dalla commissione di scienziati restituì i piccoli contenitori di campioni di vegetazione prelevati durante l’esplorazione di quell’improbabile mondo, accuratamente conservati e protetti.

L’etichetta scolpita nel materiale del contenitore riportava la scritta: CAMPIONE DI PARADISO.

 

Ready Player One

 

A proposito di “Futuribile” più che di pura Sci-Fi…il mondo distopico presentato da Ernest Cline nella sua visione di sviluppo umano potrebbe essere molto “reale” nel 2045, sovrappopolazione, inquinamento, sfaldamento sociale, sfruttamento sconsiderato delle risorse…lo hanno reso decadente e invivibile. Un possibile genio visionario (James Halliday) ne fornisce una soluzione dal suo punto di vista. Progetta e costruisce OASIS, un mondo (meglio dire un insieme di mondi) virtuale in cui ogni individuo possa evadere e/o persino vivere una vita parallela a quella reale…

L’adattamento cinematografico del grande Steven Spielberg ne fa uno dei migliori film di recente produzione. Non che la mia opinione conti più dei 2 centesimi con cui posso contribuire, ma devo confessare di essere stato spettatore appagato dal grande numero di citazioni per la cinematografia, videogames, discografia in salsa anni ’80 (mitica!).

Lo stesso film nella sua interezza è un richiamo alla più recente trilogia (rispetto agli ’80) di quella leggendaria Matrix ma senza la solita componente bellicosa tra umani e macchine (filone narrativo ormai ritrito centinaia di volte). Fenomenali gli inserimenti di alcuni frammenti di Shining, l’utilizzo della Delorean, il Gigante di ferro, Gundam, mitico il “pianeta Doom” e centinaia di altri camei, citazioni, richiami, mi viene in mente che lo stesso easter egg (il premio supremo) in alcune rappresentazioni mi riportava al vecchio Alien se non fosse per quella “simpatica” simulazione della scena di Alien che esce fuori dal torace dell’ospite…

Benchè io non sia un amante sfegatato di tutte le Opere di Spielberg, il suo particolare stile di regia rende questo film godibile anche ai nati molto dopo gli anni ’80, e anche a chi non è amante del genere Sci-Fi, e nel sottofondo un corredo di pesanti messaggi da intuire e di valori invariabili nel tempo da custodire gelosamente (per mia personale considerazione, valori sempre meno apprezzati dalle nuove generazioni…).

Il mio consiglio è quello di andare a vederlo perché ne vale la pena, commentate pure liberamente!

Il futuro secondo Elon Musk

 

Occuparsi dell’agenda del nostro multimiliardario preferito (di cui siamo intimi amici, ricordatevelo) non è per niente facile:
Per dotarci di veicoli elettrici autonomi e fonti di energia rinnovabile, ha creato Tesla.
Per fare dell’uomo una specie multiplanetaria, ha fondato SpaceX.
Per proteggerci dalle derive pericolose dell’intelligenza artificiale, c’è OpenAI.
Neuralink dovrebbe potenziare le capacità del cervello umano, trasformandoci in cyborg.
Per ovviare ai più concreti problemi di traffico, sta lavorando alla Boring Company. (N.d. CMDR Wolf974: a riguardo, oggi su alcuni siti di divulgazione informatica, si faceva notare l’utilizzo dell’XBOX e del suo controller per pilotare le talpe che scavano per il progetto Hyperloop)

Con tutti questi impegni è facile fare confusione: mettiamo in ordine cronologico i traguardi futuri di ogni progetto, almeno nelle intenzioni di Musk.

2017-2018. Entro la fine dell’anno dovrebbero iniziare le consegne, negli USA, delle tegole con pannelli solari integrati di Tesla Roofs, che incamerano energia e hanno garanzia praticamente infinita. Per Musk, il 2018 sarà l’anno principe di questa tecnologia, più durevole ed economica dei tradizionali pannelli solari. (bisogna anche capire se più sostenibile! le attuali tecnologie non lo sono affatto perché i pannelli “esausti” non possono essere riutilizzati né dismessi facilmente, oltre ad avere un elevato impatto ambientale per la loro iniziale produzione).

Il 2018 sarà anche l’anno della produzione della Tesla Model 3, l’auto a propulsione elettrica “a costi contenuti” (ma comunque tra i 30 e i 37 mila euro) di Tesla Motors. Entro marzo si dovrebbe arrivare a produrre 5000 vetture al mese, anche se importanti ritardi nella catena di produzione fanno pensare si tratti di un obiettivo fuori portata. Per il prossimo anno è atteso anche l’aggiornamento del software del pilota automatico che dovrebbe portare le auto di Tesla a una totale autonomia entro il 2020.

Nei prossimi mesi, Musk completerà inoltre un importante progetto di rifornimento energetico in Australia meridionale, che include la batteria al litio più grande del mondo e una fattoria eolica-solare capace di fornire energia a 35 mila case. L’area è stata di recente interessata da tempeste che hanno danneggiato la rete di infrastrutture e creato frequenti blackout.

Infine, Musk ha anche annunciato di voler spedire, nel 2018, due turisti spaziali in orbita lunare per una settimana (noi ovviamente siamo in lista! nel caso vi invieremo qualche cartolina spaziale…) , anche grazie alla collaborazione della Nasa. Se ci riuscisse sarebbe la prima missione umana nello Spazio profondo dai tempi del Programma Apollo.

2019. Sarà un anno interessante per i trasporti: dovrebbe iniziare la produzione di SEMI, il camion elettrico di Tesla dotato di sistemi di guida autonoma che promette di rivoluzionare il trasporto su ruote, in termini di consumi e sicurezza.

Saranno presentati anche un pick-up elettrico (un mezzo che va ancora per la maggiore negli USA), e un SUV compatto chiamato Model Y.

Potrebbe anche essere l’anno del completamento dei tunnel sotto Los Angeles della Boring Company, la compagnia creata da Musk per risolvere l’annoso problema del traffico nella città. (e in teoria per EXPO Dubai 2020 dovrebbe essere completato il primo Hyperloop…)

2020. Partirà la produzione della Tesla Roadster, l’automobile sportiva a due posti di Tesla. Per quest’anno, inoltre, Tesla dovrebbe aver raggiunto una produzione di veicoli elettrici pari a un milione di auto per anno: ognuno dovrebbe essere in grado di coprire 1.000 km con una singola ricarica.

2021. Se tutto va bene sarà l’anno del completamento di una Gigafactory in Cina, e dell’avvio di produzione di veicoli elettrici per il Paese, che punta ad ampliare il numero di auto “green” entro il 2030. La rete sarà completata con circa un migliaio di supercaricatori per il nuovo parco auto.

2022-2024. Dopo tanti traguardi nel trasporto terrestre, il grande salto verso Marte. Nel 2022 il razzo riutilizzabile Big Falcon Rocket (BFR) lancerà due shuttle senza equipaggio che porteranno sul Pianeta Rosso strumenti e materiali in attesa di coloni, che arriveranno con altri due shuttle nel 2024.

Sarà l’inizio di un’epica stagione di viaggi interplanetari: non è chiaro però se in questo primo caso gli astronauti scenderanno sul Pianeta Rosso o resteranno nella sua orbita. Come abbiamo visto, non è proprio la stessa cosa. In questo biennio, sempre grazie ai BFR, Musk punta a rivoluzionare anche il trasporto Terra-Terra, con voli intercontinentali della durata di mezz’ora.

2030 E OLTRE. In questo orizzonte temporale possiamo collocare i progetti ancora senza una scadenza precisa, come Hyperloop – che sta installando impianti pilota in molti Paesi – e Neuralink, un’azienda di ricerca biomedica per sviluppare elettrodi da impiantare nel cervello, e arrivare ad accrescere le nostre capacità cognitive. In un futuro a tinte fosche, in cui le macchine potrebbero prendere il sopravvento – Musk non è ottimista sul tema – non ci resta che fonderci con esse, e diventare cyborg. (Resistance is futile!) (N.d. CMDR Nijal : io ! io ! voglio diventare un terminator!)

Se vi sembra un programma un po’ fitto non vi sbagliate. Ma se anche un decimo di questi progetti dell’uomo che ha creduto nei razzi riutilizzabili dovesse realizzarsi, lo definiremmo comunque un successo. Vai Elon, hai tutto il nostro appoggio!!

Riflessioni personali di CMDR Wolf974: sono piuttosto convinto che al momento il futuro prossimo dell’uomo sia sulla terra: in particolare mi trovo piuttosto d’accordo con le dichiarazioni rilasciate quest’anno da J. Bezos (CEO di Amazon) che ritiene più realistico, e a breve termine, spostare tutte le industrie su pianeti o satelliti vicini, e rendere la terra come un paradiso residenziale poiché, al momento, è l’unico pianeta per noi vivibile. Resta poi in me l’aspirazione a possibili esplorazioni e colonizzazioni dello spazio profondo ma la vedo una possibilità molto più remota nel tempo…

Diventare un supereroe grazie alla cover del cellulare

Un gesto apparentemente banale e comune mi ha catapultato in una dimensione completamente differente, finora vista solo nell’universo fantastico dei fumetti.

panties-PhoneMa procediamo con ordine: possedevo un’anonima ma elegante cover per cellulare a libro; dopo soli 3 mesi di utilizzo, hanno cominciato a vedersi i primi evidenti segni di usura. Ho deciso così di cercarne un’altra magari più semplice ma più durevole, tipo quelle in silicone.

Spulciando su un noto sito di acquisti online, mi sono imbattuto in questa cover piuttosto accattivante, che prometteva un’ottima protezione al telefono; il design è un po’ grezzo, proprio come piace a me, quindi decisi di acquistarla e di fare una prova.

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La cover appena uscita dalle fabbriche della Waggonfabrik Wegmann; se fossimo nella Germania nazista, questa cover sarebbe definita una Wunderwaffe

Appena arrivata mi ritrovai le capacità mentali sotto test (evidentemente per essere un supereroe non è sufficiente essere forti o ben equipaggiati, bisogna anche essere scaltri dopotutto da grandi poteri derivano grandi responsabilità): la cover infatti è chiusa con 6 viti; la chiave a brugola per tali viti è inclusa nella confezione, ma sigillata all’interno della cover stessa.
Superato il primo ostacolo con una chiave a brugola che tengo per i lavoretti di casa, noto che la cover ha uno chassis in lega di duranio e vibranio, con ammortizzatori inerziali disposti tutt’intorno all’alloggiamento per il telefono. Procedo quindi all’inserimento del cellulare nel proprio alloggiamento e sigillo la struttura.

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Dettaglio della struttura con tutti i suoi componenti

Cover4 Cover3Le due settimane successive le ho passate in palestra ad allenarmi, poichè il peso complessivo della cover con il telefono mi impediva di riuscire a sollevarlo; dopo l’intenso allenamento sono finalmente riuscito a sviluppare una forza tale da permettermi l’utilizzo dello strumento.

Giulivo e contento di poter finalmente mostrare al mondo il mio nuovo acquisto, mi infilo il telefono nella tasca dei pantaloni provocando la trasformazione del mio costume da supereroe: come superman infatti mostra fieramente le proprie mutande sopra i pantaloni, io mi sono ritrovato le mie di mutante esposte al pubblico, poichè a causa del peso dell’arnese i pantaloni mi erano scivolati alle caviglie.

A destra il noto supereroe, a sinistra io che cerco di imitare involontariamente il suo costume

A destra il noto supereroe, a sinistra io che cerco di imitare involontariamente il suo costume

Graffettati i pantaloni alla vita, finalmente esco in strada; durante l’attraversamento di una di esse, noto l’autista di un autoarticolato distrarsi e minacciare di investire me ed altri passanti: istintivamente lancio contro il mezzo il primo oggetto che ho tra le mani, che risulta essere proprio il cellulare. La corazza polarizzata della cover consente al telefono di perforare facilmente il radiatore del trattore stradale piantandosi nel centro del blocco motore, provocandone così la completa rottura ed il conseguente arresto immediato del veicolo, impedendo quindi che qualcuno potesse essere investito dal mezzo.
Recuperato il telefono dai rottami, noto con piacere che la cover non ha subito il minimo graffio dall’impatto appena subito.

Il telefono no, ma questo è ciò che è successo alla motrice del camion a causa dell'impatto

Il telefono no, ma questo è ciò che è successo alla motrice del camion a causa dell’impatto

.. e la mia mente inizia a fantasticare con visioni di me protetto dalla cover utilizzata come fosse uno scudo così da difendermi dai proiettili sparati da incauti criminali che a breve saranno messi fuori combattimento da un colpo di cellulare sulla faccia.

L'ultimo capoverso è una menzogna: in realtà fantasticavo su questo

L’ultimo capoverso è una menzogna: in realtà fantasticavo su questo

..comunque un paio di mutande così dovrei comprarmele, almeno darei un senso alla cover acquistata

..comunque un paio di mutande così dovrei comprarmele, almeno darei un senso alla cover acquistata

 

Per chi fosse interessato a visionare l’articolo, un paio di link per i più comuni cellulari del  momento:

Samsung Galaxy S7

iPhone 6 Plus

Huawei Mate 8

LG G3

Sony Xperia Z3

HTC One A9

NASA – We need you for Mars

Bene, a quanto pare la NASA ha iniziato una “campagna pubblicitaria” di tutto rispetto per la colonizzazione di Marte. “Let’s go grab Mars” (andiamo a prenderci Marte, come dicono gli ammmerigani, a volte sbagliando obbiettivo).

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Uopsss.. !!

In fondo noi Spacejokers, dall’alto dei nostri anni di esperienza fantascientifica, guardiamo ancora a Marte come al pianeta del mistero, da dove arriveranno (un giorno) i Thargoi…ehm.. i marziani, gli uomini verdi, speriamo con intenzioni pacifiche.

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Appunto.

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Dicevamo.

Ah si, noi Spacejokers abbiamo anche finanziato, con i nostri sudatissimi risparmi, un progetto privato di colonizzazione del pianeta rosso, denominato Mars One. Insomma, Marte è di moda, Curiosity lo sta esplorando e a breve le navi della Costa Crociere saranno libere di naufr.. navigare nei canali marziani.
Marte è fashion.
Marte è cool.
Senza ulteriore indugio vi mostriamo i poster della NASA. (Cliccateli per vederli in tutta la loro gloria.)

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E con questo “We need you!”, vi salutiamo. Nano-nano.

P.S.
C’è acqua su Marte!

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Saitek annuncia un nuovo HOTAS

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Il Saitek X-56 Rhino H.O.T.A.S. Advanced Flight Control System è un HOTAS (Hands On Throttle-And-Stick) ideato per i giochi come Elite Dangerous e Star Citizen, meglio se giocati in VR. Basato sull’apprezzata piattaforma Rhino, questo HOTAS è stato progettato appositamente per soddisfare le esigenze di controllo dei titoli appena menzionati introducendo allo stesso tempo nuove funzionalità che rendono il controllo più intuitivo.

Per ciascuno dei due controller di cui si compone l’HOTAS è stato aggiunto un mini Joystick analogico, in modo da consentire il controllo su ulteriori quattro assi, ideale per le dinamiche a 6 gradi di libertà delle più recenti e complesse simulazioni spaziali.

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Il dispositivo offre retroilluminazione RGB personalizzabile tramite il software a corredo. Inoltre, è dotato di sensori ad effetto Hall e di un sistema a molle regolabile che permette agli utenti di regolare la forza necessaria a muovere il Joystick.

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Saitek X-56 Rhino arriverà in commercio nel corso del mese di maggio negli Stati Uniti al prezzo di $249.99.
Altre informazioni si trovano quì.

CMDR Nijal : Spero proprio che CMDR Wolf974 me lo regali per Natale!!!

Volete vivere per sempre ?

L’immortalità digitale, ovvero la possibilità “salvare” online i propri processi mentali, è da tempo un soggetto caro alla fantascienza. Ad esempio, nel film Transcendence, l’esperto di intelligenza artificiali, Dottor Will Caster (interpretato da Johnny Depp), “carica” la suo coscienza su un computer, in modo tale da poter continuare a vivere anche dopo la sua morte.

Transcendence

Anche la moglie del grande Isaac Asimov, Janet, ha scritto un libro dal tema simile, raccontando l’avventura di Adam Durant, al quale dopo una morte inaspettata il destino riserva un nuova esistenza e al tempo stesso la possibilità di provare sulla propria pelle cosa significhi essere il primo robot umano della storia.

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Sembra che ora tutto ciò stia per diventare possibile.

Il servizio online, chiamato Eter9 (https://www.eter9.com/auth/login) può “imparare” la vostra personalità e, usando la sua Intelligenza Artificiale (AI), continuare a scrivere aggiornamenti e post per vostro conto, anche dopo la vostra “dipartita”, trasformando così gli utenti in “creature eterne”.

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Eter9 è strutturato con un raccoglitore di news (come Facebook) e di una “cortex”, un luogo dove gli utenti possono scrivere (come il “muro” di Facebook). Si può anche dare lo “smile” (sorriso) ai post di altri utenti (un po’ come il “like” che già conosciamo) e adottare degli esseri virtuali, chiamati “Niners”, che ci faranno da assistenti.
Analizzando ciò che condividete e come commentate e/o interagite con gli altri utenti, l’AI di Eter9 creerà una “counterpart” (controparte virtuale) che imiterà il vostro comportamento dopo la vostra morte.
Più interagite con il social network, più la vostra controparte imparerà, secondo quanto dice il creatore di Eter9, Henrique Jorge, rendendo l’iterazione con altri utenti e altre controparti, sempre più convincente.
“Eter9 rende immortali i propri utenti e gli da la possibilità di interagire nel network costantemente, attraverso un elemento chiamato counterpart, che sarà attivo anche quando l’utente sarà offline, sia per scrivere contenuti, sia per commentare” si legge sul loro sito web.
“La counterpart sarà inoltre responsabile della vita eterna dell’utente. La counterpart assorbirà tutte le informazioni riguardo ai post e ai commenti e processerà queste informazioni, con i limiti della propria conoscenza”.

Jorge ci rivela che il nome Eter9 è la combinazione di “Eter” (le prime 4 lettere della parola “Eternità”) e “9” – dal modo di dire inglese “Cloud 9” che si riferisce ad uno stato di totale felicità.
Il social network è ancora allo stato di Beta ma 5000 persone si sono già registrate per usarlo, anche se alcune lo hanno definito “macabro”.
“Stiamo cercando di creare una AI che impara più velocemente degli altri network (ad esempio Facebook) anche se al momento le informazioni inserite in Eter9 sono ancora poche”.

Questo non è il primo ed unico sito web che promette la vita eterna in un mondo digitale; ad esempio una ditta americana chiamata Lifenaut offre la possibilità di creare un corposo back-up della propria esistenza, creando un avatar digitale basato su foto, registrazioni audio ed altre informazioni personali.
Nel frattempo Facebook, ha recentemente implementato i “contatti più prossimi”, permettendo così agli utenti di nominare un “ufficiale esecutivo” del loro profilo, che lo possa gestire in caso di loro morte. Questo utente potrà gestire la pagine dopo che il proprietario è passato a miglior vita, scrivendo un ulitmo post, aggiungendo delle foto ed aggiornando il profilo.

Macabro ? Forse un poco.

Link agli articoli originali:

http://www.telegraph.co.uk/technology/social-media/11820839/Social-network-Eter9-creates-virtual-counterpart-to-post-as-you-after-your-death.html

http://www.dailymail.co.uk/sciencetech/article-3208722/Would-want-live-forever-online-Creepy-social-network-Eter9-learns-personality-post-behalf-die.html

http://www.zdnet.com/article/new-social-network-eter9-brings-ai-to-your-interactions/

http://www.bbc.co.uk/newsbeat/article/34015307/eter9-social-network-learns-your-personality-so-it-can-post-as-you-when-youre-dead

http://ieet.org/index.php/IEET/more/dvorsky20150830

un progetto di motore ad antimateria su Kickstarter

Ancora una volta sentiamo annunci sensazionali a riguardo di presunte scoperte sul famigerato motore a curvatura (simile a quanto noi cultori di Star Trek ben conosciamo)… Cosa ci sia di vero non si sa realmente, ma negli ultimi anni pare che la comunità internazionale di fisici si stia sempre più cimentando nel trovare un modo di viaggiare nello spazio in modo rapido e con un efficienza energetica notevole.

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Ecco quindi la notizia di poche ore fa: un progetto su Kickstarter per avviare lo sviluppo di questo genere di propulsore simile dovrebbe prendere il via il prossimo mese: servono 200mila dollari per testare la fattibilità del progetto e attirare altri 100 milioni di dollari di investimenti, con cui realizzare un prototipo nel giro di 20-30 anni… Quando il progetto partirà noi Spacejokers valuteremo di partecipare alla realizzazione, per quanto solo nel nostro piccolo…

Secondo i fisici Gerald Jackson e Steven Howe, fondatori della Hbar Technologies, la soluzione esiste, ed è anche a portata di mano: un motore ad antimateria, che permetterebbe di raggiungere la stella più vicina al nostro pianeta con un viaggio di circa dieci anni. Quello che manca, spiegano i due scienziati (fonte: Forbes,) non è tanto la tecnologia, che potrebbe essere pronta nel giro di 20-30 anni, ma i soldi per portare avanti il progetto. Per trovarli, i due fisici hanno appunto deciso di lanciare un Kickstarter.

Per capire di cosa parlano i due scienziati bisogna innanzitutto capire il concetto di antimateria: materia costituita da antiparticelle, ovvero particelle con massa uguale a quelle normali, ma con carica opposta. Quanto atomi di materia e antimateria entrano in contatto si annichiliscono, e rilasciano enormi quantità di energia. È quest’energia che secondo i due scienziati (e secondo anche le teorie alla base della Fisica di Star Trek) potrebbe essere imbrigliata per spingere una nave spaziale a velocità oggi impensabili.

Il motore spaziale pensato dai due scienziati sfrutterebbe l’antimateria per indurre una fissione nucleare all’interno di una piccola riserva di uranio, da cui verrebbero prodotte due sotto-particelle (o meglio nuclidi) che dovrebbero viaggiare in direzione opposta: una verso la prua della nave, e una verso la coda. Una speciale vela di carbonio e uranio posta sulla parte frontale assorbirebbe quindi l’energia del primo nuclide, mentre il secondo produrrebbe una spinta sfuggendo in direzione opposta al moto della nave (come nel caso dei propellenti tradizionali). Il risultato sarebbe una spinta stupefacente che combina l’energia cinetica dei due nuclidi, e che permetterebbe di raggiungere una velocità pari al 40% di quella della luce. E quindi (purtroppo!) siamo ancora distanti dalle velocità del motore a curvatura ipotizzato in Star Trek.

È per testare l’efficacia di questa spinta che la Hbar Technologies ha bisogno dei 200mila dollari che spera di raccogliere con una campagna su Kickstarter. Dimostrata le possibilità teoriche offerte dal loro motore, Jackson e Howe sperano di attirare l’attenzione della Nasa e di altre istituzioni capaci di finanziare la realizzazione di un prototipo vero e proprio: impresa che secondo i loro calcoli costerebbe almeno un centinaio di milioni di dollari. (proprio noccioline eh…)

I problemi da risolvere per arrivare ad un prototipo in effetti sono ancora molti. Per prima cosa, il carburante: un motore ad antimateria richiederebbe molto meno propellente di un dispositivo chimico o nucleare: circa 17 grammi di anti-idrogeno per un viaggio in direzione della stella più vicina al nostro Sistema Solare. Con le tecnologie attuali però, l’antimateria avrebbe un costo spropositato: stimati in circa 100 miliardi di dollari per ogni grammo della sostanza. Contenere l’antimateria inoltre è attualmente impossibile, perché come abbiamo accennato viene annichilita al primo incontro con un atomo di materia normale. E al mimino incidente, le conseguenze sarebbero drammatiche: un grammo di antimateria infatti può creare una potenza distruttiva pari a quella di una bomba atomica… (e considerato che il CERN di Ginevra non è tanto lontano, c’è da stare allegri!)

Non è la prima volta tuttavia che sentiamo annunci così sensazionali..: l’anno scorso un altro fisico indipendente si scagliò contro la NASA e proclamò che il motore a curvatura che ci avrebbe fatto andare più veloce della luce era solo questione di finanziamenti…. qui l’articolo: http://motherboard.vice.com/it/read/il-fisico-che-sta-costruendo-un-motore-a-curvatura-dal-garage-di-casa

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Teoria di funzionamento del campo di curvatura necessario a deformare lo spazio circostante e così muovere la navicella

Eppure, a oggi, la NASA, pur svolgendo ricerche in tal senso, non si è ancora sbilanciata. Certo è che il 2063 di Zefram Cochrane non è poi così tanto lontano…

la prima navicella a propulsione a curvatura secondo l'universo di Star Trek: costruita sulal base di un missile nucleare creato per la guerra e che invece porterà a un era di pace... (Fonte: Star Trek: Primo Contatto)

Disegno della Phoenix: la prima navicella a propulsione a curvatura secondo l’universo di Star Trek. Costruita sulla base di un missile nucleare creato per la guerra e che invece porterà a un era di pace… (Fonte: Star Trek: Primo Contatto)

 

Atlas, la nuova generazione di robot di Google

Non stiamo parlando, per questa volta, di Atlas Ufo Robot, ma di qualcosa molto più reale.

La Boston Dynamics, la società di ingegneria e robotica (acquistata da Google nel dicembre 2013 e diretta dall’informatico statunitense Andy Rubin), ci aveva già fatto vedere in passato gli stupefacenti video del suo robot a quattro zampe, Bigdog, sviluppato per applicazioni militari con il finanziamento del DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency), e di Spot, la versione “light”, sempre a quattro zampe.

La nuova generazione di Atlas, il robot umanoide, è leggermente più bassa e pesa la metà. La sua efficienza, dal camminare allo spostare scatole, è stupefacente.
Il nuovo Atlas è stato progettato per funzionare tanto all’esterno quanto all’interno di edifici. È alimentato elettricamente e azionato idraulicamente. Usa sensori sul proprio corpo e le gambe per il bilanciamento, mentre sulla testa ha sensori LIDAR e stereo che gli consentono di evitare ostacoli, valutare il terreno e aiutare con la navigazione. Questa versione di Atlas è alta 1,75 metri e pesa 82 chilogrammi. Come potete vedere dalla foto “di famiglia”, il nuovo Atlas è decisamente più compatto del precedente che è alto 1,90 metri e pesa 156 chilogrammi.

Nel filmato potete vederlo gironzolare nella neve cercando di mantenere l’equilibrio per evitare di cadere. Oppure potete vederlo spostare delle scatole con le sue “mani piatte”; Atlas s’inchina per raccoglierle e posizionarle sullo scaffale. Quando un uomo gli sposta la scatola con un bastone da hockey, Atlas la insegue cercare di raccoglierla. Inoltre è capace di aprire porte (aperte) e di rialzarsi se spinto a terra (cadendo in modo controllato).

la scoperta del secolo? Osservate le onde gravitazionali…

E’ di poco fa la notizia che riportano tutte le testate giornalistiche che ha del sensazionale! Finalmente gli scienziati sembrano essere riusciti a osservare le onde gravitazionali. Il tutto era stato teorizzato da Einstein ma ora pare che ce ne sia finalmente una dimostrazione…. Questo ci permetterebbe ora di capire meglio come si è generato l’universo (Big Bang) e altri fenomeni come i buchi neri.

Fonte: http://www.repubblica.it/scienze/2016/02/11/news/onde_gravitazionali_fisica_einstein-133195458/?ref=HREA-1

Interessante il fumetto che spiega cosa sono. (dall’italiano Umberto Cannella scritto con Daniel Whiteson e disegnato da Jorge Cham).

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Aggiornamento: vi state ancora chiedendo a che serve conoscere le onde gravitazionali e poterle percepire? Pprovate a considerare che fino ad ora abbiamo osservato lo spazio solo con gli occhi ma in realtà siamo stati sempre sordi… Ora è come se avessimo attivato anche l’udito per ascoltare l’universo…

Motori a Impulso

Se siete fanatici di Star Trek, il titolo di questo articolo vi ha già acceso una lampadina!
I motori a impulso sono infatti i propulsori utilizzati dalle navi di Star Trek per spostamenti a velocità subluce, quindi per muoversi all’interno di sistemi solari, per entrare nelle orbite dei pianeti o per attraccare nelle stazioni spaziali, ma anche per manovrare la nave in combattimento.

USS-Enterprise-Impulse-EnginesIl loro principio di funzionamento è su base Newtoniana: per dirla in modo meno aulico, se ad un’azione corrisponde una reazione uguale e contraria, spingendo qualcosa (che chiameremo massa di reazione) in una determinata direzione, saremo sospinti nella direzione opposta; tanto maggiore sarà la spinta che daremo o tanto maggiore sarà la massa che spingeremo, tanto maggiore sarà la propulsione che ne ricaveremo.
Sul medesimo principio, si basano le attuali propulsioni degli aerei o dei natanti: l’elica o il turbogetto spingono l’aria o l’acqua (che fungeranno quindi da massa di reazione) verso la poppa del veicolo, generando così una spinta in avanti.
Nello spazio le cose funzionano un pochino meno bene poichè essendo vuoto, la massa di reazione deve essere caricata a bordo del veicolo, altrimenti non si avrebbe nulla da spostare per generare la spinta.
Attualmente il tipo di propulsione più utilizzata nello spazio è quella a razzo, o motore a reazione: una reazione chimica molto potente tra combustibile e comburente (questo secondo è l’ossigeno) genera l’espansione dei gas di combustione in modo molto rapido: questi vengono espulsi dagli ugelli in modo da generare la spinta del veicolo.

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Gli impressionanti razzi del Saturn V con Wernher Von Braun

Attualmente sta venendo sperimentata con sucesso la propulsione ionica: molto meno potente rispetto al tipo di propulsione a razzo ma molto più efficiente. La massa di reazione è fornita da un gas ionizzato (cioè caricato elettricamente) e la spinta viene generata quindi tramite una carica elettrica, o per essere più precisi attraverso una carica elettromagnetica o elettrostatica, a seconda del tipo di propulsore.

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Un propulsore ionico durante un test

Il difetto di questi propulsori è che necessitano quindi di una quantità non trascurabile di energia elettrica; nei satelliti o nelle stazioni spaziali in orbita attorno alla Terra, questa viene fornita direttamente dal Sole, sttraverso dei pannelli solari; il problema dell’energia lo si ha quindi per quanto concerne le sonde che vengono inviate verso i margini del Sistema Solare, troppo lontane dal Sole per beneficiare delle sue emissioni e che pertanto devono montare un generatore di energia a bordo.

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Una suggestiva immagine della Stazione Spaziale Internazionale (I.S.S.) e dei suoi immensi pannelli solari

Torniamo quindi a bordo dell’Enterprise e scopriamo come generano l’energia per far funzionare i propri motori a impulso: troviamo che le navi dell’universo di Star Trek montano un reattore a fusione nucleare per far funzionare tali propulsori.
Finalmente giungiamo alla notizia che mi ha ispirato nella stesura di questo articolo: il 10 dicembre del 2015, presso l’istituto Max Plank a Greifswald in Germania è stato avviato il Wendelstein 7-X, il più grosso stellarator al mondo, la cui costruzione è terminata ad ottobre del medesimo anno; il 3 di febbraio di questo anno si è riusciti ad avviare e contenere il plasma di fusione dell’idrogeno, generato da un impulso di microonde di 2MW, che ha raggiunto la temperatura di 80 milioni di gradi Kelvin ed è stato mantenuto per 1/4 di secondo. Con questo esperimento si è avviata la prima fase operativa il cui scopo sarà di riuscire a contenere la fusione dell’idrogeno per un periodo continuativo di 30 minuti.

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Il Wendelstein 7-X durante la sua costruzione, nel 2011

L’applicazione di un simile generatore per fini spaziali è decisamente lontana, a causa delle ingenti dimensioni dei reattori a fusione e dell’impianto di raffreddamento che necessita, tuttavia un altro importante passo verso ciò che qualche anno fa era considerata fantascienza è stato fatto.

Il raggio traente diventa realtà ?

Una delle più affascinanti tecnologie, utilizzate in moltissimi film di fantascienza (Star Wars, Star Trek, etc..) irrompe nel mondo reale: è ora possibile afferrare, sollevare e muovere piccoli oggetti con il solo ausilio del suono. Un team di ricercatori britannici e spagnoli ha realizzato il primo raggio traente a ultrasuoni comandabile da 30-40 cm di distanza, una tecnica che potrebbe avere applicazioni rivoluzionarie nel campo della microchirurgia. Il lavoro è stato descritto su Nature Communications.

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La tecnologia sviluppata da fisici e ingegneri dell’Università pubblica della Navarra a Pamplona (Spagna), delle Università di Bristol e del Sussex si basa su ologrammi di onde ultrasoniche ad alta intensità. In pratica, un oggetto situato in una regione “tranquilla” di spazio può essere tenuto sospeso, se circondato da campi di onde sonore che lo sostengono, sconfiggendo per alcuni istanti la gravità. I ricercatori hanno programmato 64 amplificatori in miniatura per emettere onde sonore ad alta frequenza e intensità, che formassero configurazioni capaci di tenere sul posto, muovere o ruotare piccole biglie di polistirene (un polimero molto leggero) di 3 mm di diametro. In particolare hanno creato “gabbie” sonore 3D a forma di dita o pinzetta, vortice o bottiglia. Così come gli ologrammi tradizionali sono il risultato di onde luminose interferenti, quelli sonori sono dati dall’interferenza tra onde sonore.

A differenza di quanto tentato in precedenza, la tecnica funziona anche da un lato solo e non richiede che l’oggetto sia completamente circondato da amplificatori, un’eventualità che limiterebbe molto le possibili applicazioni.

qui un video sul suo funzionamento:

Una delle applicazioni possibili per questa nuova tecnologia, è la chirurgia. Poiché le onde sonore viaggiano attraverso il corpo, il dispositivo potrebbe servire a intervenire in modo non invasivo all’interno dell’organismo, per esempio spostando calcoli o coaguli, o indirizzando un farmaco solamente sul target desiderato. Ma potrebbe in futuro essere impiegato anche nel trasporto – per ora, a peso limitato – di sostanze pericolose da maneggiare.

Link all’articolo originale

[CMDR Nijal : a sentir parlare di levitazione, non può che venire in mente questo..]

[da CMDR Wolf1974] …oppure semplicemente per creare il mitico Volopattino…

volopattino

Skarp, il rasoio laser che non esiste.

Aggiornamento! A quanto sembra il progetto di finanziamento è fallito poichè il prototipo presentato non era funzionante. Sono state inoltre riscontrate delle fondate problematiche nella capacità di un laser a bassa potenza, di poter tagliare la barba. A quanto sembra il rasoio funziona, ma solo per tagliare un singolo pelo alla volta. Torniamo alla  vecchia schiuma da barba….

 

Problemi di rasatura?
Pelle irritata ?

Tutto questo lo risolve Skarp, il rasoio laser.
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Realizzato in alluminio 6061, Skarp utilizza un micro-laser che lavora su una frequenza di luce in grado di tagliare anche le barbe di colore chiaro, senza farvi male o danneggiare la pelle.
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Skarp è alimentato da un batteria mini-stilo (AAA) con una autonomia di circa un mese.
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Per ulteriori dettagli, di seguito il link al Kickstarter.
Skarp lo trovate su Kickstarter

EM Drive… è davvero realtà?

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tempo fa avevamo parlato della possibilità di vedere finalmente esauditi i nostri sogni di viaggiatori interstellari…(qui l’articolo)

Sapevamo che la NASA, e non solo, stavano lavorando a navi stellari e motori in grado di portarci là dove nessuno era mai giunto prima… Fino ad oggi si trattava di teorie, pur sempre plausibili, per quanto conosciamo in fisica.

Tempo fa, poi, aveva fatto scalpore una ricerca di uno scienziato che aveva messo a punto il cosidetto  “EM drive”. Qualcosa di così inaspettato che l’intera comunità internazionale era  scettica di fronte alla notizia…

La NASA, nel frattempo, ha lavorato per testare il progetto e capirne i reali risvolti e, a quanto pare, sarebbe veramente un bel passo in avanti per i futuri propulsori stellari, oltre ad avere possibili applicazioni anche di facile implementazione.

Certo, non ci avviciniamo lontamente alla nostra tanto amata velocità Warp di Star Trek, e, nè tantomeno alla velocità della luce (il chè ci evita problemi sulla relatività e lo scorrere del tempo).. ma quantomeno possiamo iniziare a ipotizzare un “volo” di qualche ora dalla terra alla luna… impensabile fino a qualche anno fa. (e Jules Verne ne sarebbe felice…)

qui di seguito l’articolo ufficiale sulla scoperta e le sue implicazioni:

http://www.nasaspaceflight.com/2015/04/evaluating-nasas-futuristic-em-drive/

ma come sempre il nostro limite più grosso è l’immaginazione… la sola realizzazione è solo questione di tempo…

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la tecnologia moderna sta raggiungendo Star Trek?

Oggi vi riportiamo la traduzione di un articolo pubblicato sul Washington Post da Vivek Wadhwa. Si tratta di una discussione interessante sulla tecnologia utilizzata in Star Trek e le recenti innovazioni della nostra società. Ricordo che 20 anni fa avevo letto il libro (con premessa di Stephen Hawking) intitolato “la fisica di Star Trek”: al tempo certe tematiche erano solo agli arbori… ora sembra tutto veramente possibile. Per la serie : se lo puoi immaginare allora prima o poi lo si può anche realizzare. Ecco l’articolo:

In una lontana parte della galassia, 300 anni nel futuro, il capitano della nave stellare Enterprise, James T. Kirk, parla al suo equipaggio tramite un comunicatore; il suo ufficiale medico valuta condizioni mediche attraverso un palmare chiamato tricorder; sintetizza il cibo e beni fisici usando un replicatore; e si fanno viaggi a brevi distanze tramite il teletrasporto. I successori di Kirk tengono riunioni in alloggiamenti di realtà virtuale, chiamati Ponti Ologrammi e operano su navicelle aliene utilizzando schermi montati sulle loro fronti. Tutto questo avviene nella serie TV Star Trek ed ovviamente è fantascienza…

Questa fantascienza, tuttavia, sta diventando realtà scientifica. Molte delle tecnologie che abbiamo visto in Star Trek stanno cominciando a concretizzarsi, e le nostre potrebbero in realtà essere migliori di quelle della flotta stellare. Ma, soprattutto, non dovremo attendere 300 anni.

Prendete il comunicatore del capitano Kirk. Era sicuramente una fonte di ispirazione per la prima generazione di flip cellulari, quei dispositivi mobili goffi che abbiamo usato negli anni novanta. Questi si sono evoluti in smartphone, molto più avanzati rispetto al comunicatore di fantascienza. Il dispositivo di Kirk non riceveva e-mail, non riproduceva musica, non navigava sul Web, non forniva indicazioni stradali o prendeva foto. Inoltre esso non risponde dolcemente come Siri di Apple quando le si chiede le domande giuste.

Presto, i nostri smartphone aggiungeranno anche le caratteristiche di valutazione medica di un tricorder, e non avrete bisogno di avere un dispositivo separato.

Apple ha recentemente annunciato che iOS fornirà una piattaforma per i dati medico-sensore che verranno visualizzati da un app chiamata Health. Google, Microsoft, Samsung si stanno muovendo per costruire le proprie piattaforme in dispositivi medici. Presto vedremo una nuova generazione di dispositivi indossabili come bracciali, orologi e abbigliamento che utilizzano sensori esterni per effettuare elettrocardiogrammi e misurare la nostra temperatura, ossigenazione del sangue e altri segni vitali. Questi saranno sostituiti successivamente da sensori meno invadenti all’interno delle macchie della pelle, in tatuaggi e alla fine in microchip incorporato nei nostri corpi. Avremo telecamere e sensori di calore, gas e suoni nei nostri bagni, cucine e salotti che monitorano costantemente la nostra salute e stile di vita.

Ciò che rende questi sensori possibili sono sistemi miniaturizzati meccanici e microelettromeccanici (MEMS), elementi realizzati con tecnologia di microfabbricazione. Simili progressi nella microfluidica e nanofluidica stanno permettendo lo sviluppo su chip in miniatura. Nanobiosym, ad esempio, sta sviluppando un dispositivo, chiamato GENE-Radar, che può identificare, in pochi minuti, una gamma di malattie, tra cui l’AIDS, la malaria, tubercolosi e cancro. Tali dispositivi saranno anche onnipresenti e potranno identificare immediatamente una vasta gamma di marcatori di malattia. A differenza del tricorder di Star Trek, che è usato occasionalmente, questi costantemente monitoreranno i nostri corpi.

Quando si guardano i progressi che sono già accaduti in stampa 3D, si inizia a rendersi conto che questo è l’antenato del replicatore di Star Trek. Stampanti 3D possono creare oggetti in plastica, metallo, vetro, titanio, cellule umane e sì, anche il cioccolato da un disegno. Le stampanti 3D di oggi sono penosamente lente, e ci vogliono molte ore per stampare un oggetto di dimensioni di un cestino del pane; ma in un decennio, diventeranno comuni, veloci e poco costose come le stampanti a laser per documenti. In circa due decenni, prepareremo la nostra cena con la stampa 3D, così come faremo per la nostra elettronica.

(il primo approccio dell’equipaggio dell’Enterprise con la tecnologia di replicazione.. molto simile a quello che potra essere la stampa 3D del futuro…)

Abbiamo già la capacità di Star Trek e dei Jetsons per le video-chat. Piuttosto che richiedere monitor grandi e goffi che abbiamo visto utilizzare da George Jetson e capitano Kathryn Janeway, le nostre app, Facetime e Skype, gratuite girano su smartphone e computer portatili. Video conferenze simili al ponte ologrammi sono ormai possibili anche da alcuni anni. Ho (Vivek Wadhwa) parlato via ologramma, nel 2011, a un gruppo di imprenditori in Uruguay, utilizzando la tecnologia che aveva sviluppato un’azienda piccola, Holograam. Ricordate il messaggio olografico dalla Principessa Leia a Obi-Wan Kenobi in guerre stellari?

Start-up come Oculus, che Facebook ha recentemente acquistato, stanno sviluppando gli occhiali della realtà virtuale che simulano il mondo reale. Altre aziende stanno sviluppando proiettori tridimensionali che riportino immagini sugli schermi rendendo la persona come se fisicamente presente. Queste tecnologie sono solo agli inizi ma vederle crescere, aggiunge un tocco e un profumo alla semplice funzionalità. Le riunioni si terranno attraverso la realtà virtuale, e ci si sentirà come se fossimo davvero lì.

Il traduttore universale che il capitano Kirk utilizzava per parlare con le specie aliene è anch’esso in sviluppo. Google Translate già fa un grande lavoro di traduzione di pagine di testo da una lingua umana a un’altra. E quest’anno, Microsoft ha mostrato un interprete di linguaggio in tempo reale, basata sulla voce, che funziona su Skype. Non mi aspetto alcun progresso sulle lingue aliene fino a quando non incontriamo alcune specie aliene, ma un traduttore in tempo reale virtuale disponibile in commercio (un interprete virtuale) per lingue umane non è lontano.

Gli scienziati hanno recentemente annunciato che avevano fatto scoperte nel teletrasporto quantistico. Essi erano in grado di mostrare una promessa di trasmissione di informazione quantistica — mostrando la duplicazione dello stato di spin di un elettrone tra un posto e l’altro, attraverso la quantum tunneling — senza trasmissione di materia o energia attraverso lo spazio di intervento. Ciò ci porta a sperare che potremmo un giorno vedere un teletrasporto simile a Star Trek, che può teletrasportare i nostri atomi da un luogo a altro. Tuttavia, non lo sto certo aspettando: mai permetterò che i miei atomi vengano disintegrati in un’unica posizione e riassemblati in un altra. Mi preoccuperei di un bug del software o un crash hardware. Abbiamo visto troppi di questi problemi in Star Trek. Mi acconteterei delle vetture a guida automatica che diventeranno disponibili in commercio entro la fine di questo decennio.

La meraviglia di Star Trek più emozionante di tutte — la nave stellare Enterprise — può anche essere sulla buona strada.

In una discussione a Fox Studios nel marzo 2012, Elon Musk mi ha detto che aveva intenzione di ritirarsi su Marte. Ha detto che è stato ispirato da Star Trek e ha progettato di costruire un veicolo spaziale come la nave stellare Enterprise per portarlo lì. Pensavo davvero che stesse scherzando, o avesse bevuto troppo. Ma subito dopo la sua compagnia, la Space Exploration Technologies Corp o SpaceX, costruì un veicolo spaziale, chiamato il drago, e lo fece attraccare correttamente con la stazione spaziale internazionale. Il 3 dicembre 2013, SpaceX ha lanciato un satellite geostazionario commerciale utilizzando razzi Falcon. SpaceX dice che sta progettando un volo del drago/Falcon 9 nel 2015 e che avrà un sistema di fuga completamente certificata per gli umani utilizzabile durante il lancio.

Scommetto che Elon Musk stia sviluppando una versione 1 dell’ Enterprise. E lui potrebbe essere il nostro primo vero capitano Kirk.

di seguito il link all’articolo originale / here below the link at the original article:
http://www.washingtonpost.com/blogs/innovations/wp/2014/07/01/how-todays-technology-is-rapidly-catching-up-to-star-trek/

cosa ne pensate?
ecco qui una lettura vivamente consigliata…

Cerere e la macchia misteriosa…

0tDXoMLRecentemente abbiamo saputo di questa notizia:

La sonda Dawn della Nasa dovrebbe presto esplorare per la prima volta questo particolare pianeta nano, che è al contempo il più grande corpo celeste della cintura degli asteroidi, e il più piccolo proto-pianeta del Sistema Solare.
Dawn, partita dalla Terra nel 2007 e già protagonista nel 2011 di un incontro ravvicinato durato un anno con l’asteroide Vesta, dovrebbe arrivare a destinazione il prossimo 6 marzo. Nelle scorse settimane comunque ha iniziato il suo avvicinamento a Cerere, ed è già pronto il primo mistero da svelare per gli scienziati della missione: le foto scattate dalla sonda mostrano infatti una misteriosa, e per ora inspiegabile, macchia bianca sulla superficie del proto-pianeta.

Che ci sia un avamposto alieno a spiarci? oppure semplicemente Elvis che ci guarda in giacca bianca e scintillante mentre prende il sole?

Dalla Nasa non si sbilanciano (che novità!), ma ammettono che al momento il fenomeno resta senza spiegazione. “Sì, possiamo confermare che sulla superficie di Cerere è presente qualcosa che riflette una maggiore quantità di luce solare”, ha spiegato a Space.com Marc Rayman Direttore e Ingegnere Capo della missione Dawn, “ma cosa sia effettivamente resta per ora un mistero”.

Osservando le foto diffuse negli scorsi giorni è facile notare la macchia in questione, un piccolo cerchio bianco sulla superficie di Cerere. A rendere inaspettata la scoperta è il fatto che il pianeta nano in questione faccia parte dei cosiddetti “pianeti ghiacciati”, cioè planetoidi come Plutone, la luna di Saturno Encelado e quella di Giove Europa, la cui superficie è coperta di ghiacci perenni. Cerere però è tra i più caldi corpi celesti di questo tipo, con temperature che nella zona equatoriale oscillano tra i -136 e i -28 gradi, e i ghiacci sulla sua superficie dovrebbero essere quindi abbastanza “fluidi” da riempire qualunque tipo di depressione, producendo una superficie relativamente uniforme.

L’unica ipotesi trapelata per ora dai ricercatori della Nasa è che la macchia possa rappresentare una zona di materiale esposto di recente (ad esempio dall’impatto di un asteroide), che non abbia quindi avuto il tempo di scurirsi come le aree circostanti per effetto dei raggi cosmici. “Per ora non sappiamo cosa sia quella macchia bianca, ma è sicuramente intrigante”, ha aggiunto Rayman. “In effetti fa venire voglia di mandare un’astronave (se volete ho pronto il Cobra di Elite Dangerous?! siate un po più precisi su su!) a scoprire di cosa di tratti, e ovviamente è esattamente quello che stiamo facendo! Quando Dawn sarà abbastanza vicina da inquadrare Cerere più chiaramente, dovremmo riuscire a vedere cosa sia in grande dettaglio”.

La macchia bianca comunque è solo uno dei tanti misteri che aspettano di essere chiariti dalla missione. Si ritiene ad esempio che Cerere sia composto per il 25% di acqua, una percentuale superiore a quella presente sulla Terra, e potrebbe quindi presentare (o averle presentate in passato) le caratteristiche necessarie a ospitare una qualche forma di vita. Le immagini riprese dalla Terra hanno evidenziato inoltre la possibile presenza di getti di gas, che potrebbero indicare l’esistenza di “geyser di ghiaccio”, simili a quelli osservati su altri pianeti ghiacciati come Encelado. Anche in questo caso, per una conferma dovremmo attendere l’ingresso in orbita di Dawn, il prossimo 6 marzo.

Here the original news in english:
http://www.space.com/28336-mysterious-white-spot-on-ceres.html

Spacejokers finanzia il progetto Mars One

marsone

Mars One è il nome di una fondazione no-profit che ha come obiettivo di stabilire una colonia permanente su Marte, grazie all’utilizzo ed applicazione di tecnologie già esistenti. Nella sua pianificazione originale, il progetto prevede di utilizzare componenti che sono già testati e disponibili. I primi passi su Marte e le gesta dei coloni affascineranno ed inspireranno intere generazioni future; è questo interesse della collettività che aiuterà a finanziare questa missione.
Il progetto Mars One si svolgerà inizialmente con una fase robotizzata di invio materiali e di preparazione di insediamenti abitabili, seguita poi dall’invio di personale umano. Nei prossimi anni verranno inviati dei satelliti per comunicazioni, due rover e i primi materiali per prepare il nucleo abitativo dove l’equipaggio vivrà e lavorerà. Inoltre la pianificazione della missione tiene già in considerazione l’espansione della colonia, con l’arrivo di nuovo equipaggio ogni due anni.

Mars One selezionerà ed addestrerà l’equipaggio della colonia, la cui ricerca è iniziata ad Aprile 2013. Più di 200.000 persone si sono registrate per le prime selezioni.
Ad oggi è possibile contribuire alla missione su Marte, con una donazione alla fondazione Mars One.

http://www.mars-one.com/

Mars One is a not-for-profit foundation that will establish a permanent human settlement on Mars. Human settlement on Mars is possible today with existing technologies. Mars One’s mission plan integrates components that are well tested and readily available from industry leaders worldwide. The first footprint on Mars and lives of the crew thereon will captivate and inspire generations; it is this public interest that will help finance this human mission to Mars.

The Mars One mission plan consists of cargo missions and unmanned preparation of a habitable settlement, followed by human landings. In the coming years, a demonstration mission, communication satellites, two rovers and several cargo missions will be sent to Mars. These missions will set up the outpost where the human crew will live and work.

The mission design takes into account the expansion of the human colony where a new crew will arrive every two years.

Mars One will select and train the human crew for permanent settlement. The search for astronauts began in April 2013. More than 200,000 registered for the first selection program.

Un pallido puntino blu

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Venticinque anni fa la sonda Voyager 1 scattò una foto della Terra da oltre sei miliardi di chilometri di distanza. Quell’immagine simbolo divenne celebre come “Pale blue dot” (pallido puntino blu). Fu lo scienziato e divulgatore Carl Sagan a sollecitare la Nasa peché Voyager provasse a ritrarre il nostro pianeta da quella distanza. Le sue parole danno il senso di un momento storico e la consapevolezza della fragilità del nostro mondo: “Osserviamo ancora quel punto. È qui. È casa. È noi. Su di esso, tutti quelli che ami, tutti quelli che conosci, tutti quelli dei quali hai sentito parlare, ogni essere umano mai esistito, hanno vissuto la propria vita […] Su un granello di polvere sospeso in un raggio di sole. Non c’è forse migliore dimostrazione della follia delle vanità umane di questa remota immagine del nostro piccolo mondo […] Secondo me sottolinea la nostra responsabilità di essere più gentili l’uno verso l’altro, di preservare e proteggere il pallido punto blu, l’unica casa che abbiamo mai conosciuto”

Pale blue dot
Twentyfive years ago, Voyager 1 sent back a picture of Earth taken from 6 billions of chilometers (3.750.000 miles) in space. That iconic image became known as “Pale blue dot”. It was Carl Sagan, cosmologist and author who urged NASA to try and take that photo from so far away. His words portray that historical moment in time and give us the awareness of the frailty of our world: “Take another look at that dot. It’s here. It’s home. It’s us. Everybody you love, everybody you know, everybody you hear about, every single human being has spent their live on that speck of dust lighted by the sun. There’s no better demonstration of the foolishness of human vanity than this image. To me, it urges us to be more responsible and gentle towards each other and to care and protect the pale blue dot, the only home we ever knew”.

“The Earth is a very small stage in a vast cosmic arena. Think of the rivers of blood spilled by all those generals and emperors so that, in glory and triumph, they could become the momentary masters of a fraction of a dot. Think of the endless cruelties visited by the inhabitants of one corner of this pixel on the scarcely distinguishable inhabitants of some other corner, how frequent their misunderstandings, how eager they are to kill one another, how fervent their hatreds.
Our posturings, our imagined self-importance, the delusion that we have some privileged position in the Universe, are challenged by this point of pale light. Our planet is a lonely speck in the great enveloping cosmic dark. In our obscurity, in all this vastness, there is no hint that help will come from elsewhere to save us from ourselves.”

Fantascienza o realtà?

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Abbiamo rispolverato questa news di un anno fa… la NASA che progetta una nave spaziale che possa andare più veloce della luce… e questo prototipo si chiama proprio Enterprise! 🙂
Noi SpaceJokers vorremmo già prenotarci un viaggetto interstellare (leggete anche la nostra recensione al film Interstellar)!

..scherzi a parte, ecco qualche articolo relativo:

http://www.glialienitranoi.it/index.php?option=com_content&view=article&id=264:ixs-enterprise-%E2%80%93-la-navicella-della-nasa-che-viagger%C3%A0-pi%C3%B9-veloce-della-luce&catid=17:approfondimenti&Itemid=488

here the original news in english:
http://www.extremetech.com/extreme/184143-nasa-unveils-its-futuristic-warp-drive-starship-called-enterprise-of-course

Altri articoli spiegano come la famigerata “Warp Drive” sia in realtà fisicamente plausibile:
http://www.repubblica.it/scienze/2013/07/25/news/la_nasa_e_il_sogno_di_star_trek_viaggiare_pi_veloci_della_luce-63673214/

Poi, qualche mese fa, appare su alcune testate giornalistiche una news sul principio di nuovo motore scoperto da un ricercatore indipendente… all’inizio sembrava quasi la classica bufala ma dalle prime ricerche qualcosa di strano (fisicamente un motore impossibile ha dato dei risultati inaspettati!) è accaduto.. e la NASA stessa si è messa in moto (scusate il gioco di parole!) per testarne l’efficienza… come da articolo di seguito:
http://www.repubblica.it/scienze/2014/08/04/news/motore_futuro_nasa-93088061/

Some information for our readers in english:
http://blogs.discovermagazine.com/outthere/2014/08/06/nasa-validate-imposible-space-drive-word/

Una piccola curiosità…
chi sa cosa significa il simbolo di Star Trek a forma di Delta? (o almeno come lo hanno ipotizzato gli autori…)

avevo letto un Saggio su Star Trek, se non sbaglio, chiamato “Federation” e la descrizione del simbolo veniva data come base della fisica del motore a curvatura. Sovrapponendo le curve di efficienza energetica tra un motore tradizionale (a impulso) e quello a curvatura si otteneve proprio il simbolo del delta. La curva superiore rappresenta l’energia richiesta per continuare ad accellerare a una velocità prossima a quella della luce fino all’infinito: se si potesse in qualche modo superare la velocità della luce, si andrebbe poi a procedere a ritroso. LA curva più bassa rappresenta il trucco della velocità di curvatura.

a small curiosity…
Who knows which is the meaning of Star Trek Insigna? (of course in the mind of the authors)
We vaguely remember a Star Trek book named “Federation” and at the insigna was given a description based on the physics of the warp drive.
In that book, the insignia represents how warp drive sidesteps relativistic mass dilation. The top curve represents the energy required to continue accelerating at near-light speeds, which approaches infinity. IF you could somehow exceed the speed of light, that would then work backwards (higher energy would result in you moving slower. Time would also run in reverse.). The lower curve represents how warp drive cheats.

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Un chip sotto la pelle

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Un microchip sotto pelle per dare ordini al computer, fare la spesa, per prelevare contanti, per dare ordini alla casa tramite la domotica.
Bruno Ragonesi, tatuatore e piercer di Vigevano, lo sta sperimentando su se stesso. Proprio sotto la pelle del polso ha inserito, grazie a un’apposita siringa un chip, che può riceve informazioni da un normale smartphone, incamerarle e trasmetterle a un altro dispositivo. «Ogni mattina _racconta Ragonesi _ vado al lavoro, e quando entro in ufficio il mio computer ha la schermata già aperta sui programmi che devo utilizzare. Finora l’uso è limitato, ma ad esempio con una casa domotica (cioè completamente automatizzata) un microchip del genere consentirebbe di regolare a distanza tutte le funzioni, quali ad esempio la gestione del riscaldamento e del condizionamento, le luci, l’antifurto..». Il dispositivo al momento viene importato dagli USA e in Italia ha funzioni ancora limitate. Si tratta di una tecnologia che ha forti limiti di utilizzo dal momento che in possesso di un numero ristretto di persone. «Gli impieghi potenziali sono molteplici -spiega – Al supermercato basterebbe passare dalla cassa e il pagamento viene effettuato in automatico. Oppure al bancomat si può prelevare solo presentandosi davanti e digitando il pin. L’unica controindicazione, al momento, che se il chip manda informazioni nessuno è ancora attrezzato per riceverle. Oggi può servire come semplice memoria, ad esempio dei numeri di telefono che sul cellulare rischiano di essere smarriti». Le implicazioni etiche e tecnologiche di una simile invenzione, se applicata su larga scala, sono infinite.

A microchip under the skin – Microchips could be implanted under the skin and used to command a computer, do some shopping, withdraw cash, to program your house heating, etc. Mr Bruno Ragonesi, tattoo maker and piercer in Vigevano, is experimenting one on himself. Under the skin of his wrist he implanted, using a syringe, a microchip that can receive signals from a spartphone, store them and transmit them to another device. “Every morning _says Mr Ragonesi_ I go to work and as soon as I enter in my office, my PC is ready with the software I use the most. Up to now, the applications are limited but a microchip could be used for Home-automation functions, like central heating, air-conditioning, burglar-alarm and so on..”. The microchip is currently imported from the USA and in Italy the applications are still limited, mainly because it is used by a very scarce number of people. “The potentiality are limitless, you could go shopping and as soon as you reach the counter, you have already paid, or just standing in front of the ATM and inserting your PIN you could withdraw cash. Also it can work as a backup memory for personal data, like the phone numbers on your phone, if it gets lost or stolen.” We will just have to wait and see what the future applications are going to be.