La Terra piatta

Amate la Vita come io rispetto la Natura
Rispettate la Natura come io ho amato la Vita.

 

Breve prefazione: Il mio primo racconto, non so se ne seguiranno altri, i miei strumenti linguistici sono abbastanza limitati ma le idee non mancano. Il racconto è breve abbastanza per perderci solo 10 minuti di tempo, ovviamente Vi esorto a passarli su letture di opere di scrittori molto più titolati e dei quali io sono appassionato lettore. Ma se ho suscitato appena un po di curiosità allora forse non saranno 10 minuti persi e potrò vantarmi per averVi distratto da impieghi diversi per il tempo equivalente. Se poi sono perfino riuscito a stimolare dei dubbi e delle riflessioni allora sono felice di aver vinto anche il mio primo premio. Buona lettura.

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Gli Allarmi continuavano incessantemente a stridere nella plancia di comando tra nuvole di fumo e scintille di circuiti sovraccarichi. La vecchia nave multiruolo, in missione ufficiale d’esplorazione di remoti sistemi galattici, cadeva verso il terreno cercando di contrastare la velocità troppo elevata e limitando il più possibile gli eventuali danni da impatto sulla superficie del pianeta, ma l’attrito con l’eliosfera contribuiva a surriscaldare lo scafo oltre il limite di un rientro sicuro. Purtroppo le alternative si riducevano a una rotta di rientro molto angolata per ridurre gli effetti delle radiazioni della stella verso la cui gravità si erano ritrovati a combattere dopo l’ultimo salto iperdimensionale. Cercavano di farsi scudo con l’ombra meno calda del pianeta scoperto per una coincidenza fortuita, la cui orbita passava vicino alla nave e riduceva per quanto possibile il calore e le radiazioni emesse dall’astro infuocato. La correzione della traiettoria verso tale zona d’ombra era stata decisa in fretta poiché il computer di bordo non aveva fornito alternative oltre quella di bruciare nelle prossimità della superficie della stella, l’inversione di rotta era infatti impossibile, tuttavia lo scanner aveva fornito quella misteriosa piccola area meno calda che poteva essere raggiunta prima della inarrestabile fusione dello scafo.

Nel momento di maggior carico termico e meccanico e quando ormai quasi tutti i sensori esterni e le piccole appendici aerodinamiche erano state consumate dall’attrito e l’equipaggio si era ormai affidato alle preghiere, il termometro misurò una repentina inversione all’aumento termico delle corazze esterne. Furono tutti sorpresi per la scoperta della presenza di una qualche atmosfera su un pianeta così vicino alla sua stella da essere invisibile a qualsiasi radar. La nave continuò a frenare procedendo pesantemente, mentre la maggior parte dei sistemi continuavano a segnalare guasti intermittenti e gli allarmi a squillare all’unisono, questa volta la velocità finalmente ridotta lasciò intravedere una speranza di salvezza.

Più ci si avvicinava alla superficie e più i parametri miglioravano, fino al momento che le lingue di plasma infuocato, che avevano avvolto lo scafo e i sensori, erano scomparsi e permettevano di vedere grossolanamente l’aspetto del pianeta. La superficie intorno sembrava abbastanza regolare a parte solo una grossa sagoma di un rilievo montagnoso al centro dell’orizzonte e la parvenza di nubi in alto, i bordi però, finché era permesso vedere in lontananza, scomparivano in una sfumatura di nebbia rossiccia, e più la visibilità aumentava al centro e più i bordi rimanevano offuscati.

Finalmente, dopo aver scelto un luogo sufficientemente pianeggiante per posarsi, la nave atterrò facendo gemere il metallo della sua struttura con i possenti carrelli che penetrarono lievemente in un soffice terreno sabbioso. Una volta spenti tutti i focolai d’incendio e stabilizzato i sistemi, si procedette con una analisi dei danni e dell’ambiente in cui erano miracolosamente atterrati.

Era già chiaro a tutti il motivo di quella situazione di estrema emergenza in conseguenza del fine sabotaggio del sistema di salto iperdimensionale con la riprogrammazione del computer di navigazione in modo da farli uscire rischiosamente vicini all’astro.

Era l’opera della pericolosissima gang terroristica conosciuta come “I custodi del Paradiso”. I pochi seguaci rimanenti di questa gang di fanatici religiosi si autoproclamavano “Angeli armati” e non esitavano a ricorrere alla violenza, al sabotaggio e a qualsiasi azione armata che avrebbe sublimato la loro anima in eterno per i servigi resi al loro supposto Creatore.

Qualche ferito, qualche contuso, una frattura, e tra la sorpresa di tutti gli ufficiali scientifici gli scanner e i sensori ancora operativi fornivano dati che però si faceva fatica a razionalizzare tenendo ben presente che si era finiti all’interno della sfera di plasma che generava la corona solare più esterna: una gradevole gravità naturale di circa 0,8 G; temperatura e pressione atmosferica compatibile con un sistema abitabile simile ad un qualsiasi deserto equatoriale terrestre; poche o nessuna radiazione nociva; la composizione dell’aria analizzata da un campione forniva le percentuali di una discreta quantità di ossigeno e vapore d’acqua (come essere su una quota di 6000 mt terrestri); varie percentuali poco significative di elementi pesanti e nocivi alla vita umana; ma grandi quantità di elio e piccole percentuali ma significative di idrogeno e azoto e anidride carbonica; l’analisi biologica forniva invece l’assenza di agenti patogeni, ma una discreta quantità di primitive spore vegetali in varie percentuali. Gli eccezionali dati raccolti facevano presupporre addirittura che si potesse respirare con poca difficoltà senza l’ausilio di tute o maschere.

Il dubbio fu subito certezza quando uno dei tecnici assalito dal panico e dallo stress aveva aperto uno dei portelli di aerazione secondari inondando per qualche minuto la plancia con l’aria del pianeta ed esponendo tutto l’equipaggio. Un odore leggermente dolciastro e di carbone bruciato si sparse all’interno della nave e una leggera ebbrezza fu avvertita come dopo aver bevuto mezzo bicchiere di alcol, ma niente di mortalmente nocivo.

La prima uscita all’ambiente aperto, prima con l’ausilio di una mascherina di ossigeno per ristabilire la giusta percentuale respirabile e poi senza, forniva la visione globale del luogo in cui i miracolati si erano venuti a trovare. Il primo contatto diretto con quel mondo lo forniva la vista: il colore di fondo era un rosso arancio scuro ma illuminato da una luce chiara e diffusa in tutte le direzioni, l’orizzonte era una sfumatura di foschia giallo rossa molto omogenea che non forniva salti netti ma era interrotta solo in un punto dell’orizzonte da quello che sembrava essere una montagna, e nella stessa direzione il cielo passava dal rosso alla base al giallo al verde nella parte più alta localizzata sopra il promontorio; una leggera brezza soffiava dalla stessa direzione;  un rombo continuo e diffuso si udiva in bassissima frequenza come una batteria di ugelli di razzi in lontananza e sempre con la stessa bassa intensità.

La nave, una corvetta AC-34 multiruolo, allestita per esplorazione e trasporto delle industrie spazionavali ALFA, appariva tutto sommato integra a parte la mancanza di quasi tutte le appendici aerodinamiche, le antenne e i sensori, aveva assunto un color carbone con macchie di vernice originale rimanente nei punti più nascosti. Il sensore topografico a lungo raggio si era guastato quasi per primo e non era stato possibile avere una mappa accurata della superficie e ne del resto di questo bizzarro pianeta, gli unici scanner da cui si potevano scaricare dati erano quelli portatili ma avevano un corto raggio d’azione. Nelle ore successive fu lanciato in aria un drone IEN-4 dalle dimensioni di un paio di metri per esplorazione e raccolta dati. La permanenza su questo piccolo mondo non era tra le opzioni di missione anche se era necessario aspettare che i tecnici facessero un rapporto completo sulle condizioni della nave.

Il drone automatico che poteva affidarsi al raggio d’azione massimo dei suoi sensori di circa 10 km, con propulsione di minicelle nucleari ad antimateria fu programmato per la mappatura del terreno, l’acquisizione di dati ambientali atmosferici, la telemetria in tempo reale e la ripresa video, e se pur dotato di intelligenza artificiale base veniva indirizzato verso l’unico rilievo appena visibile di questa superficie regolare e pianeggiante.

Nelle ore che seguirono si cercava di riparare i danni alla nave e i moduli primari. Il drone veniva costantemente monitorato e i dati esaminati continuamente allo scopo di capire soprattutto come ripartire in sicurezza, ma tali informazioni fornivano scenari sempre più incredibili.

Il drone, volando ad una media di circa 50 km/h ma variando periodicamente la quota per acquisire più dati possibili, in 24 h aveva coperto circa 1000 km di spazio. Il dato più sorprendente era la  temperatura e il grafico che veniva tracciato mentre tutti gli altri parametri erano abbastanza costanti, la superficie sempre molto regolare, ma da un’altezza di 20 km i sensori misuravano al limite del raggio di scansione verso l’alto una diminuzione di temperatura. Per misurare lo stesso valore costante di temperatura di 250 °C la quota saliva proporzionalmente al proseguimento della rotta programmata rappresentando un vero e proprio guscio di separazione al di sotto del quale c’erano le condizioni per la condensazione del vapore acqueo . Qualche ora più tardi lo stesso drone trovava acqua liquida e una striscia di vegetazione ai bordi di quella che sembrava la riva di un mare o la sponda di un fiume molto largo, infatti i sensori non rilevavano altre sponde opposte e ne ai lati a parte l’altura già visibile dal luogo dell’atterraggio. Vegetazione confermata dall’analisi di alcuni campioni raccolti localmente. Inoltre la velocità con cui procedeva verso il promontorio era in parte diminuita a causa delle periodiche variazioni di quota sempre più estese e l’incontro con la formazione di nubi di vapor d’acqua abbastanza dense e stabili. Vi fu un altro sostanziale cambio di scenario circa 80 ore dopo il lancio e il drone aveva percorso quasi 3000 km, giunse in prossimità della montagna ma il mare incontrava di nuovo la terra e finiva ai piedi della base di questa enorme struttura rocciosa in cui le condizioni climatiche perfette e costanti favorivano lo sviluppo di vegetazione, che per quanto più simile ad alghe e muschi, ricopriva l’intera regione intorno alla base come una coperta di color verdognolo tendente al blu. A questo punto si decise di far seguire al drone una strada che lo portava a raccogliere più informazioni su questa nuova struttura rocciosa facendolo salire di quota fino a cercarne la sommità. Gli anemometri registravano una colonna d’aria fredda discendente lungo i pendii di questo enorme pilastro. Pur con moltissime interferenze dovute a forti campi magnetici creati dalla stella, il drone trasmise anche il video della sommità della montagna. Dalla punta, che poco sotto l’ultimo tratto era ricoperta di ghiaccio d’acqua, venivano espulsi violentissimi getti uniformi di plasma rosso-arancio che foravano un cielo verde quasi azzurro. Una eruzione perpetua probabilmente contenente anche materiali in forma fluida e solida che data l’elevatissima temperatura e velocità misurata scomparivano molto più in alto come il gigantesco scarico di un motore a reazione verticale e unendosi poi a quel guscio di flussi  plasmatici provenienti dai bordi. Il drone compì un giro intorno alla cima e poi ridiscese da quello che sembrava essere un strano gigantesco vulcano dalle proporzioni planetarie con un’altezza di oltre 200 km che partiva in basso con un diametro di circa 1000 km la cui forma di un cono quasi perfetto terminava in alto con una bocca larga 10 km. La restante porzione di cielo che dallo zenit scendeva verso l’orizzonte cambiava il colore dal verde-azzurro al giallo, al rosso acceso come sotto una cupola in cui le lingue di plasma si vedevano fluire dal basso dell’orizzonte per tutti i 360° verso il centro in alto sulla verticale di questa cupola immaginaria e che il vulcano forava col suo pilastro di fuoco eruttivo. Il poco materiale che ricadeva lungo le pareti raffreddandosi era contenuto a una breve distanza dalla superficie esterna come un sottile mantello discendente, raccogliendosi in verticali creste regolari intorno alla montagna, e per una distanza maggiore il drone rilevava un flusso d’aria molto veloce e spesso che ripercorreva le pareti fino alla base distribuendosi poi omogeneamente per tutte le direzioni verso l’orizzonte. A questo punto, insieme anche ad altri dati raccolti nel frattempo dalla nave in riparazione, fu conclusa una analisi abbastanza dettagliata di quello che poteva essere la mappa del luogo e il particolarissimo clima planetario.

Il pianeta, almeno secondo i dati raccolti, misurava una massa abbastanza ridotta (paragonabile con quella della luna terrestre) per le dimensioni di una superficie sostanzialmente piatta mappata per almeno 10-15 mila km di diametro in un bordo esterno circolare e confinante con un muro di plasma uniforme per tutta la circonferenza del piatto (flusso di plasma generato dalla stella molto vicina). Analogamente al movimento orbitale della Luna terrestre, il pianeta mostrava sempre la stessa faccia alla stella attorno alla quale girava, il moto di rotazione e rivoluzione erano sincroni (fatto molto più comune sui pianeti ospitanti masse in movimento come i fluidi) ma molto più veloci di quelli lunari, si calcolava l’orbita di rivoluzione completa in poche ore, la forza centrifuga risultante contrastava in buona parte la forza di gravità della stella agente a quella breve distanza.

Il flusso di plasma sembrava convergere verso quello che era il centro del piatto dove si trovava un mega vulcano in piena attività, formando una cupola in movimento al di sopra della superficie che racchiudeva nell’intercapedine una vera e propria bolla atmosferica sottostante di forma toroidale molto schiacciata. Se queste analisi non erano già abbastanza sconcertanti si aggiungeva  un’atmosfera con le caratteristiche di temperatura, pressione e la presenza di acqua liquida da rendere il pianeta non solo favorevole alla vita ma addirittura abitabile dagli umani e la presenza di una folta vegetazione, seppur primitiva, ne era la prova più lampante. La costante presenza del movimento di masse d’aria favoriva il ricambio e il riciclo degli elementi in un clima statico e ipoteticamente invariato da milioni di anni. L’intera biosfera era rappresentata da un ciclone gentile che soffiava a terra radialmente dal centro verso i bordi facendo evaporare l’acqua del mare che assumeva una forma simile a una ciambella per poi riscaldarsi gradatamente nelle zone desertiche in prossimità dei bordi dove il flusso della cupola plasmatica ne accelerava la risalita e la convergenza verso il centro e la zona più fredda dell’intero pianeta nella parte alta del mega vulcano, lì la massa d’aria si raffreddava e condensava producendo nuvole e pioggia ridiscendendo poi verso la base del vulcano e ricominciando il ciclo climatico senza soluzione di continuità o grandi variazioni registrabili e in cui tutti i climi principali e tutti i continenti della Terra ne erano ben rappresentati.

Il parziale ripristino dello scanner planetario fornì un quadro ancora più incredibile, l’analisi dei dati generali di densità media, massa e forma, era compatibile con un pianeta dalla morfologia praticamente piatta in cui la parte, esposta all’azione diretta del flusso continuo di radiazione solare, era stata consumata e dispersa nello spazio per milioni di anni, ma avrebbe fatto da scudo a tutte le radiazioni che avrebbero potuto eliminare la vita in una frazione di secondo o non generarla affatto. Piuttosto con molta probabilità era stato proprio l’insieme delle coincidenze e delle bizzarrie che aveva promosso lo sviluppo di un ambiente in cui la vita primordiale aveva attecchito. Non c’era alternanza tra giorno e notte e il motore della cupola esterna formata da flussi di plasma a loro volta espulsi dalla vicina stella, forniva la costante luce diffusa con una intensità media, le ombre perciò erano quasi inesistenti. L’energia necessaria alla biosfera, per lo sviluppo evolutivo fino a questo livello senza ancora la presenza del regno animale forniva il giusto equilibrio. Equilibrio mantenuto per centinaia di milioni di anni terrestri durante i quali questa terra piatta bruciava e si consumava sempre da un lato e cullava la vita dal lato opposto modellando gentilmente le superfici. Il vulcano invece con tutta probabilità era stato accresciuto nel corso dei millenni dalle spinte e dalle pressioni degli strati planetari sottostanti, svolgendo un ruolo di ulteriore equilibrio climatico e valvola di sfogo delle potenti forze agenti all’interno del pianeta, forse meglio dire “sotto” il pianeta.

Prima che l’umanità diventasse tecnologicamente avanzata da poter permettere l’esplorazione e la colonizzazione di altri mondi e si facessero i primi passi dell’esplorazione terrestre, la Terra era praticamente immaginata in due dimensioni. Le uniche dimensioni che l’uomo riusciva a comprendere facilmente e applicare al suo ambiente ottenevano il risultato di immaginare un mondo “Piatto” e dotato su tutti i lati di bordi ben definiti da cui si poteva perfino cadere…inoltre l’evoluzione del pensiero umano aveva prodotto delle elaborate materie filosofiche quali la teologia e le religioni che avevano influenzato a loro volta la vita e l’evoluzione dell’uomo fino al punto da stabilire o almeno immaginare cosa sarebbe accaduto nel futuro. Secondo una famosa interpretazione nell’antichità esistevano almeno tre luoghi dove le anime avrebbero passato un tempo indefinito in conseguenza delle azioni commesse durante il corso della vita terrena: l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso, che partivano proprio geologicamente dal basso o dal “sotto” con il peggior luogo “infernale” e salivano verso l’alto per il più “confortevole” Eden o Paradiso o Nirvana…

Le analogie, tra il pensiero e l’immaginazione umana di almeno 10 secoli prima, la realtà di questo pianeta formatosi e scoperto per un gran numero di coincidenze uniche e la civiltà spaziale attuale, causavano una serie di corto circuiti filosofici e ponevano quesiti teologici e dubbi scientifici quasi da portare alla pazzia chiunque si fosse soffermato a rifletterci appena un po.

Perfino la vita estremamente vulnerabile in tutte le sue forme aveva trovato protezione dalla enorme quantità di radiazioni emesse da così breve distanza in uno scudo naturale di elementi metallici del nucleo originario del pianeta plasmato nel tempo. L’equilibrio di molte diverse potenti forze contrarie agenti su questa piccola oasi paradisiaca nell’inferno di effetti fisici su scala planetaria, e le analogie col pensiero umano che ne profetizzava l’esistenza reale con un così largo anticipo facevano presupporre l’intervento di una mano divina onnipotente e non sempre creduta reale.

Faceva rabbrividire il pensiero per certi versi anche ironico che la scoperta fortuita di questo piccolo Eden era avvenuta come conseguenza del sabotaggio della gang dei custodi del Paradiso.

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Quello che è dato sapere dai files di registrazione del drone di esplorazione da questo punto in poi diventa molto frammentario. Dopo essere stato trovato per caso alla deriva da una nave cargo commerciale di passaggio in quel sistema con il guscio esterno praticamente fuso e con l’aspetto di un relitto metallico tondeggiante, l’estrazione dei preziosi dati contenuti nella sua memoria e la successiva analisi non chiarisce fino in fondo i fatti accaduti.

L’ultimo filmato in ordine di tempo registra un piccolo lampo apparentemente nel centro dell’enorme disco stellare quasi come il lampeggio di un flash fotografico in lontananza nella notte terrestre.

Nel momento in cui si studiavano i piani per evadere dalla permanenza forzata sul pianeta e far ritornare l’equipaggio nell’universo più familiare, la nave, prima ancora di poter fare il primo tentativo di lasciare il pianeta, perse irreparabilmente tutta la parte poppiera, i motori principali insieme con una buona parte di scafo, di equipaggio, e di risorse, a causa di una inspiegabile esplosione.

La successione rapida degli eventi successivi è attualmente all’esame di un gruppo di scienziati: Dalle informazioni e i dati raccolti dal drone è possibile scoprire il Comandante e un gruppetto di membri dell’equipaggio allontanarsi velocemente dal relitto della nave in fiamme e ormai irrecuperabile; prima che le fiamme finiscano ciò che rimaneva del vascello viene lanciata con successo nella direzione della sommità del megavulcano al centro del pianeta una sola capsula di salvataggio contenente solo il drone IEN-4 custode di tutte le informazioni raccolte e poi ritrovato semidistrutto dal cargo.

Un ufficiale ingegnere dell’equipaggio adibito alla manutenzione del drone, rimasto illeso nella nave durante l’esplosione, aveva in tutta fretta preparato la piccola capsula con il drone protetto da tutta la schermatura che poteva inserire nella capsula. Aveva collegato tutte le celle a combustibile nucleare, salvate dallo scoppio, con l’avionica e i propulsori della capsula, allo scopo di sovraccaricarli e aggiungere spinta fino al limite massimo permesso dall’integrità strutturale e programmato il navigatore automatico affinché tale spinta iniziasse in prossimità della bocca del vulcano, ricevendo così un boost supplementare.

La ripartenza dal pianeta, infatti, era diventata la priorità dell’equipaggio tecnico della nave e pareva non essere proprio di facile esecuzione. Piuttosto le varie opzioni di ripartenza e fuga includevano tutte una discreta percentuale di fallimento catastrofico a causa sopratutto del minaccioso flusso si plasma ad elevate temperature a cui la nave non si sarebbe potuta sottrarre. La corvetta, seppur affidabilissima anche oltre i limiti teorizzati, non era progettata per essere sottoposta a sollecitazioni così estreme, inoltre aveva già una volta superato miracolosamente tale test. Sarebbe servita tutta l’energia e tutta la spinta possibile e una buona dose di fortuna già abbondantemente usata nel corso dell’atterraggio.

La commissione di scienziati stabilì che lo scopo dell’ufficiale ingegnere fosse quello di lanciare almeno il drone fuori dal pianeta e farlo sopravvivere alla fusione con la vicina stella con la speranza che potesse testimoniare tutti gli eventi accaduti dopo che fosse stato trovato.

Il lancio della capsula avvenne quasi nella stessa direzione della piccola squadra del Comandante in fuga e fu per pochi secondi l’obbiettivo di qualche colpo del fucile ad onde d’urto che si usava comunemente per le prospezioni geologiche e adesso usato con altri scopi. Nessuno dei colpi del comandante andò a segno, solo uno di essi lambì uno spigolo della scialuppa in volo senza portare apparenti danni mentre proseguiva il suo tragitto verso il vulcano.

Con questo atto si evidenziò l’intenzione volontaria del Comandante di non far sfuggire niente da quel mondo a qualsiasi costo. La scelta così radicale e violenta invece è ancora materia di discussione e lo sarà anche nel futuro se non emergeranno ulteriori elementi utili a chiarirne le motivazioni.

La scialuppa custode del suo prezioso carico invece volò senza ulteriori intoppi verso la prima destinazione programmata, allineatasi dinamicamente col veloce flusso di plasma verso l’alto ne fu prima  inglobata e poi accelerata oltre quello che i soli propulsori, benché sovraccaricati, potessero fornire. La capsula ottenne così una grande velocità ma anche una notevole temperatura fino a quando il computer di bordo previde l’imminente esplosione dei piccoli motori e sopratutto delle celle supplementari di combustibile, il colpo a onda d’urto del comandante aveva in parte disallineato i flussi di energia dalle pile di antimateria danneggiando parzialmente alcuni raccordi.

I relè di apertura della capsula ricevettero l’autorizzazione ad aprirsi espellendo il drone quasi come se fosse stato il carico utile da mettere in orbita intorno alla Terra ad opera del primo stadio dei razzi agli albori dell’era spaziale umana. Il drone era ancora integro e protetto dalla sua schermatura supplementare continuando la sua instancabile raccolta di dati. La velocità di fuga acquisita in questo modo, seppur notevole, non fornì però il tempo sufficiente al drone di sfuggire al gradiente di temperatura e calore in costante e veloce aumento.

Sembrava che il “messaggio in bottiglia” non sarebbe mai giunto neanche alla deriva nello spazio a cui era alla fine destinato quando una notevole esplosione si formò sotto di esso. Era plausibile pensare che la capsula ormai in balia del flusso plasmatico avesse deflagrato violentemente prendendo ulteriore energia dal combustibile rimanente delle pile, la deflagrazione prodotta avesse generato un’onda d’urto paragonabile a una piccola bomba ad annichilazione (la più potente arma militare inventata nel corso dell’ultimo conflitto in grado di distruggere in un solo colpo interi pianeti). L’onda d’urto generata fornì un ulteriore spinta supplementare al drone che pur perdendo parte della schermatura avrebbe superato il punto di massimo carico meccanico e termico salvandosi dalla distruzione e mettendo al sicuro il messaggio in bottiglia.

La stessa potente onda d’urto però ebbe un drammatico effetto collaterale: nella direzione della bocca del vulcano più in basso la deflagrazione fece innalzare la pressione all’interno della sommità al punto da farne collassare una grande sezione; sui lati lo stesso fronte dell’onda deformò quella che era la cupola protettiva di plasma deviandone le lingue spiraleggianti all’interno della biosfera.

L’equilibrio di una unica miracolosa oasi paradisiaca e dalla bizzarra struttura simmetrica a forma di ciambella fu definitivamente e irrecuperabilmente perso per sempre.

Con una cascata di rapidissimi eventi l’innalzamento estremo di temperatura e le lingue di fuoco favorivano le interazioni esplosive tra ossigeno, idrogeno e altri elementi che ri-alimentavano le reazioni e gli stessi processi distruttivi. Quello che era stato il motore energetico del pianeta fino al momento prima si trasformò nella sua nemesi. Nei pochi secondi successivi tutto quello che poteva rappresentare la firma di un Creatore divino, con riferimento alla bolla atmosferica d’aria, all’acqua allo stato liquido e alla vegetazione, fu definitivamente cancellato. Le terribili onde d’urto delle immani esplosioni agivano verso il pianeta come il martello spacca il granito, in breve tempo l’intero pianeta o ciò che rimaneva fu inghiottito in un ultimo breve lampo di luce dalla stessa stella che ne aveva regolato l’esistenza per milioni di anni.

Il drone molto danneggiato registrò l’ultima presenza della terra piatta come una piccola anomalia delle normali reazioni nucleari della stella, poi smise di funzionare rimanendo su una traiettoria di fuga iperbolica.

L’ultimo smontaggio del cuore del robot automatico IEN-4 ormai smantellato dalla commissione di scienziati restituì i piccoli contenitori di campioni di vegetazione prelevati durante l’esplorazione di quell’improbabile mondo, accuratamente conservati e protetti.

L’etichetta scolpita nel materiale del contenitore riportava la scritta: CAMPIONE DI PARADISO.

 

Il viaggio nel tempo (parte 2)

Rieccoci quì, dopo un breve articolo introduttivo, a parlare di come la tematica dei viaggi nel tempo abbia influenzato la fantascienza.

time_machine_04 “When I speak of time, I’m speaking of the fourth dimension.”

Iniziamo con H.G.Wells “The Time Machine” (1895) perché è da qui che il viaggio nel tempo assume una forma di romanzo. Questo non significa che non ci fossero storie di viaggi nel tempo prima di Wells, anzi ve ne sono numerosi esempi. Lo stesso Wells pubblico una prima versione della sua storia con un titolo meno orecchiabile “The Chronic Argonauts” già nel 1988. Alcuni anni prima Edward Page Mitchell pubblicò “The clock that went backward” (1881), la storia di un magico orologio a pendolo che permette ai personaggi di tornare all’assedio di Leiden (Olanda) nel 1572 e salvare la città. In “A Christmas Carol” (1844) di Dickens, spiriti magici mostrano a Scrooge degli scorci del suo passato e del suo futuro. Ma è “La macchina del tempo” di Wells che mette in moto un intero genere di storie, romanzi e film. Questo punto di partenza, tuttavia, suscita una serie di domande. Potremmo chiederci, come mai il viaggio nel tempo è apparso dal nulla nel 1894 ed è diventato uno degli argomenti principali della narrativa fantastica e fantascientifica del 20esimo e 21esimo secolo?

Da ormai più di una generazione, il viaggio nel tempo è entrato nella nostra cultura. In televisione abbiamo visto la straordinaria popolarità che serie come Doctor Who (1963-) e Star Trek (1966-) hanno riscontrato, senza dimenticare che proprio la serie ideata da Roddenberry spesso include, nella narrazione dei suoi episodi, storie di viaggi nel tempo. Questo avviene anche nei film che hanno seguito la serie TV, ad esempio Star Trek IV The Journey Home (1986) ed il reboot, diretto da J.J.Abrams, Star Trek (2009). L’utilizzo del viaggio nel tempo viene usato ancora in altri film di attualità, da The Time Traveller’s Wife (2009) fino ai film di Harry Potter (dove fra i trucchi magici troviamo il ‘time turner’). Nel primo indimenticabile film di Superman (1978), l’eroe (o meglio il supereroe) torna indietro nel tempo, invertendo ingenuamente (ma in maniera molto efficace per la narrazione) il senso di rotazione della Terra, per annullare l’opera di Lex Luthor (il lancio di un missile contro la Faglia di San Andrea… niente di che) e per resuscitare così la sua (eterna) fidanzata, deceduta nel terremoto scatenato dal missile. Nel fiorire di film basati sui supereroi Marvel (e D.C.Comics), ne troviamo anche uno che sfrutta il viaggio nel tempo come elemento narrativo X Men: Days of Future Past (2014).

Ciò che le storie precedenti a quella di Wells hanno in comune, è la casualità, l’arbitrarietà di questi “spostamenti temporali”. Non c’è un interesse attivo verso cosa ci attende nel futuro o una ricerca storica; inoltre in queste storie non traspare che il viaggio nel tempo possa appartenere in qualche modo al mondo materiale della scienza e della tecnologia, anzi essi sono “pilotati” da magie, sogni, fantasmi.

L’importanza del romanzo di Wells non sta nella narrazione (per quanto avvincente) ma per il suo rimettere ad un meccanismo, ad un “veicolo” realizzato dall’uomo, la potenzialità di spostarsi nel tempo. L’uomo decide (tranne eventuali guasti alla macchina stessa) dove andare. Questo è il motivo che spinge Wells a modificare il titolo della sua opera da “The Chronic Argonauts” a “The Time Machine”; è la macchina che permette lo svolgersi della storia, è verso la macchina che si rivolge la nostra attenzione. E come non possiamo allora citare la pura meraviglia ed onesta (e condivisibile) invidia che esprime Marty McFly nel memorabile Ritorno al Futuro (1985): ”Mi stai dicendo che hai costruito una macchina del tempo… con una DeLorean?”. E per tutti i numerosi fan di Doctor Who, il TARDIS è un personaggio reale come qualsiasi altro assistente del dottore stesso.

Una ragione per questa nuova attenzione sulla “macchina” è che rende controllabile qualcosa che, fino allora, era aldilà delle nostre capacità di controllo. I sogni, la magia.. sono cose che ricadono su di noi, che viviamo passivamente, come accade a Scrooge. La memoria, i ricordi del passato, possono tormentarci o farci sognare con nostalgia.. ma non possiamo fare nulla per modificarli. Una macchina del tempo, invece, è qualcosa che possiamo controllare. Questo è il sogno che cattura l’immaginario del ventesimo secolo. Si potrebbe fare un parallelismo storico fra questo “controllo” della macchina del tempo e la diffusione delle prime autovetture.

Non è possibile fare un resoconto completo dei racconti, dei romanzi e dei film in cui si parla del viaggio del tempo, ma fra il 1950 ed il 1960 furono scritte centinaia di storie, al punto da renderlo un concetto ben codificato nella cultura contemporanea. La maggior parte di queste storie ruota attorno alle due principali tipologie di paradossi temporali che, se il viaggio nel tempo fosse possibile, si potrebbero generare. Il primo è il paradosso del “loop temporale”, ovvero: potrei tornare indietro e diventare il mio stesso antenato se non addirittura genitore ?”. Il secondo è il “paradosso del nonno” : se tornassi indietro nel tempo ed uccidessi i miei nonni, i miei genitori non sarebbero mai nati e di conseguenza neanche io; ma se io non esistessi, non potrei tornare nel tempo per uccidere i miei nonni, di conseguenza io esisto e così potrei tornare indietro nel tempo per uccidere i miei nonni… etc. etc. Per quanto riguarda il primo paradosso, i testi chiave per la lettura sono due storie brevi di Robert Heinlein: By His Bootstraps (1941) ed All You Zombies (1958). Nel secondo, grazie allo svolgimento di una particolare trama temporale, il personaggio principale ha un figlio (che è se stesso) da una versione femminile di se stesso (precedentemente ad un cambio di sesso). Bizzarro. Potremmo anche dire che si tratta di un caso limite di “controllo” : la fantasia maschile di una perfetta autonomia ed autosufficienza; la propria esistenza scaturisce da se stessi, senza il bisogno di alcuna interazione con gli altri. Il fatto che questa fantasia sia “claustrofobica” (e anche un po’ psicopatologica) non ha impedito a questa storia breve di diventare uno degli esempi più significativi del genere. Il cinema si è spesso fatto “prendere” dalla bellezza strutturale di questo tipo di paradosso temporale: Groundhog Day (1993), Donnie Darko (2001), Deja Vu (2006), Source Code (2011) ed il recente Looper (2012) si appoggiano ad esso.

Qualsiasi paradosso invita alla ricerca di una soluzione. Quella più utilizzata nella narrativa è che il viaggio a ritroso nel tempo risulti in una realtà alternativa (o time-line) che parte e si dirama dal momento dell’arrivo del viaggiatore. Un esempio molto influente (e che è stato ripreso fino alla nausea) è il racconto di Ray Bradbury “A Sound of Thunder” (1952), nel quale un appassionato di caccia grossa, con licenza di viaggio nel tempo, durante una battuta al Tyrannosaurus Rex, accidentalmente calpesta una farfalla; al ritorno nel suo tempo di appartenenza trova che tutto è cambiato. Spesso sembra che tutto avvenga in maniera casuale, priva di controllo, ma l’importanza del protagonista, il suo ruolo centrale, ne esce rafforzato. Nel racconto di A.E. van Vogt “The Weapon Shops of Isher” (1951), un viaggiatore nel tempo perde il controllo della propria nave, iniziando ad altalenare fra gap temporali sempre più ampi, immagazzinando una energia così potente da proiettarlo verso un ultimo salto indietro nel tempo, fino al BigBang, il momento della creazione del cosmo, di cui lui stesso è artefice (e vittima). Come immagine dell’onnipotenza catastrofica dei viaggiatori nel tempo, ammetterete che questa è difficile da battere.

Facciamo una piccola parentesi su come i viaggi nel tempo vengono illustrati. I libri, come sappiamo, sono degli strumenti per facilitare il nostro accesso alla narrativa, mentre il cinema e la televisione utilizzano strumenti più complessi e moderni per fare lo stesso. Cine e Tele mostrano immagini in movimento mentre i libri usano parole statiche (anche se le parole non sono mai ‘statiche’). Di fatti il concetto stesso di “viaggio” (come movimento) nel tempo rende chiara la differenza di applicazione: la facilità con cui delle immagini possono scorrere in avanti o indietro può rappresentare l’apparente movimento nel tempo. Non solo: queste immagini, questi “spezzoni di tempo” possono essere delle foto (cioè immagini statiche) od il consueto scorrere della pellicola.
Un esempio (anche di ricerca estetica) del primo caso lo abbiamo con il film di Chris Marker “La Jetée” (si tratta del termine che indica uno spazio, in questo caso una terrazza, che consente, ai visitatori di un aeroporto, la veduta del traffico aereo). Il “film” del 1963 si svolge in un mondo devastato dalla Terza Guerra Mondiale. Un prigioniero (Davos Hanich) è inviato decenni indietro nel tempo nella Parigi pre-guerra, dove scoprirà la verità su una memoria che lo assilla dalla sua infanzia: era accanto ad una donna (Helene Chatelain) sulla terrazza (la jetée) dell’aeroporto di Orly mentre un uomo viene ucciso. Viene definito come film ma in realtà è composto quasi esclusivamente da foto in bianco e nero, una modalità di realizzazione che contrasta con la “fluidità temporale” del cinema convenzionale, ma che evoca la umana abitudine di consultare il nostro passato, guardando vecchie foto in bianco e nero, poiché è una riflessione sulle memorie ed i traumi dell’infanzia e di come esse si schiudano, mostrando il loro significato, quando si è adulti. Ovviamente l’uomo ucciso nella memoria del protagonista, da bambino, è se stesso, un riferimento esistenzialista d’inevitabilità, di come la nostra morte sia predeterminata. Il titolo stesso ‘La Jetée’ evoca il passato: ‘là j’étais’ ovvero ‘ero là’.



Gli adattamenti cinematografici della narrativa dei viaggi nel tempo sono estremamente numerosi, anche se la pietra miliare fu l’adattamento fatto da George Pal, nel 1960 della storia di Wells “La macchina del tempo”. A dire il vero questo film primeggiava più per i costumi di scena ed allestimenti di età Edwardiana che per le sue caratteristiche di “fantascienza”… come in fondo anche alcune serie TV della BBC come Doctor Who e Adam Adamant Lives! (1966-68).
Negli anni ’80 vi fu un ritorno di fiamma relativo ai viaggi temporali, scatenato da un blockbuster particolare, non più un esercizio di nostalgia Edwardiana ma con del sano terrore Cyber tecnologico. Parliamo ovviamente di Terminator di James Cameron (1984) il quale collega i viaggi nel tempo con il senso di pericolosità (ed ansia) dovuto al crescente aumento di meccanizzazione e di computerizzazione che stava dominando l’Occidente. Di nuovo, il “desiderio di controllo”, come già successo ad inizio secolo ?

La trama la conoscete sicuramente: Arnold Schwarzenegger è un robot umanoide proveniente dal futuro, un Terminator, inviato nel passato da un malvagio network di computer “Skynet”, per uccidere una donna chiamata Sarah Connor che, nella Los Angeles del 1980, darà la luce a John Connor, il bambino che crescerà fino a divenire l’artefice della sconfitta dei computer nella loro lotta contro l’umanità. Dal futuro gli uomini inviano uno dei loro soldati a proteggere Sarah Connor. Il colpo di scena è che Kyle Reese, il soldato, e Sarah Connor, si innamorano; è lui il padre di John Connor e, nel tentativo di distruggere il figlio di Sarah Connor, Skynet non fa altro che provocare la sua stessa sconfitta. Reese si era innamorato di Sarah guardando, nel futuro, una sua foto. Come ne “La Jetée”, troviamo una certa simmetria narrativa e la nostra sensibilità ne esce rincuorata dal fatto che, nonostante la cronologia sia stata perturbata, si aggiusta tutto fino ad arrivare ad una linea temporale dove la razza umana vince. Il tema di “Terminator” è l’implacabilità. Reese descrive il Terminator a Sarah Connor :”non si può patteggiare con lui, non si può ragionare con lui, non conosce pietà, ne rimorso, ne paura… niente lo fermerà prima di averti eliminato, non si fermerà mai.”
Questo aspetto immaginativo deriva dalla tradizione culturale del “memento mori”, ovvero “ricordati che devi morire”. D’altronde la vera forma del Terminator, tolta la finta carne che lo riveste, è quella di uno scheletro cromato, completo di teschio ghignante. Nella tradizione storica l’implacabilità della morte viene spesso associata ad un concetto naturale, malattia, carestia, vecchiaia. Ora è invece trasfigurata in un ordigno creato dall’uomo, il che lo rende ancora più spaventoso.

L’altro grande franchising cinematografico degli anni 80 è “Ritorno al Futuro” di Robert Zemeckis, che giocava con i paradossi del viaggio temporale, creando trame complesse e più che piacevoli; una ragione del suo successo era anche dovuta al suo appigliarsi alla possibilità di esaminare il passato della propria famiglia, una sorta di “Happy Days”, in una piccola cittadina americana. Il secondo episodio (forse il meno riuscito) mostrava una visione satirica sulla società dei consumi del prossimo futuro (quello che stiamo vivendo ora?), per concludersi poi con il nostalgico e romantico finale del terzo episodio, sulla scia de “C’era una volta il West”.

Comunque sia, nonostante le differenze stilistiche ed il tono ovviamente più allegro, anche il succo di questa serie non si discosta da quello di Terminator. La “storia” (la successione degli eventi) non deve essere modificata – la linea temporale registra questi cambiamenti fino a cancellare lentamente Marty McFly da una fotografia, denotando il suo passaggio a creatura inesistente. Ciò che deve cambiare invece è la personalità degli individui. In particolare, il padre di Marty deve imparare ad affrontare i bulletti che lo assillano (“Pronto, McFly, c’è nessuno in casa?”) e a vincere la sua codardia, mentre Marty deve imparare qualcosa di diametralmente opposto – controllare la sua irascibilità, resistere alla provocazioni (“Nessuno può chiamarmi fifone!”) ed in generale comportarsi in modo meno aggressivo e sconsiderato. Entrambi gli uomini imparano queste lezioni e sono ricompensati – non solo il padre di Marty è nel presente un uomo di successo, ma ha realizzato il suo sogno di diventare un scrittore di fantascienza. Marty torna dalla sua fidanzata ed evita di essere annullato. C’è, in altre parole, una sorta di conservazione esistenziale nei viaggi del tempo del cinema, qualcosa che torna ad essere quello che è. Alcuni critici hanno esplorato le analogie fra le qualità formali della rappresentazione cinematografica ed il viaggio nel tempo.

Nei film si può facilmente velocizzare o rallentare l’apparente passaggio del tempo; far andare un film a ritroso da il senso di come il mondo esterno possa apparire a qualcuno che viaggia contro il vettore della freccia del tempo. Tagliare alcune scene permette di “tagliare” senza sforzo momenti (o eoni) di tempo (forse uno dei più famosi tagli cinematografici è quello fra l’uomo preistorico che lancia l’osso in aria e l’astronave che percorre la sua orbita in 2001: Odissea nello spazio (1968). Mentre guardiamo un film non viaggiamo letteralmente avanti di migliaia di anni.. ma l’illusione incanta maggiormente lo spettatore perchè viene resa in modo visuale.

A questo proposito citiamo un film di Rene Clair “Paris qui dort” (Parigi che dorme) del 1925. Si tratta di un film muto, della durata di 35 minuti, rilasciato in Inghilterra con il nome “The Crazy Ray”. Uno scienziato pazzo ha inventato un raggio misterioso che sperimenta su Parigi, facendo addormentare tutta la popolazione cittadina, con le persone che rimangono congelate, immobili come statue. Albert, il guardiano di notte della Torre Eiffel – rimasto immune assieme alla nipote dello scienziato grazie all’altezza – si accorge, al suo risveglio, che la capitale è paralizzata. Solo cinque persone arrivate in aeroplano sono sfuggite all’incantesimo e camminano per la città deserta. Anche se non si tratta nello specifico di narrativa “dei viaggi del tempo”, mostra le possibilità “ludiche” dell’obbiettivo fotografico: la stessa macchina che crea l’illusione del movimento è in grado di fermarlo, accelerarlo, rallentarlo, mandarlo a ritroso. Il rapporto fra le immagini statiche de “La Jetée” e le riprese in costante movimento di “Terminator” è incarnato nella iterazione fra i parigini “congelati” e quelli in movimento di questo divertente film. E’ certamente una pellicola che parla della cinematografia.

Abbiamo iniziato a parlare dei viaggi nel tempo con H.G.Wells nel 1890.. ma non è una strana coincidenza che in quegli stessi anni i film diventano una forma d’arte e non più una “curiosità” ? Vi sono quindi dei punti di contatto, sia metaforici che reali, fra fotoni e tachioni?

Nel prossimo articolo parleremo dei nostri deliri sul viaggio nel tempo.. a presto (si fa per dire).

P.S. Ho iniziato a scrivere questo articolo a Novembre 2016… più viaggio nel tempo di così..

Alien vs Predator

Niente da fare.. Alien 5 è stato rimandato a tempo indefinito. Dopo le buone notizie riguardo la sua produzione ed uscita e dopo le anteprime alquanto ottimiste di Sigourney Weaver, la notizia ferale è arrivata la settimana scorsa.
C’era stato un primo stop voluto da Ridely Scott per permettere l’uscita di Alien:Covenant e poi ora la notiza che, visto che sia Sigourney che il regista Neill Blomkamp non possono aspettare a tempo indefinito, entrambi si dedicheranno ad altri progetti.

No ma dico… non vedrò Alien 5 perchè deve uscire il seguito di.. di questa roba quì? Ma non è neanche fantascienza.. Blah!

Per consolarmi e consolarvi, vi parlo brevemente di un altro aspetto della saga di Alien, ovvero Alien VS Predator.

Il film omonimo è uscito nel 2004, un crossover fra le 2 saghe, quella degli Xenomorfi e quella degli Yautja.
Il concetto di Alien vs. Predator ha origine dal fumetto omonimo del 1989 (questo che ho sul tavolo):

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Un incontro fra le due razze era già stato suggerito in Predator 2, nella scena in cui, nella astronave dei Predator, era esposto, insieme ad altri trofei, l’oblungo teschio di uno xenomorfo. Lo sceneggiatore Peter Briggs creo una stesura originale, basata sulla prima serie di fumetti, già nel 1990. Nel 1991 la cosa suscitò l’interesse della 20th Century Fox, che possedeva i diritti sul franchising, anche se poi non ne fecerò nulla fino al 2002. Il progetto fu rimandato principalmente perchè la 20th Century Fox stava già lavorando ad Alien: Resurrection. Una bozza realizzata da James DeMonaco e Kevin Fox fu rifiutata dal produttore John Davis, che sperava di dare al film una svolta originale, ambientandolo sul nostro pianeta.

Dato che c’erano ben 6 produttori coinvolti nel franchising dei film, Davis si trovava in difficoltà a gestire la presenza delle due creature in contemporanea. Paul W. S. Anderson mostrò a Davis una storia alla quale stava lavorando da 8 anni e gli mostrò delle concept art create da Randy Bowen. Impressionato dall’idea di Anderson, Davis paragonò la storia a quella di Jaws (Lo Squalo) “ti trascinava dentro, dentro alla storia”. Anderson cominciò a lavorare al film subito dopo aver terminato la stesura del copione di Resident Evil: Apocalypse, avendo come co-sceneggiatore Shane Salerno, il quale seguì il film fino alla fase finale.

Ma com’è il film ? Se non avessi letto il fumetto (e se quindi non avessi avuto delle grandi aspettative) potrei dire “non male”.

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Ma…. ho letto il fumetto.

A mio parere il film è un po’ troppo “splatter” senza spaventare, senza essere un horror.
Dialogo pessimo.. ma perchè in una situazione come quella, i personaggi chiedono a Raoul Bova di fare le traduzioni in Italiano?
Vi ricordate il primo film di Predator ? Frasi come “non ho tempo per sanguinare” sono rimaste nella storia (almeno in quella di noi nerd).
Citereste mai frasi da questo film ? “La luna del cacciatore” ? mah…
Vogliamo parlare di Raoul Bova? No.
Vogliamo parlare del personaggio di Ewen Bremner ? Appena tira fuori la foto della famigliola, si capisce già che morirà (se fossimo nell’universo di Star Trek, avrebbe addosso la maglia rossa).
Vogliamo parlare del personaggio di Sanaa Lathan – Alexa, la protagonista ? Piatto.
Per riassumere.. non ci si affeziona a nessuno dei protagonisti.

Qualche critica da fare anche sulle scene di combattimento, spesso tagliate e montate in modo da risultare troppo veloci per essere comprensibili (nota dolente di molti altri film di azione) ed anche sulla illuminazione dei set: “creatura nera che combatte contro altra creatura nera, nel buio”.

Anche le due creature sono state “alienate” (HA HA HA..) : da quando Predator si mette a difesa degli umani? Pur essendo di allineamento (D&D aiutami) legale malvagio, dovrebbe considerare gli umani come insetti, ignorarli. Ma no, andiamo verso il tramonto, mano nella mano, con l’eroina del film. Batman e Robin ? No, dai.
Almeno nel fumetto il Predator non uccide gli umani perchè lo aiutano, lo salvano, lo curano e lo accompagnano ad uccidere gli Xenomorfi.
Anche il ciclo vitale di quest’ultimi è stato rivisto: da chestburster a drone in 40 secondi. Complimenti per lo sviluppo! Ah, per completare il paragone con D&D, Alien è caotico malvagio.

In sintesi, film d’azione per teenagers.
Per tirarvi su il morale, allego qualche immagine del fumetto.
I disegni non sono il massimo (ho visto di meglio) ma la storia ed i dialoghi sono molto più avvicenti: l’inizio del fumetto è un dialogo fra due piloti sulla forza della natura, alternate da immagini della regina che depone le uova, con un paragone (non voluto) fra il cobra (Alien) e la mangusta (Predator).
Buona visione!

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Ma ora passiamo al lato divertente di questo eterno conflitto tra razze aliene, dando un occhio al nostro articolo successivo.

Diventare un supereroe grazie alla cover del cellulare

Un gesto apparentemente banale e comune mi ha catapultato in una dimensione completamente differente, finora vista solo nell’universo fantastico dei fumetti.

panties-PhoneMa procediamo con ordine: possedevo un’anonima ma elegante cover per cellulare a libro; dopo soli 3 mesi di utilizzo, hanno cominciato a vedersi i primi evidenti segni di usura. Ho deciso così di cercarne un’altra magari più semplice ma più durevole, tipo quelle in silicone.

Spulciando su un noto sito di acquisti online, mi sono imbattuto in questa cover piuttosto accattivante, che prometteva un’ottima protezione al telefono; il design è un po’ grezzo, proprio come piace a me, quindi decisi di acquistarla e di fare una prova.

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La cover appena uscita dalle fabbriche della Waggonfabrik Wegmann; se fossimo nella Germania nazista, questa cover sarebbe definita una Wunderwaffe

Appena arrivata mi ritrovai le capacità mentali sotto test (evidentemente per essere un supereroe non è sufficiente essere forti o ben equipaggiati, bisogna anche essere scaltri dopotutto da grandi poteri derivano grandi responsabilità): la cover infatti è chiusa con 6 viti; la chiave a brugola per tali viti è inclusa nella confezione, ma sigillata all’interno della cover stessa.
Superato il primo ostacolo con una chiave a brugola che tengo per i lavoretti di casa, noto che la cover ha uno chassis in lega di duranio e vibranio, con ammortizzatori inerziali disposti tutt’intorno all’alloggiamento per il telefono. Procedo quindi all’inserimento del cellulare nel proprio alloggiamento e sigillo la struttura.

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Dettaglio della struttura con tutti i suoi componenti

Cover4 Cover3Le due settimane successive le ho passate in palestra ad allenarmi, poichè il peso complessivo della cover con il telefono mi impediva di riuscire a sollevarlo; dopo l’intenso allenamento sono finalmente riuscito a sviluppare una forza tale da permettermi l’utilizzo dello strumento.

Giulivo e contento di poter finalmente mostrare al mondo il mio nuovo acquisto, mi infilo il telefono nella tasca dei pantaloni provocando la trasformazione del mio costume da supereroe: come superman infatti mostra fieramente le proprie mutande sopra i pantaloni, io mi sono ritrovato le mie di mutante esposte al pubblico, poichè a causa del peso dell’arnese i pantaloni mi erano scivolati alle caviglie.

A destra il noto supereroe, a sinistra io che cerco di imitare involontariamente il suo costume

A destra il noto supereroe, a sinistra io che cerco di imitare involontariamente il suo costume

Graffettati i pantaloni alla vita, finalmente esco in strada; durante l’attraversamento di una di esse, noto l’autista di un autoarticolato distrarsi e minacciare di investire me ed altri passanti: istintivamente lancio contro il mezzo il primo oggetto che ho tra le mani, che risulta essere proprio il cellulare. La corazza polarizzata della cover consente al telefono di perforare facilmente il radiatore del trattore stradale piantandosi nel centro del blocco motore, provocandone così la completa rottura ed il conseguente arresto immediato del veicolo, impedendo quindi che qualcuno potesse essere investito dal mezzo.
Recuperato il telefono dai rottami, noto con piacere che la cover non ha subito il minimo graffio dall’impatto appena subito.

Il telefono no, ma questo è ciò che è successo alla motrice del camion a causa dell'impatto

Il telefono no, ma questo è ciò che è successo alla motrice del camion a causa dell’impatto

.. e la mia mente inizia a fantasticare con visioni di me protetto dalla cover utilizzata come fosse uno scudo così da difendermi dai proiettili sparati da incauti criminali che a breve saranno messi fuori combattimento da un colpo di cellulare sulla faccia.

L'ultimo capoverso è una menzogna: in realtà fantasticavo su questo

L’ultimo capoverso è una menzogna: in realtà fantasticavo su questo

..comunque un paio di mutande così dovrei comprarmele, almeno darei un senso alla cover acquistata

..comunque un paio di mutande così dovrei comprarmele, almeno darei un senso alla cover acquistata

 

Per chi fosse interessato a visionare l’articolo, un paio di link per i più comuni cellulari del  momento:

Samsung Galaxy S7

iPhone 6 Plus

Huawei Mate 8

LG G3

Sony Xperia Z3

HTC One A9

Fangs 1.07

Dopo aver pubblicato la sesta parte, continuiamo con la traduzione di Fangs.

1.07: It’s a Kind of Magic

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Fine capitolo 7.. ci vediamo dopo le ferie!

Copyright Lee Hutchinson © 2016. Some rights reserved. Elite: Dangerous and its associated names, brandings, and logos are the property of Frontier Developments and are utilized under its Non-Commercial license.

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Dopo aver pubblicato la quinta parte, continuiamo con la traduzione di Fangs.

1.06: Call of Booty

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Fine capitolo 6.. alla prossima settimana!

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Dopo aver pubblicato la quarta parte, continuiamo con la traduzione di Fangs.

1.05: Why Does Rice Play Texas?

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Volete vedere una versione animata di questo fumetto realizzata da RadLock Recursion? :

Fine capitolo 5.. alla prossima settimana!

Copyright Lee Hutchinson © 2016. Some rights reserved. Elite: Dangerous and its associated names, brandings, and logos are the property of Frontier Developments and are utilized under its Non-Commercial license.

Fangs 1.04

Dopo aver pubblicato la terza parte, continuiamo con la traduzione di Fangs, fumetto dedicato al nostro simulatore spaziale preferito: Elite Dangerous.
Questo fumetto, il cui autore è Lee Hutchinson, è pubblicato sotto licenza Creative Commons (Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale)

1.04: Stop Or You’ll Go Blind

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Fine capitolo 4.. alla prossima settimana!
Copyright Lee Hutchinson © 2016. Some rights reserved. Elite: Dangerous and its associated names, brandings, and logos are the property of Frontier Developments and are utilized under its Non-Commercial license.

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Dopo aver pubblicato la seconda parte, continuiamo con la traduzione del fumetto Fangs, dedicato al nostro simulatore spaziale preferito: Elite Dangerous, un fumetto noir realizzato da Lee Hutchinson.
Questo fumetto, il cui autore è appunto Lee Hutchinson, è pubblicato sotto licenza Creative Commons (Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale)

1.3: One For Sorrow, Two For Joy

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Fine capitolo 3.. alla prossima settimana!

Copyright Lee Hutchinson © 2016. Some rights reserved. Elite: Dangerous and its associated names, brandings, and logos are the property of Frontier Developments and are utilized under its Non-Commercial license.

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Benvenuti Commanders.
Dopo aver pubblicato la prima parte, continuiamo con la traduzione del fumetto Fangs, dedicato al nostro simulatore spaziale preferito: Elite Dangerous, fumetto noir realizzato da Lee Hutchinson.
Questo fumetto, il cui autore è appunto Lee Hutchinson, è pubblicato sotto licenza Creative Commons (Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale)

[NdR.: abbiamo lasciato volutamente il titolo in originale poiché riteniamo che ogni opera debba mantenere il nome con cui è stata creata e perché crediamo che la traduzione non ne avrebbe reso al meglio il senso…]

1.02: You Keep What You Kill

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Fine capitolo 2.. alla prossima settimana!

Copyright Lee Hutchinson © 2016. Some rights reserved. Elite: Dangerous and its associated names, brandings, and logos are the property of Frontier Developments and are utilized under its Non-Commercial license.

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Benvenuti Commanders.
Da oggi cominciamo una serie di articoli che dedicheremo alla traduzione di un fumetto dedicato al nostro simulatore spaziale preferito: Elite Dangerous. Tempo fa vi avevamo parlato del grandioso fumetto noir realizzato da Lee Hutchinson e così, dopo aver chiesto la sua approvazione alla pubblicazione in Italiano, lo abbiamo tradotto e ve lo proporremo con cadenza settimanale. Vi ricordiamo che questo fumetto, il cui autore è appunto Lee Hutchinson, è pubblicato sotto licenza Creative Commons (Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale)

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Ma andiamo con ordine ed ecco a voi il primo capitolo. [NdR.: abbiamo lasciato volutamente il titolo in originale poiché riteniamo che ogni opera debba mantenere il nome con cui è stata creata e perché crediamo che la traduzione non ne avrebbe reso al meglio il senso…]

1.01: Aces High

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Fine capitolo 1.. alla prossima settimana!

Copyright Lee Hutchinson © 2016. Some rights reserved. Elite: Dangerous and its associated names, brandings, and logos are the property of Frontier Developments and are utilized under its Non-Commercial license.

Cartoomics 2016 – fiera Rho-Milano

Nella giornata di ieri, si è concluso il Cartoomics 2016 a Milano: ovvero la rassegna dedicata al divertimento basato su fumetti, giochi, cinema e tanto altro.

Ormai si tratta di un evento storico che sta arrivando ai fasti di Lucca Comics. La fiera ha preso piede nei padiglioni di Rho-Fiera.

cartoomics-2016-posterOspite d’eccezione è stato Milo Manara, a cui è stato consegnato il Cartoomics Artists Award nel corso di un incontro con il pubblico, sabato 12 marzo. Per l’occasione, Manara consegnerà a Bona un’illustrazione ispirata a Star Wars che il direttore di WOW Spazio Fumetto esporrà successivamente nella mostra “Star Wars dal fumetto al cinema…e ritorno!” che sarà inaugurata il 19 marzo 2016.

sbam_milomanara-cartoomics3-750x400Novità assoluta era quest’anno il VideogameShow, evento dedicato al mondo dei videogames e degli youtubers.

Il centro dell’attenzione era ovviamente per i fumetti ma non sono mancate aree dedicate a Giochi da tavolo, cosplay, videogame e cinema… Per quanto ci riguarda ovviamente l’attenzione è per l’area fantascienza. Gli appassionati di Star Wars, Star Trek, DoctorWho hanno ritrovato i vari gruppi ufficiali italiani, ormai ospiti abituali dell’evento milanese dedicato al mondo dei comics, ma anche spazi dedicati all’editoria legata al mondo della fantascienza. Attesissimo è stato anche il debutto di una nuova area dedicata alla serie sempre più cult, DoctorWho, con un tardis a grandezza naturale in cui vivere l’ebbrezza di un salto tempo-dimensionale in piena regola.

I nostri “inviati” sul posto ci stanno inviando un po’ di foto dell’evento appena trascorso che condivideremo con voi in questo post appena possibile… qui di seguito…

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NetCityShop

“Se una notte d’inverno un viaggiatore” è il titolo di un famoso romanzo di Italo Calvino, pubblicato nel 1979. L’opera è una riflessione sulle molteplici possibilità offerte dalla letteratura e sulla impossibilità di giungere a una conoscenza della realtà. Parallelamente, si potrebbe trasportare questa riflessione anche nel più circoscritto mondo reale che ci contorna : non riusciremo mai ad avere una conoscenza della realtà univoca, troppi sono gli elementi che ci circondano, ci influenzano e ci distraggono. Così, è possibile che la nostra visione della realtà sia sopraffatta dalla memoria o, a volte per pigrizia, dalle più familiari consuetudini.
Trasporto questo mia riflessione alla mia città natale, Terni, dove trovare qualcosa al di fuori dell’ordinario è già una esperienza che sfiora il mistico. Abituato quindi al suo tran-tran “standard”, è stato soprendente per me imbattermi, nella sua piccola realtà cittadina, nel negozio NetCity.

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Ecco alcune foto del vastissimo assortimento:

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NetCityShop esiste dal 2001, ma è stato rilevato a Giugno 2015 dagli attuali proprietari.

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La tuta di Actarus è in realtà una tuta da moto. Incredibile!

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Lo riconoscete il casco nella vetrina ?

I caschi che vedete nelle foto, sono stati realizzati su commissione da un loro artista, una produzione artigianale di altissima qualità.

 

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E questo “oggettino”, lasciatemelo dire, avrei tanto voluto portarmelo a casa..

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Il titolare, Alberto, con in mano uno dei caschi più desiderati..

Sono molti i servizi, oltre alla vendita, offerti da NetCityShop. Per aiutare tutti i cosplayers, ad esempio, hanno contatti con una sarta specializzata, sia per la realizzazione completa dei costumi, sia per la sistemazione. Possono realizzare anche peluche su misura a tema. Inoltre sono in grado di offrire un servizio di progettazione e realizzazione di teche per blaster e prop, oltre a vetrinette per collezionisti.

Uno dei servizi che mi ha maggiormente interessato è lo “scouting” di oggetti da collezione su Internet, ovvero NetCityShop si può occupare di ricercare, esaminare e consigliare per l’acquisto, tramite internet, di articoli da collezione e/o prop e articoli per cosplayers.

Ho avuto la fortuna di incontrarli e conoscerli durante il periodo natalizio, subito dopo l’uscita di Episodio VII, del quale abbiamo discusso nei minimi particolari e ne ho approfittato per fare qualche piccolo regalo di Natale.

Il negozio è anche online : www.netcityonline.com

Su Facebook : https://www.facebook.com/netcityshopterni

Su ebay: http://stores.ebay.it/NetcityShop-Terni

Vedere tanta passione e disponibilità nel proprio lavoro, in un settore che nella realtà di Terni, ha sempre faticato a decollare, è stato come vedere un faro nella notte, cogliendomi veramente di sorpresa.
A presto!

Fangs – il web-fumetto noir di Lee Hutchinson, ispirato ad ED

Welcome Commanders,
oggi vi parliamo ancora di Elite: Dangerous (strano eh ?) ma in una forma particolare, ovvero ci avviciniamo al lavoro di un appassionato fan di Elite, Lee Hutchinson, che ha creato un fumetto “noir” basato sulle schermate del gioco con l’inserimento di didascalie.

Lee, che abbiamo contattato prima di scrivere questo articolo, vive ad Houston e ci ha parlato di sè e di come è nato il fumetto: (*you can find the orginal letter below in this articles…)

“Ciao Mike e Alex, grazie per i vostri complimenti, sono contento che vi piaccia Fangs (ovvero : zanne N.d.T.)!
Faccio il senior editor presso Ars Technica (http://arstechnica.com ; http://arstechnica.com/author/lee-hutchinson/ un sito che si occupa di tecnologia, facente parte del gruppo Conde Nast. Prima di lavorare in Ars ero nell’informatica aerospaziale e di impresa (ho lavorato per dieci anni alla Boeing, appena uscito dal college nel 2000). Ma più che ogni altra cosa, sono un video-giocatore accanito da quando avevo 6 anni. Amavo la prima versione di Elite, da me giocata nella sua versione originale, probabilmente per la prima volta nel 1987, quando è stata rilasciata per MS-DOS quì negli USA.

Ho iniziato ad scrivere “Fangs” quasi per ridere – c’era un post nel subreddit di Elite Dangerous Reddit dell’utente /u/Vallkyrie, aveva preso uno screenshot di Elite e lo aveva processato fino a farlo diventare simile ad una illustrazione line-art in bianco e nero alla “2000AD“, e ho pensato che sarebbe stata perfetta con un paio di didascalie in stile “noir” (ecco il post originale).
Mi piacque come il tutto stava assieme.. e dato che avevo già disponibile una quantità di screenshot ad alta risoluzione per la mia recensione di Elite Dangerous, e così ho provato a creare, per gioco, un breve fumetto con essi – solo pochi riquadri, senza una vera storia, ma pieni di tono e atmosfera.

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Gli user di Reddit e dei forum di E:D ne furono però entusiasti, così misi in piedi velocemente un sito web, preparai altri pannelli – e fu allora che realizzai quanto mi piaceva fare questi fumetti, anche se richiedono molto tempo e lavoro.
Il primo “libro” di Fangs è composto dalle parti 1-10, sono tutte storie non connesse fra di loro. Con il secondo “libro”, che ho iniziato giusto un paio di settimane fa, racconterò una storia un po’ più “tradizionale”, con dei veri personaggi e una trama di fondo – una storia d’amore, difatti – anche se sto cercando di renderla il più realistica possibile, senza drammi fuori luogo o banalità di tipo cinematografico. Solo due persone normali, che si amano, anche se vivono e lavorano nello spazio.
Sono felice che il fumetto vi sia piaciuto e spero che vi piacerà anche il secondo libro, man mano che ne pubblicherò i pezzi. Grazie!”

 

Aspettiamo quindi che escano nuovi pannelli del fumetto di Lee, che potete trovare a questo indirizzo: https://fangs.ink/

Thanks to you Lee, we will be looking forward to updates to your comic. Fly safely in Elite: Dangerous!

 

*This is the original letter we received from Lee:

Hi, Mike & Alex—

Thank you for the kind words! I’m glad that you enjoy Fangs 🙂 Please feel free to write whatever you’d like.

I’m a sr editor at Ars Technica (http://arstechnica.com, http://arstechnica.com/author/lee-hutchinson/), a technology news site owned by Conde Nast. My background before Ars is in aerospace and enterprise IT (I worked at Boeing for about ten years when I got out of college in 2000). More than anything else, though, I’m a die-hard PC gamer and have been since I was about six years old. I loved the original Elite and played the original version for the first tiem probably in 1987, when it was released for MS-DOS here in the US.

I started doing “Fangs” almost as a joke—there was a post by /u/Vallkyrie on the Elite Dangerous subreddit where he took an Elite screenshot and filtered it to look like almost a 2000AD-style black and white line art image, and I thought it would be perfect for a few noir-style captions (post is here: https://www.reddit.com/r/EliteDangerous/comments/2zdqgi/took_a_screenshot_of_my_ship_at_dock_played_with/ ). I liked how the images looked with captions, and I’d taken a bunch of 4k screenshots myself when writing my full Elite Dangerous review, and so I decided to try to make a silly little nonsense comic out of them—just a few frames, no real story, but heavy on atmosphere and tone.

Reddit and the E:D forums really liked it, though, and so I made a quick web site and did a few more—and then I found out that I really liked doing the comics, even though they’re a lot of work.

The first “book” of Fangs is parts 1-10, and it’s all individual unconnected stories. With book 2, which I just started a couple of weeks ago, I’m going to tell more of a traditional story, with real characters and an overarching plot—a romance, in fact, though I’m trying to make it as realistic as possible, without crazy drama and movie-style cliches. Just two normal people in love with each other (even though they happen to live and work in space).

Glad you guys like the comic, and I hope you enjoy book 2 as I publish more pieces of it. Thanks again 🙂

Il libro è meglio!

Il libro è meglio!

.. tipica espressione che proferisce colui che termina la visione di un film tratto da un romanzo che ha già letto; chi è come me, a tale frase fa seguire un trituramento di gonadi per tutti coloro che sono a portata di voce (io generalmente mi aiuto con un megafono) spiegando per filo e per segno tutte le differenze tra il film ed il romanzo da cui è stato ispirato. Una volta, in assenza di persone, mi sono accontentato del gatto dei vicini che ho costretto ad ascoltare il mio monologo di 244 minuti sul film Sfera, tratto dall’omonimo romanzo di Crichton (per chi non lo sapesse, film e romanzo in questione differiscono l’uno dall’altro per due soli, insignificanti dettagli): preciso che mi sono interrotto nell’esporre le mie argomentazioni solo perchè bloccato da due nerboruti volontari della Protezione Animali, che mi hanno sedato a suon di sprangate sulle gengive al fine di salvare un povero gatto che si porta dietro i segni indelebili di quell’esperienza.

Il gatto dei vicini, dopo avermi dovuto ascoltare

Il gatto dei vicini, dopo avermi dovuto ascoltare

Durante il periodo di detenzione ho riflettuto (sono più stato costretto a farlo) sul perchè, salvo eccezioni, i film differiscano molto dalla storia cartacea da cui sono ispirati, ma..

COLPO DI SCENA

.. non è questo l’argomento di cui parlerò in questo articolo, bensì un suo derivato, cioè: è possibile apprezzare maggiormente un film ispirato da un romanzo da cui differisce in modo consistente, proprio perchè si è letta la fonte di ispirazione?

Ebbene sì, mi sono accorto di aver gradito di più alcuni film, proprio perchè avevo letto il romanzo da cui essi erano stati tratti; in questo articolo ne analizzerò quattro come esempio (tutti ovviamente di fantascienza, sia per la natura del blog, sia perchè sono la mia passione):

– film: STARSHIP TROOPERS; romanzo: FANTERIA DELLO SPAZIO

Starship_Troopers_-_movie_poster

Il film è un mediocre lungometraggio d’azione, che narra la storia di Johnny Rico che si arruola nel fantomatico corpo dell’esercito e combatte contro degli insetti alieni; il romanzo è invece più incentrato a muovere una critica alla società americana, descrivendo la società del futuro attraverso la vita del protagonista, che si arruola e decide di proseguire la carriera militare nella Fanteria Mobile. Avendo letto il romanzo, diviene più evidente la società in cui si muovono i personaggi del film, che viene perfettamente rispettata e per cui il libro diviene complementare al film, una sorta di approfondimento su ciò; inoltre la critica alla società americana viene mantenuta e personalizzata dal regista Paul Verhoeven ed anch’essa risaltata dalla lettura del romanzo a cui fa riferimento il film. Sia nel romanzo che nel film, all’inizio il protagonista non condivide gli ideali della società di cui fa parte, ma crescendo a livello personale all’interno della Fanteria Mobile impara a capirla ed apprezzarla.
[CMDR Nijal: action movie sicuramente apprezzabile, bello denso di testosterone. E in più non dimentichiamoci che c’è lei.. Denise Richards.]
Denise-Richards-Kiss

 

– film e romanzo: IO SONO LEGGENDA

Io sono leggenda

Un virus trasforma gli esseri umani in vampiri; Neville, il personaggio protagonista, si ritrova ad essere l’unico superstite dell’epidemia. Questa a grandi linee la trama tanto del romanzo quanto del film, ma le accomunanze terminano qui: il protagonista del romanzo addirittura è praticamente l’opposto rispetto a quello del film, a cominciare dall’aspetto fisico (uno è biondo con gli occhi azzurri, l’altro è nero) e procedendo col carattere, la metodicità con cui affrontano la quotidianità e concludendo con la cultura accademica.

Robert Neville: biondo, occhi azzurri.. vabbè come non detto

Robert Neville: biondo, occhi azzurri.. vabbè come non detto

Completamente assenti nel libro, ma estremamente apprezzate nel film, sono le scene in cui il protagonista si costruisce una vita sociale utilizzando dei manichini per simulare la vita quotidiana con altre persone, che lasciano trasparire l’umanità del personaggio ed il disagio che vive nella situazione in cui si trova, mentre porta avanti il suo obiettivo di trovare una cura per il virus nonostante il grande sacrificio che esso gli impone. Per quanto romanzo e film siano estremamente differenti, molto apprezzati nel film sono dei dettagli che richiamano ed omaggiano il libro:
– mentre il protagonista è in casa, si sentono di sottofondo dei brani di musica classica: sono i medesimi citati nel libro, che il protagonista del romanzo ascolta la notte a tutto volume al fine di coprire le grida dei vampiri che assediano la sua dimora;
– nonostante non si veda bere il protagonista del film, in alcune scene si può notare la presenza di una bottiglia di whiskey: questo perchè il protagonista del romanzo è solito ubriacarsi nei periodi di depressione;
– nel film, mentre il protagonista studia una vampira che ha catturato per testare la cura che sta sviluppando, ci si ritrova ad osservare la scena da un’angolatura insolita, che mette in primo piano il seno della vampira: nonostante il corpo della vampira sia coperto da una maglietta, quindi non si scorgono nudità, la scena appare in qualcue modo “perversa”;

Neville fa il porcello con il soggetto sotto analisi

Neville fa il porcello con il soggetto sotto analisi

nel libro, il protagonista cattura diversi soggetti per studiarli, tutti di sesso femminile e in tutti si sofferma a rimirarne il corpo con desiderio, per poi farsi dei discorsi da solo sulla moralità di ciò che sta facendo e dandosi del pervertito da solo; trovo meraviglioso come una singola scena del film riesca a rappresentare perfettamente questo aspetto, che diviene ovviamente lampante se si è letto il romanzo.

– film: BLADE RUNNER; romanzo: Ma gli Androidi Sognano Pecore Elettriche?

Blade_Runner_poster

Un bellissimo film, la cui trama è prevalentemente incentrata sul protagonista Deckard, un ex-cacciatore di replicanti che viene ingaggiato per ritirarne sei che sono fuggiti dalle colonie extra-mondo, concludendosi [SPOILER] col dubbio che il protagonista possa essere anch’esso un replicante [FINE SPOILER]. Meravigliose le ambientazioni, con la luce del sole perennemente oscurata e la pioggia che cade incessantemente, che il romanzo ci spiega essere il risultato delle guerre nucleari degli anni precedenti che hanno definitivamente rovinato la Terra, oscurando il sole con le polveri radioattive che cadono costantemente sulla superficie come piogge acide, provocando l’estinzione di quasi tutte le specie viventi del pianeta. I più abbienti sono emigrati nelle colonie extra-mondo, altri pianeti colonizzati: di questi fatti il film ci informa attraverso la pubblicità presente nei video proiettati in giro per le strade, sulle facciate dei palazzi. Ruolo molto importante lo ricopre il Voight-Kampff, un test utilizzato per riconoscere i replicanti dagli esseri umani, misurando la risposta emotiva del soggetto sotto esame; proprio l’emotività diviene il fulcro attorno a cui ruotano gran parte delle tematiche del romanzo, per cui i personaggi dell’ambientazione cercano in tutti i modi, anche arrivando ad indebitarsi, di possedere animali (solitamente replicanti, a causa dell’estinzione di quasi tutte le specie animali) e da cui scaturisce poi il titolo del romanzo che interroga il lettore sull’emotività che potrebbe avere un essere artificiale quale un androide e conseguentemente sulla natura dell’essere umano in quanto essere pensante e dotato di emozioni. Questa tematica è rappresentata dal film seppur in modo più superficiale, ma in perfetta armonia con lo stile del libro.

[CMDR Wolf974: hai citato uno dei miei film preferiti in assoluto: è anche grazie a questo film che amo la Fantascienza! Film che non può mancare nella propria cineteca! Appena sarà possibile ci ripromettiamo di dargli maggior spazio in un articolo tutto suo. Anche se forse nemmeno un saggio dedicato basterebbe…]

– film: BRAZIL; romanzo: 1984

Brazil poster

Il film Brazil non è realmente tratto dal romanzo scritto da Orwell: da esso differisce per tutto, dai personaggi alle vicende; con il romanzo però condivide parte dell’ambientazione, in cui la società opprime e denatura i propri cittadini privandoli proprio della loro umanità, utilizzandoli come fossero componenti sostituibili di un macchinario: coloro che non si conformano a questo sistema vengono inesorabilmente e spietatamente eliminati. Il film è grottesco e, nonostante la sua drammaticità, riesce a divertire e strappare delle risate, mentre mostra una società dove la burocrazia fa da padrona e soffoca le persone (in una scena molto simbolica ciò avviene anche letteralmente). La caricatura con la nostra società dove diviene importante la carriera lavorativa, l’aspetto fisico e l’atteggiarsi andando in luoghi e ricevimenti “in” è lampante; salvo pochissimi “outsiders” le persone scelgono di uniformarsi a questo stile di vita e coloro che non lo fanno, inevitabilmente spariscono: i protagonisti sia del film che del romanzo lottano e cercano di ribellarsi al sistema (non sono eroi d’azione, non lo fanno quindi in modo violento) e questo aspetto accomuna sia la storia cartacea che quella su celluloide.

al chirurgo plastico per un intervento di lifting al viso per apparire più giovane.. da innamorarsene

al chirurgo plastico per un intervento di lifting al viso per apparire più giovane.. da innamorarsene

Ciò che rende ancora più bello il film è il finale che, a seconda che si sia letto o meno il romanzo 1984, viene interpretato come lieto oppure come drammatico. Il mio suggerimento, nel caso non abbiate ancora nè visto il film nè letto il romanzo, è quindi quello di guardarsi il film, leggersi il romanzo e quindi rivedersi il film e meravigliarsi di come l’interpetazione del finale possa essere radicalmente opposta.

Concludo quindi augurandovi una buona visione ed una buona lettura e auspicandomi che abbiate apprezzato l’invito a vedere film e romanzi come complementari tra loro, per apprezzarli e goderseli di più.

Star Wars – Guida popup alla galassia

Questa volta abbiamo deciso di fare una cosa diversa dal solito, ovvero una videorecensione di un libro.
Non è stato semplice (anche per noi Spacejokers ci sono le “prime volte”) ma ce l’abbiamo fatta e ci auguriamo che vi piaccia.

E per chi non crede che Han ha sparato per primo, ecco la versione originale del film

Nausicaa della Valle del vento [recensione]

Non è la prima volta che un anime fa la comparsa sul nostro blog… ma questa volta affrontiamo temi particolari che intrecciano fantascienza, ecologia e ambientazioni post apocalittiche… Vorrei parlarvi oggi di Nausicaä della Valle del vento… mi ha fatto pensare a questo grande film d’animazione l’articolo su Dune di ieri del “buon” CMDR Nijal (modestamente…) … ecco l’ambientazione di Nausicaa (per gli amici..) me lo ricorda molto… lo consiglio vivamente a tutti, grandi e piccoli, perchè è una grande lezione di vita!

Tornando all’anime, Nausicaä della Valle del vento è un film d’animazione del 1984 scritto e diretto da Hayao Miyazaki, tratto dal suo manga omonimo.

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Pur essendo una storia fantastica con ambientazione post apocalittica, ha accenti ambientalisti e, per questo, fu presentata dal WWF alla sua uscita nel 1984. Sebbene sia stato concepito prima della fondazione dello Studio Ghibli, il film è spesso considerato l’opera iniziale dello studio, anche se il realtà il primo film ufficiale targato Studio Ghibli sarà Laputa – Castello nel cielo, mentre il film a cui viene associato lo studio e da cui ha preso il logo è Il mio vicino Totoro.

Nausicaä della Valle del vento narra la storia di Nausicaä, giovane principessa della Valle del vento, che rimane coinvolta in uno scontro contro Tolmechia, un regno che cerca di riportare in funzione un’antica arma per spazzare via una giungla tossica popolata da insetti giganti. Nausicaä dovrà cercare di fermare i tolmechiani dall’irritare queste creature. Tutto questo dovrebbe far pensare molto chi di voi ha a cuore gli anime anni 70-80: chi non si ricorda di Conan il ragazzo del futuro? beh sappiate che Miyazaki creò e diresse questo anime per la TV nel lontano 1978. E in effetti le similitudini sono tante: sia per il character design, sià per l’ambientazione. Inoltre le scene iniziali di Conan ricordano molto quanto accadde alla popolazione della terra di Nausicaa.

In Italia il film è stato trasmesso in televisione il 6 gennaio 1987 su Rai 1 in una versione doppiata e divisa in quattro parti. Il 31 ottobre 2010 il film è stato presentato in versione originale sottotitolata con un nuovo adattamento all’interno del Festival del film di Roma e si dice che quest’anno verrà riproposto da Lucky Red con un nuovo doppiaggio italiano, anche se non è stato ancora ufficializzato se la distribuzione sarà anche cinematografica o esclusivamente per il mercato home video. Le voci si susseguono ma non vi è nulla ancora di ufficiale… le ultime notizie (qui) risalgono a gennaio ma a quanto pare sono in ritardo… Noi vi terremo come sempre informati. (n.d.r.: nel momento che vi scrivevamo non erano rese note le date, ma ora sappiamo le date ufficiali dell’uscita ad ottobre in Italia.. si veda qui!)

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Nel frattempo per chi vollesse farsi del male… ehm… saperne la trama, qui di seguito troverete tutti i dettagli… attenzione SPOILER!

La storia si svolge mille anni dopo i sette giorni del fuoco (abilmente illustrata da Myiazaki & Co.), una spaventosa guerra termonucleare che ha annientato la civiltà umana e buona parte dell’ecosistema terrestre originale. A causa della distruzione portata dai guerrieri invincibili, giganteschi automi biologici creati dall’uomo e dotati di armi a raggi termonucleari, l’intero pianeta è stato sconvolto e trasformato. (e anche qui i riferimenti a Conan, il ragazzo del futuro si susseguono). I pochi esseri umani superstiti vivono in due grandi regni — Tolmechia e Pejite — e in piccole enclave isolate, mentre gran parte del pianeta è ricoperta da una immensa foresta, la Giungla tossica, in cui vivono enormi e mostruosi insetti prodotti dal mutamento e piante che rilasciano nell’atmosfera spore velenose, minacciando la sopravvivenza degli insediamenti umani (a dire il vero è anche molto affascinante). La Giungla tossica si espande lentamente ma inesorabilmente e alcune enclave rimaste, come la Valle del vento, sopravvivono solo perché sopravento rispetto al flusso delle spore rilasciate dalle piante. In questa epoca la civiltà è regredita a una sorta di Medioevo, sebbene siano sopravvissuti retaggi tecnologici dell’antica civiltà (in particolare alcune macchine volanti e le armi da fuoco). Un’antica leggenda viene tramandata di generazione in generazione e parla di un condottiero vestito di azzurro che camminando su un cielo d’oro porterà l’umanità verso una terra pura e libera dai miasmi della Giungla tossica.

Nella Valle del vento vive Nausicaä, una ragazza determinata e coraggiosa, unica figlia del sovrano Jihl, amata e venerata dal suo popolo. Mentre gran parte degli uomini sopravvissuti alla catastrofe vive in un rapporto conflittuale con la nuova natura minacciosa, Nausicaä, forte del suo amore per ogni forma di vita, cerca di capire le cause del mutamento e la vera essenza della Giungla tossica. Al contrario di chi ritiene che la giungla possa essere combattuta e distrutta col fuoco, Nausicaä comprende che è possibile convivere con essa e che le piante sono rese velenose dall’inquinamento lasciato dall’uomo secoli prima con la guerra nucleare. Nel suo mini laboratorio segreto, infatti, Nausicaä è riuscita a coltivare piante e funghi della giungla del tutto inoffensivi per l’uomo, alimentandoli con acqua pura.

L’armonia della Valle viene tuttavia interrotta dall’improvviso arrivo di una nave volante che si schianta fra i campi dopo essere stata attaccata da insetti giganti. La nave — appartenente all’Impero di Tolmechia — trasporta numerosi prigionieri di guerra del Regno di Pejite e soprattutto uno strano ordigno che sembra vivente. In seguito a questo schianto giungono nella Valle altre navi di Tolmechia, stavolta cariche di soldati. I tolmechiani sono guidati dall’ambizioso Kurotowa che a sua volta obbedisce agli ordini della regina Kushana. Jihl viene ucciso e Nausicaä presa in ostaggio, mentre la popolazione viene precettata per servire Tolmechia nel recupero dell’ordigno. I cittadini della Valle scoprono quindi che i regni di Tolmechia e Pejite sono scesi in guerra l’uno contro l’altro per il possesso dell’ordigno che si rivela essere il cuore dell’ultimo guerriero invincibile (si veda foto in basso, i robottoni negli anime giapponesi la fanno sempre da padroni) rimasto, da cui le opposte fazioni sperano di poter far risorgere la mostruosa macchina vivente, per eliminare i loro nemici e distruggere la giungla. Nausicaä tenta invano di denunciare questa strategia suicida: facendo arrabbiare gli insetti, infatti, la Giungla tossica si espande e le città distrutte vengono rapidamente infestate dai funghi, diventando così inabitabili.

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Nausicaä, tratta in ostaggio insieme a un piccolo contingente di uomini della Valle, riesce a liberarsi durante un combattimento fra la flotta tolmechiana e un caccia di Pejite. Abbattuta, precipita nella Giungla tossica con il pilota pejitiano, che si rivela essere un giovane nobile, Asbel. Sprofondando nelle viscere della Giungla tossica i due scoprono che sotto le radici delle piante l’aria non è più mefitica e scorre acqua limpida: le piante infatti filtrano l’inquinamento causato dall’uomo per lasciare l’ambiente di nuovo pulito. Forti di questa scoperta i due tornano indietro per scongiurare il rischio che il guerriero invincibile venga usato per bruciare la giungla — con la conseguenza di vedere le sue spore diffuse in tutto il mondo dalle fiamme — ma devono constatare che Pejite, ridotta alla disperazione sotto l’attacco di Tolmechia, sta usando gli insetti come arma finale. E dunque che un’orda di mostri-tarlo (foto successiva, una specie di coleottero corazzato con occhi rivestiti in adamantio!) è stata indirizzata contro la Valle del vento, utilizzando come esca un cucciolo crudelmente ferito, perché spazzi via il cantiere tolmechiano dove il guerriero invincibile sta lentamente rigenerando a partire dal suo nucleo.

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Il guerriero invincibile, attivato anzitempo da Kushana, si autodistrugge nello sforzo di utilizzare le sue armi termonucleari contro l’orda di insetti, mentre Nausicaä, recuperato il cucciolo di mostro-tarlo, riesce a fermare l’attacco solo a prezzo della vita. Placati dal sacrificio della ragazza e dalla restituzione del loro cucciolo, i mostro-tarli si fermano e circondano Nausicaä esanime, iniziando a toccarla con i loro tentacoli e sollevandola in cielo. Nell’incredulità del popolo della Valle del vento e dei superstiti degli eserciti invasori, la ragazza riprende vita. La visione di Nausicaä con la veste tinta d’azzurro dal sangue del cucciolo di mostro-tarlo camminare su un tappeto di tentacoli color oro, fanno sì che il popolo riconosca in lei l’incarnazione del condottiero vestito di azzurro che cammina su un cielo d’oro dell’antico mito. L’esercito di Tolmechia si ritira in pace e i superstiti di Pejite si uniscono agli abitanti della Valle, mentre Nausicaä guida il suo popolo alla ricostruzione dalle distruzioni della guerra. Il sacrificio di Nausicaä e il compimento della profezia hanno indicato all’umanità una via di pace, comprensione reciproca e convivenza con la natura.

Alcune curiosità sulla produzione: Hayao Miyazaki debuttò come regista per il cinema nel 1979 con Lupin III – Il castello di Cagliostro, un film che si discostava parecchio dagli standard del franchise di Lupin III, ma che tuttavia risultò gradito alla critica, vincendo un Ofuji Noburo Award al Mainichi Film Concours di quell’anno. Dopo il successo del lungometraggio, Toshio Suzuki, all’epoca direttore di Animage, contattò Miyazaki e gli chiese di produrre delle opere per la compagnia. Tutte le idee del regista per dei film d’animazione vennero però respinte e Animage gli chiese di realizzare invece un manga, che sarebbe poi diventato Nausicaä della Valle del vento. Miyazaki cominciò a scrivere e a disegnare il manga nel 1982 e, visto il successo immediato, il proprietario di Animage e presidente della Tokuma Shoten chiese all’artista di trarne un film. Miyazaki accettò la proposta a certe condizioni: di sospendere il manga durante la realizzazione dell’eventuale anime e di dirigere personalmente il film, mantenendo un controllo totale sulla sua opera. Il 31 maggio 1983 iniziarono i lavori di pre-produzione del film. Miyazaki incorse in difficoltà nella stesura della sceneggiatura, con soli sedici capitoli del manga su cui poter lavorare. Egli si dedicò prevalentemente alla realizzazione dei disegni preparatori e al design del personaggio principale. La fase di animazione iniziò ad agosto, con una ventina di animatori assunti espressamente per il film e pagati a fotogrammi. Tra di essi vi era Hideaki Anno, che in futuro avrebbe diretto la celebre serie anime Neon Genesis Evangelion (e qui prima o poi un articolo è doveroso!) Takahata intanto incaricò il compositore sperimentale e minimalista Joe Hisaishi di scrivere la colonna sonora dell’opera. Il film uscì nelle sale giapponesi l’11 marzo 1984, dopo un periodo di produzione di appena nove mesi e un budget equivalente ad 1 milione di dollari.

Nausicaä della Valle del vento ha ricevuto una buona accoglienza da parte di critica e pubblico. Tra i fan ha ottenuto un vasto seguito, che gli ha permesso di mantenersi costantemente nelle prime posizioni delle top-ten giapponesi per due decenni dopo la sua uscita. Nel 2006 si classificò al 2º posto in un sondaggio sui migliori anime di sempre condotto su un campione di 80.000 fan giapponesi in occasione del decimo anniversario del Japan Media Arts Festival. È considerato uno dei migliori film animati nipponici di sempre e un’influenza importante nello sviluppo dell’animazione giapponese, dato che il successo del film permise la fondazione dello Studio Ghibli e di molti altri studi di animazione. Il lungometraggio ha segnato anche la prima collaborazione tra Miyazaki e Joe Hisaishi, artista che avrebbe in seguito composto la maggior parte delle colonne sonore dei film del regista. Si pensi che, fino all’uscita di Princess Mononoke (ndr. il mio preferito…), il nome di Hayao Miyazaki in Occidente era legato principalmente a Nausicaä. Il film venne elogiato in diversi modi: per essere riuscito a trasporre efficacemente il manga e per l’elevata qualità delle animazioni a fronte di un budget ristretto, rispetto, ad esempio, ai film della Disney; Per La narrazione, le cui ambientazioni composte da una commistione di elementi fantascientifici e medievali e di interrogativi ecologici, furono presentate a regola d’arte. venne definito come il film primo capolavoro di Miyazaki, con un mondo post apocalittico che, a differenza di altri scenari come Bubblegum Crisis o Neon Genesis Evangelion, è meno cinico. Nell’enciclopedia degli anime viene descritto come un film “superbamente assemblato ad ogni livello” e che nonostante le note “messianiche ed ambientaliste”, si mantiene un’opera ricca di “azione e di avventura”. Anime News Network ne ha apprezzato il character design, la direzione di Miyazaki e la colonna sonora di Joe Hisaishi, e viene affermato che Nausicaä “merita un posto in ogni lista di classici anime di tutti i tempi”. Paolo Mereghetti, nel suo Dizionario dei film, gli assegna tre stelle su quattro, lodandone la bellezza delle immagini “pur con qualche rigidità da cartoon nipponico”. Il sito Rotten Tomatoes riporta che l’83% dei critici hanno dato un giudizio favorevole al film, in base a 11 recensioni con una media voto di 7,8 su 10.

Molti critici hanno evidenziato come il film di Nausicaä sia stato un precursore per aver mostrato che gli anime e i cartoni animati in generale possono concentrarsi su problemi reali e di attualità, come ad esempio il degrado della natura e la necessità di una pacifica convivenza tra culture diverse. Questo se ci limitiamo a film d’animazione per il cinema… citavo prima Conan, il ragazzo del futuro dello stesso Myiazaki, che dimostra come l’idea non fu del tutto originale. Comunque sia, Nausicaä aiuta chi le sta vicino a comprendere e a rispettare la natura, rappresentata come benevola, spirituale e corroborante per coloro che vi entrano in pace. Altri temi prominenti nella storia sono l’antimilitarismo e il pacifismo, temi che saranno sempre cari al nostro amato regista e saranno sempre affronatati in quasi tutti i film a seguire. Nausicaä crede nel valore della vita indipendentemente dalle sue forme e attraverso le sue azioni riesce a prevenire lo scatenarsi di una guerra. Il film mostra una pluralità di parti in conflitto, ognuna delle quali richiama la sua visione del mondo. Proprio perchè il protagonista è in realtà la natura, la storia evita una giudizio morale in bianco e nero sui personaggi, ma ad ognuno — compresi gli insetti giganti — è data una motivazione e pari dignità: e per questo il “male” in senso assoluto viene quindi a mancare, sostituito dai concetti buddhisti di avarizia, ostilità e delusione. La paura è la forza che trascina il conflitto: paura della foresta tossica che genera cupidigia e rancore. Inoltre interessante notare come l’eroina Nausicaä rappresenti un classico esempio del femminismo tipico di Miyazaki… (in quasi tutte le sue opere è la donna al centro dell’attenzione…)

Dune [il romanzo]

Vi sono molti aspetti della vita che ci riportano, complice la memoria, irrimediabilmente ad altri.. un profumo, un tessuto, una pietanza (ad esempio le Madelaine di Proust).
Ho trascorso una settimana al mare.. e la sabbia mi ha riportato al romanzo (e alla saga successiva) di Dune (Frank Herbert).

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Il romanzo di Herbert (vincitore del premio Hugo 1965) è la storia della sfida (a sfondo ecologico) tra la dinastia Atreides e quella Harkonnen per il controllo del pianeta Arrakis, una landa desertica, unico luogo di produzione, raccolta e raffinazione del Melange (o Spezia), una preziosissima sostanza fondamentale per la struttura della società galattica per motivi che vengono descritti nel romanzo stesso e approfonditi nei libri successivi.
Tanto per capire di cosa stiamo parlando, di questo libro hanno detto:

Il puro piacere dell’invenzione e della narrazione ad altissimo livello. Isaac Asimov
Un mondo che nessuno ha ancora saputo ricreare con tale perfezione. James Cameron
Il meglio. Oltre ogni genere letterario e ogni epoca. Stephen King
Senza Dune, Guerre stellari non sarebbe mai esistito. George Lucas
Dune è parte integrante del mio universo fantastico. Steven Spielberg

..e scusate se è poco.

Per chi non ha letto il romanzo (adattato in film nel 1984, regia di David Lynch, prodotto da Dino De Laurentis) è difficile riassumere la trama; Dune ha la sua forza proprio nell’intreccio e nella costruzione dei rapporti fra Pianeti, Casate, personaggi principali e secondari, il tutto sullo sfondo di un pianeta-deserto, popolato da una tribù misteriosa (i Fremen).
Rimando quindi al link su wikipedia per la lettura della trama.

Stilisticamente, c’è una cosa che Herbert ha fatto meglio di chiunque altro: creare un intreccio continuo tra dialoghi e monologhi che sta a metà tra la partita a scacchi e il trattato di psicologia. Leggete il libro e fateci caso: ogni scambio di battute tra personaggi è inestricabilmente intrecciato con il flusso di pensieri dei dialoganti, che danno in tempo reale una meta-lettura di quello che stanno dicendo.

Passando al lato tematico, i critici considerano Dune il primo grande esempio di “fantascienza ecologica”. Quella che lavora sulle correlazioni tra cultura, attività umana e ambiente esterno. Un tipo di riflessione che oggi è attualissima. Nota bene, però: Herbert l’ha proposta in piena guerra fredda, quando la minaccia era la bomba atomica che spazza via tutto. Eppure lui già pensava in termini di ecosistema, immaginando come il ciclo di vita del verme delle sabbie e il mantenimento (o la modificazione) del suo habitat naturale potessero influire sullo sviluppo di civiltà che dal verme stesso traevano quello che serviva loro per prosperare (cioè la spezia, fonte al tempo stesso di cultura, di commercio e di mobilità).

Herbert usa la narrazione fantascientifica per esplorare complessi sistemi di idee riguardanti filosofia, religione, psicologia, politica ed ecologia. Si potrebbe riassumere affermando che la sua produzione rivela una particolare attenzione alla questione della sopravvivenza e dell’evoluzione umana.
I temi ricorrenti nei racconti e nei romanzi di Herbert possono essere riassunti schematicamente tramite alcuni punti chiave:
– Il concetto di governo, evidenziandone gli errori e i punti deboli: in special modo la tendenza schiavizzante degli esseri umani a seguire ciecamente leader carismatici.
– La necessità per l’uomo di dover pensare contemporaneamente in maniera sistematica anche nei riguardi di fenomeni a lungo termine.
– Le relazioni che intercorrono fra religione, politica e potere.
– Le possibilità relative all’espansione della coscienza e del subconscio umano.
– Le origini dell’equilibrio mentale e della follia. Herbert si interessò molto al lavoro di Thomas Szasz e dell”Anti-psichiatria”.
– Gli effetti e le conseguenze determinate dall’alterazione della coscienza per opera di agenti chimici. La ‘spezia” di Dune deriva da sperimentazioni di allucinogeni assunti in prima persona.
– L’influenza del linguaggio sulle percezioni. Herbert venne influenzato in modo particolare dal lavoro di Alfred Korzybski sulla ‘General Semantics”
– La sociobiologia come rapporto fra le predisposizioni genetiche, le percezioni primordiali e la società dell’educazione schematica.

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Vi lascio con una citazione dal romanzo, la litania Bene-Gesserit contro la paura.

“Non devo aver paura.
La paura uccide la mente.
La paura è piccola morte che porta con se l’annullamento totale.
Guarderò in faccia la mia paura, permetterò che mi calpesti e mi attraversi.
E quando sarà passata, aprirò il mio occhio interiore e ne scruterò il percorso.
Là dove andrà la paura non ci sarà più nulla.
Soltanto io ci sarò.”

La Guerra dei mondi (1938)

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Il 30 Ottobre 1938, il paesino agricolo di Grovers Mill, nel New Jersey, viene messo a ferro e fuoco da invasori alieni provenienti da Marte. La battaglia che ne segue vede la sconfitta delle truppe americane e gli invasori marciano su New York, con le loro “macchine infernali”. Centinaia di persone si gettano nel fiume Hudson per sfuggire dai gas velenosi e dai raggi incendiari delle macchine… dopo di che, il silenzio, rotto da un solitario radio-operatore CB che recita il suo richiamo :

2X2L chiama CQ
2X2L chiama CQ
2X2L chiama CQ New York
C’è qualcuno in ascolto ?
C’è qualcuno in ascolto ?
C’è nessuno ?
2X2L —

Si tratta ovviamente del dramma radiofonico “La guerra dei mondi”, interpretato da Orson Welles, tratto dall’omonimo romanzo di fantascienza di Herbert George Wells. Le reazioni, per una popolazione americana non fornita come oggi di mezzi di comunicazione quali il telefono cellulare o internet, furono immediate e terrificanti, le case si svuotarono, la gente affluì nelle chiese a pregare; un blackout elettrico nella zona, rese non disponibili le linee telefoniche tradizionali, rafforzando così la sensazione che qualcosa di grave stava accadendo realmente.

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I primi due terzi della trasmissione, della durata complessiva di un’ora, sono sotto forma di bollettini radiofonici, in diretta dalle località coinvolte.
Il finale è un monologo, recitato dal Professor Pierson (Orson Welles), che racconta come i Marziani siano caduti vittima degli agenti patogeni, quali il banale raffreddore, per il quale non avevano immunità.

Le cause principali del panico furono che, nonostante fosse stato annunciato preventivamente che la trasmissione della CBS fosse una drammatizzazione di un racconto, molti ascoltatori stavano ascoltando un’altra emittente, la NBC, e cambiarono canale durante un interludio musicale, perdendo così l’annuncio.

La chiave che Orson Welles utilizzò per rendere credibile quanto stava accadendo fu il mantenere il più possibile le trasmissioni provenienti dallo studio tecniche ed impersonali, come se i fatti che stavano accadendo fossero quasi normali, passando poi alle dirette in cui la folla veniva arsa viva dalle macchine invasori. La forza dello spettacolo radiofonico fu proprio di mantenere integra il più possibile, nella finzione, la propria struttura tecnica. Una volta che il pubblico in ascolto fu convinto (e stregato dalla propria immaginazione) al punto di non notare il cambio di passo e le transizioni fra studio e diretta, fu possibile far credere l’impossibile. Fra l’altro, da il momento in cui il i Marziani atterrano nel New Jersey, alla caduta della città di New York, passano solo quaranta minuti, nei quali vengono attraversate grandi distanze, vengono raccolte le truppe, il Consiglio di sicurezza si riunisce più di una volta, battaglie vengono combattute e perse, sia in cielo che terra.
Ma la gente lo accettò, se non logicamente, almeno con le loro emozioni.
Un’altro trucco radiofonico usato da Welles fu l’uso della musica, utilizzata come interruzione delle trasmissioni e prolungata in modo esasperato: lo stacchetto musicale dello studio, un solo di piano (con musiche di Debussy e Chopin) fu ripetuto varie volte, ottenendo un’effetto sinistro ed angosciante.

Certo, erano altri tempi, oggi saremmo tutti nel New Jersey a farci i “selfie” con l’iPhone, mentre gli invasori bruciano la folla con i loro raggi incendiari.

Speriamo che i marziani non facciano il vaccino anti-influenzale…

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