Nel profondo Tenebrae…

Data Stellare 20210107,

il nostro viaggio di esplorazione nella zona denominata, non a caso, Tenebrae (l’estremo braccio a est della galassia) continua..

Qui vi proponiamo i nostri ultimi video.

Qui CMDR Wolf974, bordo della sua Asp Explorer, alle prese con il recupero dell’Srv del comandante Nijal disperso in un crepaccio di un pianeta desolato…
Visto che eravamo sotto le feste natalizie perchè non fare a palle di neve spaziali? Vabbeh ancora non è possibile o magari lo sarà poi con Odyssey… per ora ci limitiamo a sgommare sulla neve e lanciarci in crepacci ghiacciati.
qui si riparte: direzione Ultimo avamposto! Ovvero l’ultima fleet carrier conosciuta della zona Tenebrae, dove poterci rifocillare e bere una cioccolata calda (e ovviamente vendere i dati di esplorazione)
E con questo ultimo (per ora) e poetico video, rifacciamo rotta verso gli estremi del braccio della galassia… per arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima!

Si riparte..

Il suono della sveglia mi richiama.. ancora una volta.. dal meritato riposo dopo anni di esplorazione.. ma forse è un sogno.. mi rigiro nel morbido abbraccio del criosonno.. ma il fastidioso ronzare continua.. Code 135. E’ ancora Wolf974.. forse dovrei metterlo nella lista dei numeri da ignorare?

Rispondo. (altrimenti Wolf974 mi spegne l’alimentazione del criosonno e ciaone!)

Nijal “…mm… sgrunt?”
Wolf974: “Carissimo ! Come butta?”
Nijal: “…zzo succede..?”
Wolf1974: “per caso ti disturbo?”
Nijal: “nooo, non mi disturbi affatto” (credici!)
Wolf974: “Dai, pantofolaio, esci dal criosonno! Svegliati! C’è una galassia da esplorare, la fuori..! Schiave orioniane tutte sole… “

A me lo dice.. dopo 2 anni di vagabondaggio.. (e neanche una schiava!) mi sparo in vena uno stimolante per velocizzare il risveglio..

Nijal: “Wolf, questo tuo entusiasmo è sospetto.. cosa hai in mente adesso?”
Wolf974: “..mah, niente di particolare, una piccola gita fuoriporta.. una manciata di anni luce.. Cosa vuoi che sia per noi vecchi lupi di mare!?”
Nijal: “………sii più specifico, grazie.”
Wolf974: “Beh, stavo pensando che vi sono zone inesplorate e misteriose che non abbiamo ancora visitato, tipo la zona oltre l’Hawking’s gap, le Tenebrae.”

Resto in silenzio. Stiamo parlando di più di 40.000 anni luce.

Nijal: “Praticamente dietro l’angolo… e poi… c’è il nulla laggiù!”
Wolf974: “Appunto! cosa c’è di meglio dell’ignoto? Mi sembra perfetto, sono felice che tu sia d’accordo. Ti do il tempo di ottimizzare l’FSD della tua ASP e poi partiamo. ( = sbrigati!) Chiudo.”

non ho neanche il tempo di insultarlo…

La zona che Wolf ed io andremo a visitare si chiama Tenebris, situata alla fine del Perseus Arm. Ecco una idea del tragitto, sperando che non sia di sola andata:

Lascio le frequenze aperte per ulteriori comunicazioni… (ovvero: presto faremo una chiamata ufficiale per una partecipazione collettiva alla spedizione, state sintonizzati!)

Il ritorno

Un Viaggio è sempre una scoperta, prima di luoghi nuovi è la scoperta di ciò che i luoghi nuovi fanno alla tua mente e al tuo cuore. Viaggiare è sempre, in qualche forma, esplorare se stessi.
(Stephen Littleword)

15 Gennaio 2016 – La spedizione Distant World parte con destinazione Beagle Point. C’eravamo anche noi.

24 Giugno 2016 – Dopo aver distrutto la mia ASP, sono ripartito alla volta di SAG A dove mi sono incontrato con CMDR Wolf974 di ritorno da Beagle Point.

18 Novembre 2016 – Faccio rifornimento a Jacques Station e riparto verso casa.

25 Ottobre 2019 – Torno finalmente nei pressi della civiltà.. beh civiltà.. una stazione indipendente, scavata all’interno di un asteroide, gestita dagli Outcast. Gente cordiale (sempre buongiorno e buonasera..), basta non far caso al cadavere gettato in un angolo e non guardare le statistiche del tasso di criminalità. La stazione si chiama Medusa’s Rock e si trova nella zona della Nebulosa Crescent.

Come si faceva a richiedere il docking ? Si entra a tutta velocità ? Ah no..

Ovviamente trovo un rottame nello slot di ingresso.. Qualche losco figuro è stato eliminato ? Incidente ? Gombloddo ? Mah..

E finalmente, dopo due anni e 11 mesi di vagabondaggio cosmico, la mia Eclipse tira il fiato. Mi dispiace un po’ rifarle la verniciatura.. ma come si dice “nà lavàda, nà sùgàda, la par n’anca duperàda..”. Mentre gli addetti si occupano della manutenzione (rubacchiando qualche oggetto di poco valore), mi preoccupo di vendere i dati cartografici. Peccato che la metà dei dati è andata persa con l’aggiornamento fatto da Frontier (e meno male che mi avevano assicurato che non avrei perso nulla..). Sarei sicuramente diventato Elite.. ma c’è tempo.

Finalmente la mia nave è tornata come nuova. Ne ho approfittato per aggiungere il nome ed il numero di matricola sulle fiancate.

E si riparte, destinazione le zone controllate dall’Impero. Dovrò fare un po’ di missioni per arrivare al grado di Barone, per potermi comprare… lo saprete prossimamente. CMDR Nijal, out. O7

La Terra piatta

Amate la Vita come io rispetto la Natura
Rispettate la Natura come io ho amato la Vita.

 

Breve prefazione: Il mio primo racconto, non so se ne seguiranno altri, i miei strumenti linguistici sono abbastanza limitati ma le idee non mancano. Il racconto è breve abbastanza per perderci solo 10 minuti di tempo, ovviamente Vi esorto a passarli su letture di opere di scrittori molto più titolati e dei quali io sono appassionato lettore. Ma se ho suscitato appena un po di curiosità allora forse non saranno 10 minuti persi e potrò vantarmi per averVi distratto da impieghi diversi per il tempo equivalente. Se poi sono perfino riuscito a stimolare dei dubbi e delle riflessioni allora sono felice di aver vinto anche il mio primo premio. Buona lettura.

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Gli Allarmi continuavano incessantemente a stridere nella plancia di comando tra nuvole di fumo e scintille di circuiti sovraccarichi. La vecchia nave multiruolo, in missione ufficiale d’esplorazione di remoti sistemi galattici, cadeva verso il terreno cercando di contrastare la velocità troppo elevata e limitando il più possibile gli eventuali danni da impatto sulla superficie del pianeta, ma l’attrito con l’eliosfera contribuiva a surriscaldare lo scafo oltre il limite di un rientro sicuro. Purtroppo le alternative si riducevano a una rotta di rientro molto angolata per ridurre gli effetti delle radiazioni della stella verso la cui gravità si erano ritrovati a combattere dopo l’ultimo salto iperdimensionale. Cercavano di farsi scudo con l’ombra meno calda del pianeta scoperto per una coincidenza fortuita, la cui orbita passava vicino alla nave e riduceva per quanto possibile il calore e le radiazioni emesse dall’astro infuocato. La correzione della traiettoria verso tale zona d’ombra era stata decisa in fretta poiché il computer di bordo non aveva fornito alternative oltre quella di bruciare nelle prossimità della superficie della stella, l’inversione di rotta era infatti impossibile, tuttavia lo scanner aveva fornito quella misteriosa piccola area meno calda che poteva essere raggiunta prima della inarrestabile fusione dello scafo.

Nel momento di maggior carico termico e meccanico e quando ormai quasi tutti i sensori esterni e le piccole appendici aerodinamiche erano state consumate dall’attrito e l’equipaggio si era ormai affidato alle preghiere, il termometro misurò una repentina inversione all’aumento termico delle corazze esterne. Furono tutti sorpresi per la scoperta della presenza di una qualche atmosfera su un pianeta così vicino alla sua stella da essere invisibile a qualsiasi radar. La nave continuò a frenare procedendo pesantemente, mentre la maggior parte dei sistemi continuavano a segnalare guasti intermittenti e gli allarmi a squillare all’unisono, questa volta la velocità finalmente ridotta lasciò intravedere una speranza di salvezza.

Più ci si avvicinava alla superficie e più i parametri miglioravano, fino al momento che le lingue di plasma infuocato, che avevano avvolto lo scafo e i sensori, erano scomparsi e permettevano di vedere grossolanamente l’aspetto del pianeta. La superficie intorno sembrava abbastanza regolare a parte solo una grossa sagoma di un rilievo montagnoso al centro dell’orizzonte e la parvenza di nubi in alto, i bordi però, finché era permesso vedere in lontananza, scomparivano in una sfumatura di nebbia rossiccia, e più la visibilità aumentava al centro e più i bordi rimanevano offuscati.

Finalmente, dopo aver scelto un luogo sufficientemente pianeggiante per posarsi, la nave atterrò facendo gemere il metallo della sua struttura con i possenti carrelli che penetrarono lievemente in un soffice terreno sabbioso. Una volta spenti tutti i focolai d’incendio e stabilizzato i sistemi, si procedette con una analisi dei danni e dell’ambiente in cui erano miracolosamente atterrati.

Era già chiaro a tutti il motivo di quella situazione di estrema emergenza in conseguenza del fine sabotaggio del sistema di salto iperdimensionale con la riprogrammazione del computer di navigazione in modo da farli uscire rischiosamente vicini all’astro.

Era l’opera della pericolosissima gang terroristica conosciuta come “I custodi del Paradiso”. I pochi seguaci rimanenti di questa gang di fanatici religiosi si autoproclamavano “Angeli armati” e non esitavano a ricorrere alla violenza, al sabotaggio e a qualsiasi azione armata che avrebbe sublimato la loro anima in eterno per i servigi resi al loro supposto Creatore.

Qualche ferito, qualche contuso, una frattura, e tra la sorpresa di tutti gli ufficiali scientifici gli scanner e i sensori ancora operativi fornivano dati che però si faceva fatica a razionalizzare tenendo ben presente che si era finiti all’interno della sfera di plasma che generava la corona solare più esterna: una gradevole gravità naturale di circa 0,8 G; temperatura e pressione atmosferica compatibile con un sistema abitabile simile ad un qualsiasi deserto equatoriale terrestre; poche o nessuna radiazione nociva; la composizione dell’aria analizzata da un campione forniva le percentuali di una discreta quantità di ossigeno e vapore d’acqua (come essere su una quota di 6000 mt terrestri); varie percentuali poco significative di elementi pesanti e nocivi alla vita umana; ma grandi quantità di elio e piccole percentuali ma significative di idrogeno e azoto e anidride carbonica; l’analisi biologica forniva invece l’assenza di agenti patogeni, ma una discreta quantità di primitive spore vegetali in varie percentuali. Gli eccezionali dati raccolti facevano presupporre addirittura che si potesse respirare con poca difficoltà senza l’ausilio di tute o maschere.

Il dubbio fu subito certezza quando uno dei tecnici assalito dal panico e dallo stress aveva aperto uno dei portelli di aerazione secondari inondando per qualche minuto la plancia con l’aria del pianeta ed esponendo tutto l’equipaggio. Un odore leggermente dolciastro e di carbone bruciato si sparse all’interno della nave e una leggera ebbrezza fu avvertita come dopo aver bevuto mezzo bicchiere di alcol, ma niente di mortalmente nocivo.

La prima uscita all’ambiente aperto, prima con l’ausilio di una mascherina di ossigeno per ristabilire la giusta percentuale respirabile e poi senza, forniva la visione globale del luogo in cui i miracolati si erano venuti a trovare. Il primo contatto diretto con quel mondo lo forniva la vista: il colore di fondo era un rosso arancio scuro ma illuminato da una luce chiara e diffusa in tutte le direzioni, l’orizzonte era una sfumatura di foschia giallo rossa molto omogenea che non forniva salti netti ma era interrotta solo in un punto dell’orizzonte da quello che sembrava essere una montagna, e nella stessa direzione il cielo passava dal rosso alla base al giallo al verde nella parte più alta localizzata sopra il promontorio; una leggera brezza soffiava dalla stessa direzione;  un rombo continuo e diffuso si udiva in bassissima frequenza come una batteria di ugelli di razzi in lontananza e sempre con la stessa bassa intensità.

La nave, una corvetta AC-34 multiruolo, allestita per esplorazione e trasporto delle industrie spazionavali ALFA, appariva tutto sommato integra a parte la mancanza di quasi tutte le appendici aerodinamiche, le antenne e i sensori, aveva assunto un color carbone con macchie di vernice originale rimanente nei punti più nascosti. Il sensore topografico a lungo raggio si era guastato quasi per primo e non era stato possibile avere una mappa accurata della superficie e ne del resto di questo bizzarro pianeta, gli unici scanner da cui si potevano scaricare dati erano quelli portatili ma avevano un corto raggio d’azione. Nelle ore successive fu lanciato in aria un drone IEN-4 dalle dimensioni di un paio di metri per esplorazione e raccolta dati. La permanenza su questo piccolo mondo non era tra le opzioni di missione anche se era necessario aspettare che i tecnici facessero un rapporto completo sulle condizioni della nave.

Il drone automatico che poteva affidarsi al raggio d’azione massimo dei suoi sensori di circa 10 km, con propulsione di minicelle nucleari ad antimateria fu programmato per la mappatura del terreno, l’acquisizione di dati ambientali atmosferici, la telemetria in tempo reale e la ripresa video, e se pur dotato di intelligenza artificiale base veniva indirizzato verso l’unico rilievo appena visibile di questa superficie regolare e pianeggiante.

Nelle ore che seguirono si cercava di riparare i danni alla nave e i moduli primari. Il drone veniva costantemente monitorato e i dati esaminati continuamente allo scopo di capire soprattutto come ripartire in sicurezza, ma tali informazioni fornivano scenari sempre più incredibili.

Il drone, volando ad una media di circa 50 km/h ma variando periodicamente la quota per acquisire più dati possibili, in 24 h aveva coperto circa 1000 km di spazio. Il dato più sorprendente era la  temperatura e il grafico che veniva tracciato mentre tutti gli altri parametri erano abbastanza costanti, la superficie sempre molto regolare, ma da un’altezza di 20 km i sensori misuravano al limite del raggio di scansione verso l’alto una diminuzione di temperatura. Per misurare lo stesso valore costante di temperatura di 250 °C la quota saliva proporzionalmente al proseguimento della rotta programmata rappresentando un vero e proprio guscio di separazione al di sotto del quale c’erano le condizioni per la condensazione del vapore acqueo . Qualche ora più tardi lo stesso drone trovava acqua liquida e una striscia di vegetazione ai bordi di quella che sembrava la riva di un mare o la sponda di un fiume molto largo, infatti i sensori non rilevavano altre sponde opposte e ne ai lati a parte l’altura già visibile dal luogo dell’atterraggio. Vegetazione confermata dall’analisi di alcuni campioni raccolti localmente. Inoltre la velocità con cui procedeva verso il promontorio era in parte diminuita a causa delle periodiche variazioni di quota sempre più estese e l’incontro con la formazione di nubi di vapor d’acqua abbastanza dense e stabili. Vi fu un altro sostanziale cambio di scenario circa 80 ore dopo il lancio e il drone aveva percorso quasi 3000 km, giunse in prossimità della montagna ma il mare incontrava di nuovo la terra e finiva ai piedi della base di questa enorme struttura rocciosa in cui le condizioni climatiche perfette e costanti favorivano lo sviluppo di vegetazione, che per quanto più simile ad alghe e muschi, ricopriva l’intera regione intorno alla base come una coperta di color verdognolo tendente al blu. A questo punto si decise di far seguire al drone una strada che lo portava a raccogliere più informazioni su questa nuova struttura rocciosa facendolo salire di quota fino a cercarne la sommità. Gli anemometri registravano una colonna d’aria fredda discendente lungo i pendii di questo enorme pilastro. Pur con moltissime interferenze dovute a forti campi magnetici creati dalla stella, il drone trasmise anche il video della sommità della montagna. Dalla punta, che poco sotto l’ultimo tratto era ricoperta di ghiaccio d’acqua, venivano espulsi violentissimi getti uniformi di plasma rosso-arancio che foravano un cielo verde quasi azzurro. Una eruzione perpetua probabilmente contenente anche materiali in forma fluida e solida che data l’elevatissima temperatura e velocità misurata scomparivano molto più in alto come il gigantesco scarico di un motore a reazione verticale e unendosi poi a quel guscio di flussi  plasmatici provenienti dai bordi. Il drone compì un giro intorno alla cima e poi ridiscese da quello che sembrava essere un strano gigantesco vulcano dalle proporzioni planetarie con un’altezza di oltre 200 km che partiva in basso con un diametro di circa 1000 km la cui forma di un cono quasi perfetto terminava in alto con una bocca larga 10 km. La restante porzione di cielo che dallo zenit scendeva verso l’orizzonte cambiava il colore dal verde-azzurro al giallo, al rosso acceso come sotto una cupola in cui le lingue di plasma si vedevano fluire dal basso dell’orizzonte per tutti i 360° verso il centro in alto sulla verticale di questa cupola immaginaria e che il vulcano forava col suo pilastro di fuoco eruttivo. Il poco materiale che ricadeva lungo le pareti raffreddandosi era contenuto a una breve distanza dalla superficie esterna come un sottile mantello discendente, raccogliendosi in verticali creste regolari intorno alla montagna, e per una distanza maggiore il drone rilevava un flusso d’aria molto veloce e spesso che ripercorreva le pareti fino alla base distribuendosi poi omogeneamente per tutte le direzioni verso l’orizzonte. A questo punto, insieme anche ad altri dati raccolti nel frattempo dalla nave in riparazione, fu conclusa una analisi abbastanza dettagliata di quello che poteva essere la mappa del luogo e il particolarissimo clima planetario.

Il pianeta, almeno secondo i dati raccolti, misurava una massa abbastanza ridotta (paragonabile con quella della luna terrestre) per le dimensioni di una superficie sostanzialmente piatta mappata per almeno 10-15 mila km di diametro in un bordo esterno circolare e confinante con un muro di plasma uniforme per tutta la circonferenza del piatto (flusso di plasma generato dalla stella molto vicina). Analogamente al movimento orbitale della Luna terrestre, il pianeta mostrava sempre la stessa faccia alla stella attorno alla quale girava, il moto di rotazione e rivoluzione erano sincroni (fatto molto più comune sui pianeti ospitanti masse in movimento come i fluidi) ma molto più veloci di quelli lunari, si calcolava l’orbita di rivoluzione completa in poche ore, la forza centrifuga risultante contrastava in buona parte la forza di gravità della stella agente a quella breve distanza.

Il flusso di plasma sembrava convergere verso quello che era il centro del piatto dove si trovava un mega vulcano in piena attività, formando una cupola in movimento al di sopra della superficie che racchiudeva nell’intercapedine una vera e propria bolla atmosferica sottostante di forma toroidale molto schiacciata. Se queste analisi non erano già abbastanza sconcertanti si aggiungeva  un’atmosfera con le caratteristiche di temperatura, pressione e la presenza di acqua liquida da rendere il pianeta non solo favorevole alla vita ma addirittura abitabile dagli umani e la presenza di una folta vegetazione, seppur primitiva, ne era la prova più lampante. La costante presenza del movimento di masse d’aria favoriva il ricambio e il riciclo degli elementi in un clima statico e ipoteticamente invariato da milioni di anni. L’intera biosfera era rappresentata da un ciclone gentile che soffiava a terra radialmente dal centro verso i bordi facendo evaporare l’acqua del mare che assumeva una forma simile a una ciambella per poi riscaldarsi gradatamente nelle zone desertiche in prossimità dei bordi dove il flusso della cupola plasmatica ne accelerava la risalita e la convergenza verso il centro e la zona più fredda dell’intero pianeta nella parte alta del mega vulcano, lì la massa d’aria si raffreddava e condensava producendo nuvole e pioggia ridiscendendo poi verso la base del vulcano e ricominciando il ciclo climatico senza soluzione di continuità o grandi variazioni registrabili e in cui tutti i climi principali e tutti i continenti della Terra ne erano ben rappresentati.

Il parziale ripristino dello scanner planetario fornì un quadro ancora più incredibile, l’analisi dei dati generali di densità media, massa e forma, era compatibile con un pianeta dalla morfologia praticamente piatta in cui la parte, esposta all’azione diretta del flusso continuo di radiazione solare, era stata consumata e dispersa nello spazio per milioni di anni, ma avrebbe fatto da scudo a tutte le radiazioni che avrebbero potuto eliminare la vita in una frazione di secondo o non generarla affatto. Piuttosto con molta probabilità era stato proprio l’insieme delle coincidenze e delle bizzarrie che aveva promosso lo sviluppo di un ambiente in cui la vita primordiale aveva attecchito. Non c’era alternanza tra giorno e notte e il motore della cupola esterna formata da flussi di plasma a loro volta espulsi dalla vicina stella, forniva la costante luce diffusa con una intensità media, le ombre perciò erano quasi inesistenti. L’energia necessaria alla biosfera, per lo sviluppo evolutivo fino a questo livello senza ancora la presenza del regno animale forniva il giusto equilibrio. Equilibrio mantenuto per centinaia di milioni di anni terrestri durante i quali questa terra piatta bruciava e si consumava sempre da un lato e cullava la vita dal lato opposto modellando gentilmente le superfici. Il vulcano invece con tutta probabilità era stato accresciuto nel corso dei millenni dalle spinte e dalle pressioni degli strati planetari sottostanti, svolgendo un ruolo di ulteriore equilibrio climatico e valvola di sfogo delle potenti forze agenti all’interno del pianeta, forse meglio dire “sotto” il pianeta.

Prima che l’umanità diventasse tecnologicamente avanzata da poter permettere l’esplorazione e la colonizzazione di altri mondi e si facessero i primi passi dell’esplorazione terrestre, la Terra era praticamente immaginata in due dimensioni. Le uniche dimensioni che l’uomo riusciva a comprendere facilmente e applicare al suo ambiente ottenevano il risultato di immaginare un mondo “Piatto” e dotato su tutti i lati di bordi ben definiti da cui si poteva perfino cadere…inoltre l’evoluzione del pensiero umano aveva prodotto delle elaborate materie filosofiche quali la teologia e le religioni che avevano influenzato a loro volta la vita e l’evoluzione dell’uomo fino al punto da stabilire o almeno immaginare cosa sarebbe accaduto nel futuro. Secondo una famosa interpretazione nell’antichità esistevano almeno tre luoghi dove le anime avrebbero passato un tempo indefinito in conseguenza delle azioni commesse durante il corso della vita terrena: l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso, che partivano proprio geologicamente dal basso o dal “sotto” con il peggior luogo “infernale” e salivano verso l’alto per il più “confortevole” Eden o Paradiso o Nirvana…

Le analogie, tra il pensiero e l’immaginazione umana di almeno 10 secoli prima, la realtà di questo pianeta formatosi e scoperto per un gran numero di coincidenze uniche e la civiltà spaziale attuale, causavano una serie di corto circuiti filosofici e ponevano quesiti teologici e dubbi scientifici quasi da portare alla pazzia chiunque si fosse soffermato a rifletterci appena un po.

Perfino la vita estremamente vulnerabile in tutte le sue forme aveva trovato protezione dalla enorme quantità di radiazioni emesse da così breve distanza in uno scudo naturale di elementi metallici del nucleo originario del pianeta plasmato nel tempo. L’equilibrio di molte diverse potenti forze contrarie agenti su questa piccola oasi paradisiaca nell’inferno di effetti fisici su scala planetaria, e le analogie col pensiero umano che ne profetizzava l’esistenza reale con un così largo anticipo facevano presupporre l’intervento di una mano divina onnipotente e non sempre creduta reale.

Faceva rabbrividire il pensiero per certi versi anche ironico che la scoperta fortuita di questo piccolo Eden era avvenuta come conseguenza del sabotaggio della gang dei custodi del Paradiso.

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Quello che è dato sapere dai files di registrazione del drone di esplorazione da questo punto in poi diventa molto frammentario. Dopo essere stato trovato per caso alla deriva da una nave cargo commerciale di passaggio in quel sistema con il guscio esterno praticamente fuso e con l’aspetto di un relitto metallico tondeggiante, l’estrazione dei preziosi dati contenuti nella sua memoria e la successiva analisi non chiarisce fino in fondo i fatti accaduti.

L’ultimo filmato in ordine di tempo registra un piccolo lampo apparentemente nel centro dell’enorme disco stellare quasi come il lampeggio di un flash fotografico in lontananza nella notte terrestre.

Nel momento in cui si studiavano i piani per evadere dalla permanenza forzata sul pianeta e far ritornare l’equipaggio nell’universo più familiare, la nave, prima ancora di poter fare il primo tentativo di lasciare il pianeta, perse irreparabilmente tutta la parte poppiera, i motori principali insieme con una buona parte di scafo, di equipaggio, e di risorse, a causa di una inspiegabile esplosione.

La successione rapida degli eventi successivi è attualmente all’esame di un gruppo di scienziati: Dalle informazioni e i dati raccolti dal drone è possibile scoprire il Comandante e un gruppetto di membri dell’equipaggio allontanarsi velocemente dal relitto della nave in fiamme e ormai irrecuperabile; prima che le fiamme finiscano ciò che rimaneva del vascello viene lanciata con successo nella direzione della sommità del megavulcano al centro del pianeta una sola capsula di salvataggio contenente solo il drone IEN-4 custode di tutte le informazioni raccolte e poi ritrovato semidistrutto dal cargo.

Un ufficiale ingegnere dell’equipaggio adibito alla manutenzione del drone, rimasto illeso nella nave durante l’esplosione, aveva in tutta fretta preparato la piccola capsula con il drone protetto da tutta la schermatura che poteva inserire nella capsula. Aveva collegato tutte le celle a combustibile nucleare, salvate dallo scoppio, con l’avionica e i propulsori della capsula, allo scopo di sovraccaricarli e aggiungere spinta fino al limite massimo permesso dall’integrità strutturale e programmato il navigatore automatico affinché tale spinta iniziasse in prossimità della bocca del vulcano, ricevendo così un boost supplementare.

La ripartenza dal pianeta, infatti, era diventata la priorità dell’equipaggio tecnico della nave e pareva non essere proprio di facile esecuzione. Piuttosto le varie opzioni di ripartenza e fuga includevano tutte una discreta percentuale di fallimento catastrofico a causa sopratutto del minaccioso flusso si plasma ad elevate temperature a cui la nave non si sarebbe potuta sottrarre. La corvetta, seppur affidabilissima anche oltre i limiti teorizzati, non era progettata per essere sottoposta a sollecitazioni così estreme, inoltre aveva già una volta superato miracolosamente tale test. Sarebbe servita tutta l’energia e tutta la spinta possibile e una buona dose di fortuna già abbondantemente usata nel corso dell’atterraggio.

La commissione di scienziati stabilì che lo scopo dell’ufficiale ingegnere fosse quello di lanciare almeno il drone fuori dal pianeta e farlo sopravvivere alla fusione con la vicina stella con la speranza che potesse testimoniare tutti gli eventi accaduti dopo che fosse stato trovato.

Il lancio della capsula avvenne quasi nella stessa direzione della piccola squadra del Comandante in fuga e fu per pochi secondi l’obbiettivo di qualche colpo del fucile ad onde d’urto che si usava comunemente per le prospezioni geologiche e adesso usato con altri scopi. Nessuno dei colpi del comandante andò a segno, solo uno di essi lambì uno spigolo della scialuppa in volo senza portare apparenti danni mentre proseguiva il suo tragitto verso il vulcano.

Con questo atto si evidenziò l’intenzione volontaria del Comandante di non far sfuggire niente da quel mondo a qualsiasi costo. La scelta così radicale e violenta invece è ancora materia di discussione e lo sarà anche nel futuro se non emergeranno ulteriori elementi utili a chiarirne le motivazioni.

La scialuppa custode del suo prezioso carico invece volò senza ulteriori intoppi verso la prima destinazione programmata, allineatasi dinamicamente col veloce flusso di plasma verso l’alto ne fu prima  inglobata e poi accelerata oltre quello che i soli propulsori, benché sovraccaricati, potessero fornire. La capsula ottenne così una grande velocità ma anche una notevole temperatura fino a quando il computer di bordo previde l’imminente esplosione dei piccoli motori e sopratutto delle celle supplementari di combustibile, il colpo a onda d’urto del comandante aveva in parte disallineato i flussi di energia dalle pile di antimateria danneggiando parzialmente alcuni raccordi.

I relè di apertura della capsula ricevettero l’autorizzazione ad aprirsi espellendo il drone quasi come se fosse stato il carico utile da mettere in orbita intorno alla Terra ad opera del primo stadio dei razzi agli albori dell’era spaziale umana. Il drone era ancora integro e protetto dalla sua schermatura supplementare continuando la sua instancabile raccolta di dati. La velocità di fuga acquisita in questo modo, seppur notevole, non fornì però il tempo sufficiente al drone di sfuggire al gradiente di temperatura e calore in costante e veloce aumento.

Sembrava che il “messaggio in bottiglia” non sarebbe mai giunto neanche alla deriva nello spazio a cui era alla fine destinato quando una notevole esplosione si formò sotto di esso. Era plausibile pensare che la capsula ormai in balia del flusso plasmatico avesse deflagrato violentemente prendendo ulteriore energia dal combustibile rimanente delle pile, la deflagrazione prodotta avesse generato un’onda d’urto paragonabile a una piccola bomba ad annichilazione (la più potente arma militare inventata nel corso dell’ultimo conflitto in grado di distruggere in un solo colpo interi pianeti). L’onda d’urto generata fornì un ulteriore spinta supplementare al drone che pur perdendo parte della schermatura avrebbe superato il punto di massimo carico meccanico e termico salvandosi dalla distruzione e mettendo al sicuro il messaggio in bottiglia.

La stessa potente onda d’urto però ebbe un drammatico effetto collaterale: nella direzione della bocca del vulcano più in basso la deflagrazione fece innalzare la pressione all’interno della sommità al punto da farne collassare una grande sezione; sui lati lo stesso fronte dell’onda deformò quella che era la cupola protettiva di plasma deviandone le lingue spiraleggianti all’interno della biosfera.

L’equilibrio di una unica miracolosa oasi paradisiaca e dalla bizzarra struttura simmetrica a forma di ciambella fu definitivamente e irrecuperabilmente perso per sempre.

Con una cascata di rapidissimi eventi l’innalzamento estremo di temperatura e le lingue di fuoco favorivano le interazioni esplosive tra ossigeno, idrogeno e altri elementi che ri-alimentavano le reazioni e gli stessi processi distruttivi. Quello che era stato il motore energetico del pianeta fino al momento prima si trasformò nella sua nemesi. Nei pochi secondi successivi tutto quello che poteva rappresentare la firma di un Creatore divino, con riferimento alla bolla atmosferica d’aria, all’acqua allo stato liquido e alla vegetazione, fu definitivamente cancellato. Le terribili onde d’urto delle immani esplosioni agivano verso il pianeta come il martello spacca il granito, in breve tempo l’intero pianeta o ciò che rimaneva fu inghiottito in un ultimo breve lampo di luce dalla stessa stella che ne aveva regolato l’esistenza per milioni di anni.

Il drone molto danneggiato registrò l’ultima presenza della terra piatta come una piccola anomalia delle normali reazioni nucleari della stella, poi smise di funzionare rimanendo su una traiettoria di fuga iperbolica.

L’ultimo smontaggio del cuore del robot automatico IEN-4 ormai smantellato dalla commissione di scienziati restituì i piccoli contenitori di campioni di vegetazione prelevati durante l’esplorazione di quell’improbabile mondo, accuratamente conservati e protetti.

L’etichetta scolpita nel materiale del contenitore riportava la scritta: CAMPIONE DI PARADISO.

 

Dove diavolo è CMDR Nijal ?

Diario di bordo 20181002

Lo spazio è vuoto.. è nero.. è silenzio.
Solo la mia ferrea volontà (e vedere vecchie serie TV sull’oloschermo) mi permette di mantenere la mia sanità mentale.
Quel poco che ne è rimasto, almeno.. credo.
Ecco.. quel puntino luminoso in basso al centro è la mia ASP Explorer.. l'”Eclipse”.

Sopravvivo? Si.. lo scafo della nave è al 92%, tutti i moduli sono operativi, il robo-chef di bordo si comporta bene e questo dopo quasi 24 mesi senza approdare in una stazione.

Avrei solo bisogno di dare una pulita agli ugelli di scarico.. ma ne riparleremo quando sarò arrivato ad una stazione. Nel frattempo la mia nave lancia fiammate, di tanto in tanto.

Ma dove sono? E’ questo quello che si domandano tutti (chi?).
Ecco la mia posizione sulla mappa.. quei puntini colorati sulla destra sono i nostri sistemi stellari.. e la Terra.

12 mesi fa sarei dovuto essere di nuovo a casa.. mah.

CMDR Nijal, signing off.

il Jet-cone boost tramite Neutron Stars

In tanti ce lo state chiedendo da un po’ di tempo… ma dove siete finiti? Gli SpaceJokers torneranno mai tra noi? ebbene eccoci qui anche se solo per riportarvi una mini guida a una delle nuove funzionalità di Elite Dangerous! Non siamo ancora del tutto operativi ma ci sforziamo di rimanere “in piedi”… nel frattempo ogni aiuto da voi lettori è ben accetto! Ad esempio per questa mini guida ringraziamo CMDR G. Trevize (Lorenzo) della Tethys Empire crew.

Fly safe Commanders!

Il jet-cone boost: un’opzione in più per gli Esploratori dello Spazio profondo

Dalla patch 2.4 in poi, oltre alle opzioni “economical routes” e “fastest routes” in Galaxy Map ne troviamo una nuova: “use jet-cone boost”!

A che serve? Serve per sfruttare il potente boost che le Neutron Stars (non-sequence stars in Galaxy Map) possono dare al nostro frame shift drive ( FSD) tracciando rotte che ne includono il maggior numero possibile!

Ma facciamo un passo indietro, andiamo per gradi: anche prima della 2.4 si potevano già sfruttare le Neutron Stars per fare salti ben più lunghi di quelli permessi dal nostro FSD, con una procedura tanto semplice…. quanto rischiosa!

Ve la racconto: per approcciare correttamente una Neutron Star con la propria nave, per dare la super carica all’FSD, bisogna fare in questo modo:

  1. Una volta entrati nel Sistema, ci si dirige subito verso l’estremità di uno dei due bracci della stella;
  2. si cerca di far lambire la nave dalla parte finale di tale estremità rallentando, puntando il muso dalla parte opposta del centro della stella per essere pronti a dare motore per scappar via; appena si attiva la procedura (ve ne accorgete, vi arriva un messaggio!), si fa letteralmente “galleggiare” la nave tenendola in loco per alcuni secondi finche’ un messaggio vi dice che l’operazione e’ riuscita!!!
  3. A quel punto: motori e via, allontanarsi!

Se e’ andato tutto bene avrete la possibilità di fare un salto maggiorato a seconda della capacità del vostro FSD; esempio: la mia DB Explorer a salto 51ly (perché ingegnerizzata a modino!) con la super carica di una Neutron Star…. mi supera i 200ly a salto!!!!! Tanta roba eh?! Prezzo da pagare: ad ogni super ricarica si perde un punto percentuale di integrità dell’FSD…  in questo caso poca roba direi!

ecco la scritta che mostra quando sarete pronto al salto boostato!

E’ superfluo dire che se sbagliate manovra e venite risucchiati dalla stella…… game over!!!! (N.d. CMDR Wolf974: magari lo eviterei con la mia Anaconda moddata da esplorazione, pena milioni e milioni buttati nel c…o)

L’opzione “use jet-cone boost“ traccia rotte “intelligenti” in base alla capacità di salto della vostra nave: cerca sì di includere più Neutron Stars possibili ma non vi lascia “in braghe di tela”, ogni tot numero di esse intervalla sistemi con stelle “scoopabili” dove potrete tranquillamente rifare il pieno!!!!! Le Neutron Stars infatti vi fanno fare bei saltoni ma non vi fanno rifornimento!

Concludo dicendovi che questa nuova e bella opzione e’ da utilizzarsi preferibilmente nello Spazio profondo diciamo….. oltre i 10000ly di distanza dalla “bolla abitata” per due motivi: c’è più abbondanza di Neutron Stars e si possono utilizzare per percorrere lunghe distanze con molti meno salti, per allontanarsi di più o per tornare verso casa; Inoltre vicino alla bolla le Neutron Stars sono scarse e si finirebbe per ottenere l’effetto contrario tracciando rotte “dispersive” alla loro ricerca e non punterebbero dritti alla meta.

(N.d. CMDR Nijal) : Sul forum di Elite abbiamo trovato la mappatura delle stelle a neutroni, una sorta di “lista delle autostrade” a neutroni.. (No, la Gelmini ed il Tunnel sotto al Gran Sasso non c’entrano in questo caso.)

Vi lasciamo con questa immagine scovata in rete che spiega la procedura.

 

CTRL+ALT+SPACE Film Contest 2017

Salve ragazzi, era da un po’ che non scrivevo.

Perciò oggi colgo l’occasione per mostrarvi la mia entry per quanto riguarda il contest di Elite Dangerous! (Tutte le info sul contest sono presenti nelle newsletter ufficiali… Tradotte in italiano su questo blog)

Come nel 2015, la Frontier ci ha sfidato a creare un video che rappresentasse Elite nella sua grandiosità, io ci ho provato e nonostante il poco tempo a disposizione e un software di montaggio scadente ho realizzato la mia entry!

Spero vi piaccia.. Enjoy!

Spero vi sia piaciuto, nonostante fossi nelle zone di Sagittarius A, sono riuscito a creare un video decente…

In ogni caso l’esplorazione di quel settore, complice l’enorme aumento dei prezzi di vendita esplorativi, mi ha fruttato molti crediti! Circa 65’000’000 . A pensare che esplorazioni più lunghe e sacrificate hanno fruttato molto meno!

Con un picco di quasi 3milioni Cr su un sistema solare, con una earth like e tre water world! Roba da non credere….

Se avete realizzato delle entry, o volete esprimere il vostro pensiero o giudizio sul mio video, vi invito a postare i link nei commenti giù!

 

 

O7 CMDRs

Il prezzo da pagare…

Con il rilascio della 2.3 The Commanders, Frontier ha modificato, in modo favorevole per chi come me passa il tempo ad esplorare la galassia, gli importi relativi alla scoperta dei corpi celesti.

Vi presentiamo quindi la mappa aggiornata, con gli importi in crediti, che va a sostituire quella pubblicata nella nostra guida per esploratori.

Cliccando sulla mappa se ne apre una versione più grande, salvatela o stampatela.

La mappa è stata creata dal CMDR Fru che l’ha condivisa su Reddit

Una piccola spiegazione:
Honk vuol dire attivare lo scanner
ADS è quando fate la scansione di un corpo celeste ma siete privi del Detailed Surface Scanner.
DSS è ovviamente il Detailed Surface Scanner.

Buona caccia!

Spazio e Design

Data Stellare 20161007,

L’altro sera ho avuto il piacere di presenziare un ottima conferenza tenutasi al Planetario di Milano.

Per chi non lo sapesse ci riferiamo al Civico Planetario “Ulrico Hoepli”, un edificio situato nei giardini di Porta Venezia di Milano. E’ dotato di una grande cupola ed è attrezzato al suo interno con uno strumento chiamato anch’esso planetario che proietta e rappresenta l’immagine degli astri e i loro movimenti sulla volta celeste. E vi posso assicurare che lo spettacolo è assicurato: se passate da Milano o siete della zona, non fatevi scappare le serate dedicate a varie tematiche in questa struttura… non riuscirete a distinguere che si tratta di una proiezione e vi sembrerà di essere immersi nelle stelle!

il sistema di proiezione planetario Zeiss iV, che permette la proiezione sulla volta a cupola.

il sistema di proiezione planetario Zeiss iV, che permette la proiezione sulla volta a cupola.

Ma andiamo nello specifico della conferenza che abbiamo visionato: il tema era appunto “Spazio e Design“: ovvero come le prime esplorazioni spaziali, e la conquista della luna, abbiano dato vita a un nuovo stile progettuale e abbiano influenzato tutta la cultura del design da lì in avanti.

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Innanzitutto è stato mostrato tutto il potenziale del Planetario, oscurando la sala: facendo passera dalla fare solare a quella lunare fino ad avere il cielo stellato non “inquinato” anche solo dalla Luna stessa.. è così possibile ammirare l’intera Via Lattea… Inoltre a questo effetto scenico visivo è stata associata la musica dei Pink Floyd tratta dal Brano “Breathe” che mi ha fatto accapponare la pelle! vi aggiungo qui sotto il pezzo originale se volete continuare a scorrere le immagini a tempo di musica… e che Musica!!!

Le prime slide presentate, proiettate sulla volata stellata, sembrano volare nello spazio… Ovviamente si è partiti dalla cronistoria di quando l’uomo inizio a inviare nello spazio le prime sonde spaziali… Lo sapevate che il primo essere vivente a essere mandato nello spazio fu un cane? Arrivo sano e salvo in orbita terrestre ma purtroppo nella fase di atterraggio il suo cuore non resse la tensione e morì… Ma questa esperienza tragica servì da insegnamento e ci consentì poi di poter mandare nello spazio il primo uomo: Yuri Gagarin.

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Poi come tutti sanno fu la volta della conquista della Luna! Quel giorno milioni di spettatori da tutto il mondo si riunirono per vedere in contemporanea quell’evento. Forse nessun altro evento della storia fu di così forte impatto mediatico.

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Tanto è vero che negli anni successivi gli stilisti, i registi e i designer vennero ispirati a tal punto da creare opere che mostravano tutto l’orgoglio dell’umanità nel aver conquistato lo spazio.

Ad esempio, in Italia divenne molto famosa la commedia fantascientifica ed erotica: “Barbarella”.

E poi immagino che tutti conosciate il grande impatto che ebbe “2001 Odissea nello spazio” per l’intera filmografia moderna.

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Questo per quanto riguarda il cinema ma andando altro anche gli stilisti e i designer si sbizzarrirono anche grazie all’avvento dei primi Polimeri termoplastici che permettevano di creare forme bizzarre anche per i vestiti. Quasi delle armature moderne.

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E le poltrone di “2001 Odissea nello spazio” divennero un cult del Design dell’epoca.

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Anche la donna più famosa del mondo iniziò a vestirsi sequendo la moda spaziale.. ma chi era questa donna così famosa anche tra i più piccoli?

Ovviamente Barbie!

Giocattoli a parte, qualche anno dopo fu anche il momento della prima donna inviata nello spazio.. Questa volta i primi furono i russi! Noi italiani avremmo dovuto aspettare fino al 2015… Con la nostra Astro-Samantha Cristoforetti.

img_0046Anche i Designer di prodotto capirono che i tempi erano maturi per immettere sul mercato dei prodotti estremamente innovativi: il Pulsar, ad esempio, prendeva il nome dalle stelle a neutroni, e fu il primo orologio a Led. Indossato anche dallo stesso James Bond… aveva solo un poccolo problema…: la batteria durava talmente poco (una settimana) che dopodiché nessuno era in grado (o quasi) di rimpiazzarla… così ne furono venduti pochissimi esemplari. Ma è stato sicuramente sintomatico di una tendenza che non si sarebbe più esaurita.

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Chi riconosce da quale serie TV è stato tratto il frame nella slide qui sotto?

Si trattava di “Spazio 1999”. In questa serie molti oggetti di design italiano (tra cui le lampade di Gae Aulenti) furono utilizzati per mostrare un’ambientazione il più possibile futuristica e spaziale.

img_0058E chi non si ricorda i Moon Boot? segnò un’epoca e divenne un’icona! Il termine divenne così famoso che andò quasi a diventare il termine tecnico per riferirsi a quel genere di scarponi da neve.

img_0067Da qui in poi anche gli architetti e interior designer cercarono di interpretare gli spazi domestici in modo avveniristico, come se si trattasse di capsule spaziali dagli spazi limitati. Dove tutto doveva essere a portata di mano e con sistemi modulari per ottimizzare gli spazi esigui.

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Tutte queste case modulari e trasformabili ci riportano a un esempio italiano famosissimo!… TAAAAAAC! Direi che il video parla da solo…

Nella slide seguente una carrellata di invenzioni che naquero dalla ricerca per l’esplorazione spaziale.

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La conferenza si concludeva con la considerazione che il prossimo passo per l’umanità sarà la conquista del suolo marziano… Intanto però la solita donna più famosa al mondo ci è già arrivata… e noi possiamo solo inseguirla nei nostri sogni… o con la Fantascienza!

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Concludiamo questa bella esperienza multisensoriale con l’augurio di poter vedere davvero l’uomo alla conquista di Marte e oltre… e con la speranza che queste esplorazioni diano di nuovo linfa vitale al Design, alla moda e tutte le forme di espressione artistica.

See you Spacejokers!

Distant Worlds: Incontro a Sag-A

Era da qualche tempo che non scrivevo delle mie vicissitudini nel ritorno dal viaggio per Distant Worlds.. E, a distanza di qualche mese, sono ancora solo a metà del viaggio di ritorno (me la sono presa comoda con le scansioni)… Ieri tuttavia è stata l’occasione di fare un incontro storico degli SpaceJokers al centro della nostra galassia! Ma andiamo a narrare le vicende con calma e mostrarvi qualche screenshot:

Diario del Commander Wolf974, data stellare 20160622

Ormai ho perso la cognizione del tempo, questo viaggio mi sta sempre più logorando, le mappe astrali finalmente mostrano aree fittamente dense di corpi celesti e le forze gravitazionali sono così intense che inserire una rotta è diventato quasi impossibile per il computer di bordo…. Devo far uso delle mie doti (?!) di pilota per settare una rotta manuale verso il centro della Galassia… ormai unico punto di riferimento percepibile in direzione della bolla civilizzata… da li in poi il viaggio sarebbe stato tutto in discesa.. Ma prima di arrivare a Sag-A ho dovuto attraversare alcuni campi di stelle a neutroni e impercettibili buchi neri.. tanto che ho rischiato spesso microfratture dello scafo! maledette singolarità spazio-temporali! Finalmente a pochi anni luce dal più grande buco nero conosciuto, ricevo un messaggio subspaziale codificato… e cosa che mi stupisce ancora di più è che si tratta del logaritmo di codifica degli Spacejokers! che sia quel maledetto Ferengi del CMDR Nijal? [CMDR Nijal : Ferengi tu sorella..] o qualche miraggio spaziale… la mia mente è sempre più annebbiata dalla solitudine forzata, potrebbe essere solo uno scherzo della mia mente… Sembra tutto troppo bello per essere vero.

Tuttavia mi decido e decodifico il messaggio: arriva proprio da CMDR Nijal, anche lui in arrivo a Sag-A proveniente dalla Terra! quale migliore occasione per parlare con una persona reale e amica?! Traccio la rotta… e se fosse stato un hacker subspaziale a fuorviare il messaggio? mi ritroverei faccia a faccia con qualche pirata a caccia di dati spaziali? Corro il rischio… se le cose si dovessero metter male userò la solita tecnica segreta della scuola Saotome: la fuga!

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Diario del Commander Nijal, data stellare 20160622

…salta scansiona ricarica FSD honk cambia direzione fuel scoop e ancora salta scansiona ricarica FSD honk (pianeta interessante) scansiona salta e salta ancora… Sono circa 7 mesi che sto esplorando la galassia (compreso il disastroso epilogo della mia partecipazione a Distant Worlds) con la mia Asp “Eclipse”. Mi rendo conto che l’esplorazione è una droga.. “troverò un altro Earth like?” “Incontrerò una razza aliena?”.. tutte domande che ormai mi faccio inconsciamente prima di ogni salto. Interrompo la mia solitaria routine solo per ricalibrare i sensori, per riposare nella mia cuccetta e per i pasti. I pasti. No, dico.. li chiamate pasti ? Una brodaglia priva di qualsiasi sapore. La pasta è stracotta.. e insipida. Ho ancora delle scorte di carne surgelata ed ogni tanto mi preparo una bistecca al sangue. Senza avere un barbecue, direte ? Certo, basta un po’ di inventiva: vi piazzate 5 minuti vicino ad una stella, appena al di fuori della zona di fuel scooping. Quando le lamiere della nave sono roventi, basta uscire con la tuta, piazzare la bistecca sulla fusoliera (30 secondi per lato sono sufficienti) e via. Ahh… i piccoli piaceri della vita. Chissà se quel farabutto di Wolf974 è nei paraggi.. provo ad inviare un messaggio codificato.. dopo qualche ora (Wolf è un po’ lento a decifrare i messaggi, tutto quel Centauri Mega Gin gli ha bruciato i neuroni.. [CMDR Wolf974: ma va! io solo Sinthalcol!] ) arriva la risposta: è nei pressi di Sag A. Ma allora incontriamoci !! (magari gli è rimasto dell’alcool da bere…ehm..)

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Ecco Wolf974, ovviamente a fari spenti (.. per vedere , se poi è tanto difficile schiantarsi contro una meteora…?). [CMDR Wolf974: sono in modalità risparmio energetico: ho dovuto convogliare energia al supporto vitale in stiva per tenere fresco il mio carico di schiave orioniane]

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Qualche selfie d’obbligo, con Sag A sullo sfondo..

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E poi facciamo un po’ di volo in formazione (ovviamente eravamo ancora sobri).

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Ed ora, verso quali lidi salperanno i nostri eroi ? Quali mete attendono i nostri impavidi esploratori del cosmo ? Quali prodezze empiranno i loro cuori ?

[CMDR Wolf974:  e ora, dopo questa botta di vita, posso finalmente rientrare e mettermi in rotta verso casa… e, se riesco a tornare tutto d’un pezzo, mi aspetta una lauta ricompensa per la vendita delle mie mappe stellari… peccato che avrò alle calcagna le mie famiglie da sfamare, in particolare le mie mogli disperse nello spazio, sempre pronte a succhiarmi il portafoglio!]

[CMDR Nijal: io sono diretto verso i campi di stelle a Neutroni.. mi hanno detto che l’arrosto cotto ai raggi Gamma è spettacolare…]

 

ED: guida per esploratori

Avete deciso di dire addio a tutto e tutti e andare là dove nessuno è mai giunto prima per incontrare nuove forme di vita e civiltà? beh adesso non esageriamo… in Elite Dangerous non è (ancora) possibile trovare alieni (ma i Thargoids prima o poi salteranno fuori come Alien!)…Comunque avete deciso di vedere nuovi luoghi distanti? Volete allontanarvi dalla politica noiosa e logorante dell’antico mondo e fare un po’ gli eremiti spaziali?

Allora diventare Esploratori è la carriera che fa per voi! Dopo mesi di esplorazioni mi sento all’altezza di riportarvi la mia esperienza e di darvi qualche consiglio in merito… ma andiamo con ordine.

Una delle cose che più mi ha attirato verso Elite (sin dal primissimo gioco) è stato il fatto che l’intera galassia è stata modellata per voi, per vagare a piacimento. In questo gioco ho passato buona parte del tempo a fare esattamente questo, visitando soprattutto le nebulose più vicine ai vecchi mondi civilizzati, così come a fare il tour delle mie costellazioni preferite (si veda qui e qui). Già con le costellazioni più vicine avrete qualche milioncino che vi farà salire come Rank a Ranger…. Dopo le prime costellazioni vicine il vostro obiettivo dovrebbe essere Sagittarius A (ovvero il grande buco nero al centro della galassia). E dopo di questo, potreste lanciarvi all’esplorazione dei confini della galassia dalla parte opposta e ritorno… (che poi è quello che stiamo ultimando con la missione Distant Worlds)… La cosa più complessa sarà mantenere la concentrazione per un lasso di tempo così lungo: poiché il tempo necessario per una missione del genere si potrebbe quantificare in qualche mese di gioco (io sono a 5 mesi e non è ancora finita).. Fatto questo spero di arrivare al rank Elite!

disposizione delle nebulose conosciute, click per ingrandire

disposizione delle nebulose conosciute, click per ingrandire

Se si potesse avere uno slot di salvataggio secondario (prima o poi magari sarà possibile…), ci si potrebbe dedicare a ruoli diversi oltre a dover rimanere per mesi a vagare nello spazio con il rischio di perdere la pazienza… e così variare un po’ al tema… tuttavia ora non è possibile e quindi la cosa che più vi servirà nel ruolo di esploratore è proprio una bella dosa di Pazienza! (sì con la P maiuscola!)

Questo in primo luogo è dovuto al fatto che l’esplorazione è un attività piuttosto tranquilla (se non addirittura solitaria): una volta che hai viaggiato a poche centinaia di anni luce di distanza dal centro dei mondi civilizzati, diventa molto improbabile incontrare altre navi, e questo è il motivo per cui alcuni esploratori tendono a viaggiare senza scudi o armi: dal momento che la maggiore massa riduce il vostro salto iperspaziale, la maggior parte degli esploratori li considerano un inutile peso morto da portarsi dietro. Considerando però l’introduzione di Horizons, con la possibilità di atterrare anche su pianeti con una certa gravità, vi è comunque sempre un po di rischio, così io personalmente viaggio sempre con un generatore di scudi (anche basico perché non si sa mai, se sbagli un atterraggio, sei fottuto!). Riguardo alle armi personalmente ne faccio a meno… in fin dei conti penso che, alla peggio, la soluzione migliore sia la fuga; invece c’è chi almeno un raggio laser gimballed se lo porta appresso per qualche NPC vagante in periferia… C’è anche da considerare che i Thargoids (i famosi e pericolosi insettoidi) potrebbero fare presto la loro comparsa poiché hanno introdotto una classe di navi adatte a questo scopo: il Lakon Diamondback è infatti pubblicizzato come un “esploratore da combattimento”; ciò renderebbe l’esplorazione ancora più pericolosa….

Altra caratteristica che potreste avere come aspiranti Explorer è il disturbo ossessivo compulsivo a scansionare tutto! Questo approccio è sicuramente utile per avere il vostro nome piantato sui sistemi del tutto inesplorati (e vi darà un piccolo bonus ulteriore in crediti alla vendita dei dati) ma alla lunga renderà la vostra esplorazione ancora più stressante dal punto di vista psicofisico richiedendo anche un’ora per scansionare un solo sistema solare… Quindi il mio consiglio se siete intenzionati a fare un esplorazione a lungo raggio è di evitare alcuni corpi celesti di poco valore (pianeti rocciosi e di ghiaccio in particolare) e concentrarsi su stelle e pianeti d’acqua o simili alla terra. Ma andiamo nel dettaglio della metodologia da adottare:

1) saltate e agganciate il sistema con il discovery scanner.. Consiglio ovviamente di usare un Advanced Discovery scanner appena possibile per evidenziare tutti i corpi presenti in quel sistema. Lo scanner intermedio invece non vale quei soldi (500k Cr), dal momento che da solo ti dà il doppio della gamma di scanner di base (che costa solo 1,000Cr).
2) Controllate la mappa del sistema per qualsiasi cosa vale la pena andare fuori dal vostri itinerario. Gli oggetti più remunerativi sono le stelle di neutroni, buchi neri, mondi d’acqua, mondi simili alla Terra, mondi di ammoniaca e giganti gassosi con la vita (questi di solito possono essere identificati ad occhio zoomando nella mappa del sistema e avendo fatto abbastanza esperienza visiva…).
3) Scansionare qualsiasi oggetto all’interno del campo del vostro sensore dalla stella primaria, modo da non perdere tempo in spostamenti – ma questo dipende molto dal raggio e dalla massa dell’oggetto. Ad esempio, alcuni pianeti richiedono di essere all’interno di 10ls per ottenere una scansione, ma mondi più grandi possono essere acquisiti fino a 100LS. Giganti gassosi di Classe 1 sono di solito leggibile all’interno di 250ls e giganti gassosi di Classe 3 possono essere acquisiti fino a 1000ls. Mentre hai bisogno di essere all’interno di 2000ls per ottenere una scansione da una nana bruna, mentre una stella di classe M può essere scansionato anche a 4000ls. Le stelle di neutroni e buchi neri sono difficili da “gestire”, in quanto è necessario avvicinarsi entro 20ls (a meno che il buco nero è super-enorme come quello a Sagittarius A), e si potrebbe essere buttati fuori dal Supercruise e subire danni allo scafo se non si è attenti nell’approccio (avvicinatevi molto lentamente con un occhio sempre alla temperatura dello scafo che potrebbe salire improvvisamente). Infine è molto importante non preoccuparsi di fare scansioni dettagliate dei campi di asteroidi poiché non si ottiene nulla da loro.
4) Una volta che hai scansionato tutto ciò che ti interessa puoi passare al sistema successivo… Puoi utilizzare percorsi economici per prendere quanti più sistemi possibile e ridurre al minimo il rischio di essere a corto di carburante. Sarebbe un peccato buttare via tutto per mancanza di carburante e dovendo quindi autodistruggersi… (o chiedere aiuto ai Fuel Rats: dei giocatori che potrebbero venire in vostro soccorso, senza chiedere compenso). Per questo un buon Fuel Scoop è doveroso nell’outfit della vostra nave. Invece se state progettando un esplorazione a lungo raggio con una meta lontana, allora potrete tranquillamente settare la rotta più veloce per arrivare più distante in modo rapido.

ecco un bel sistemino ricco da esplorare...

ecco un bel sistemino ricco da esplorare…

Come esploratore, c’è davvero solo una cosa che vi può uccidere, ed è proprio la stupidità e la negligenza. Innanzitutto fare attenzione alle stelle con cui potete fare rifornimento: ricordatevi sempre la formuletta KGB FOAM (ovvero la schiuma del KGB): ogni lettera stabilisce una tipologia di stelle… e in questa formula sono presenti le stelle in cui è possibile fare Scoop… dalle altre è bene stare molto lontani! Utilizzate la mappa galattica per controllare quanto sono vicine le stelle in un sistema binario, ternario o altri sistemi con più stelle, e se sembra che sono vicine, assicuratevi di uscire dall’iperspazio con l'”acceleratore” impostato a zero.

Classificazione dei corpi celesti, click per ingrandire

Classificazione dei corpi celesti, click per ingrandire

Inoltre, non volate se siete tanto stanchi da addormentarvi davanti allo schermo (vero CMDR Nijal???). O dopo un paio di Lavian Brandy (n.d. rare goods)… Addormentarsi quando si è in Supercruise è un buon modo per suicidarsi o per finire a secco di carburante… Infine se giocate con il supplemento Horizons state bene attenti quando atterrate su pianeti con gravità elevate (controllate sempre la gravità del pianetoide su cui vi state avvicinando) altrimenti rischiate di fare la mia fine o quella del CMDR Nijal… [CMDR Nijal : si è trattata di una anomalia ai sistemi di diagnostica…]

Ma veniamo alle navi adeguate all’esplorazione:
◾la base di partenza potrebbe essere l’Adder: come rapporto qualità prezzo all’inizio è decente… Oltre ai moduli essenziali è possibile mantenere un generatore di scudi a bordo per proteggersi da qualche graffio quando si torna con il prezioso carico di dati. Una buona parte del costo la si dovrà invece investire in un Fuel Scoop 3A, che però vale tutto il prezzo! se considerate la quantità di tempo risparmiato che passate nell’atmosfera delle stelle per fare rifornimento al minimo, oltre ad aiutarvi a ridurre il rischio di ottenere il danno da calore. L’heat sink può servire per le emergenze, per quelle volte che si salta fuori dal Supercruise nel bel mezzo di un sistema binario e bisogna raffreddarsi prima che tutti i moduli vadano in pezzi.
◾Un opzione può anche essere il Type 6! Questa potrebbe inizialmente sembrare una strana scelta per una nave Explorer, ma in questo ruolo, il Type 6 ha in realtà degli assi nascosti nella manica. In primo luogo, con un FSD di tipo A e lasciando il resto dei moduli leggeri, ti dà la migliore salto iperspaziale per meno di 10 milioni di crediti. In secondo luogo, ha un sacco di grandi compartimenti interni, il che significa un grande scoop di carburante e un sacco di unità di auto-manutenzione: in questo modo il Type 6 si può usare per un tour massiccio di decine di migliaia di anni luce senza problemi. Inoltre, come tutte le navi Lakon, la visuale è fantastica per ottenere belle viste di stelle e nebulose, che non dovrebbe essere un fattore da sottovalutare, dal momento che si sta andando là fuori per osservare tante belle cose e per molte ore di tempo di gioco.
◾Infine, se si sta andando a prendere sul serio l’esplorazione, è necessario un Asp Explorer! Intanto vi da un salto iperspaziale che vi permette di raggiungere qualunque area della galassia (intorno ai 34Ly se ben fittato), e non ha un costo proibitivo come l’Anaconda (sebbene i suoi 40ly), senza considerare che se qualcosa andasse male, ripararlo o ripagarlo non vi costerà una fucilata! Inoltre, l’Asp è agile abbastanza per manovrare abilmente tra stelle e pianeti in Supercruise, e la bella visuale Lakon ti darà ancora quegli importanti scorci pittoreschi… (ne abbiamo parlato più approfonditamente qui).
◾P.s.: abbiamo accennato anche al Diamondback Explorer in questo articolo in alternativa all’Asp.

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la mia Asp in un sistema binario di ritorno da Distant Worlds

Vi lascio con un buon outfitting per l’esplorazione con la mia preferita: Asp Explorer in modalità Horizons (ovvero con SRV montato a bordo per l’esplorazione del suolo)

http://coriolis.io/outfit/asp/03A4D5A4D3D5D5C———-113743v6-2i2f.AwRj4yvI.Aw18WQ==?bn=Asp%20-%20Exploration

[CMDR Nijal : ecco invece la mia Asp, senza SRV ma dotata di heat sink, doppio sistema di riparazione e powerplant di dimensioni ridotte (ottimo per restare “cool” mentre si fa il pieno di carburante)

http://coriolis.io/outfit/asp/02A4D5A4D3D5D5C——020202023f0u0j43-2i2f.AwRj4jmkdEg=.AwiMIys9iA==?bn=Explorer%202

Esplorazione 02

Continuo con la seconda parte del mio articolo (clicca quì per la prima parte).
Dopo aver visitato la Nebulosa California, invece di tornarmene direttamente allo spazioporto più vicino (nonostante la necessità di generi alimentari freschi), mi sono diretto verso un’altro punto di riferimento imponente, visibile in alto a sinistra.
Barnard’s loop.
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Salutata quindi la Nebulosa California (e ringraziando per la quantità di dati scansionati), mi metto in marcia.
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Una delle prime bizzarrie in cui mi imbatto è un sistema binario con le stelle principali che sembrano quasi toccarsi.
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Vado oltre e mi imbatto in un pianeta ricco di metalli con atmosfera di vapori di silicati.. non deve essere il massimo da respirare..
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A questo punto accade l’imprevisto: si rompe la macchina del ghiaccio. Come farò a prepararmi il mojito ? Risposta: andando a prelevare del ghiaccio purissimo direttamente alla fonte, ovvero su un vicino gruppo di anelli.
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Ta-da! Ghiaccio puro.. ora devo solo ricordarmi dove ho messo la menta ed il lime…
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Dopo tutto quel freddo ho bisogno di alzare la temperatura (e di fare rifornimento)..
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Ora a nanna.. la giornata di domani sarà impegnativa.
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Dopo una lunga serie di salti, la mia destinazione appare più vicina
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Ecco un bel water-world, sicuramente zeppo di pesce fresco.. ah.. quanto mi manca il sushi di Santraginus V..
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E bingo! un bel sistema carico di pianeti metallici.
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Mi fermo un istante a gustare il panorama..
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..e a voltarmi indietro per vedere la strada fatta finora..
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E’ il momento di ricalibrare i sensori
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Il giorno dopo mi imbatto in un sistema con dei pianeti dai colori promettenti. Saranno water-world o Earth-like?
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Questo pianeta si svela lentamente..
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..ma è un water-world..
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Barnard Loop è ormai vicinissimo.. si distinguono alcune piccole nebulose che ne fanno parte.
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Decido di avvicinarmi ancora, di gustarmi il “bagno di colori”, e di osservare da vicino una eclisse.
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Anche in questa zona si trovano corpi celesti.. alcuni singolari.
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E’ il momento di buttarmi fra i gas colorati..
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E dopo questa “gitarella fuori porta” è il momento di spegnere tutto e calibrare i sensori.. mi preparo al viaggio di rientro.
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TO BE CONTINUED..

Esplorazione 01

E’ già da qualche settimana che ho in mente di preparare questo articolo, finalmente ho trovato qualche minuto di libertà.
In occasione di un CG di esplorazione, sono partito alla ventura con la mia fidata Asp (nuova di zecca), in un viaggio verso la Nebulosa California.

001_ASP

Pronti ? Engage !

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Il mio primo sistema binario, triste e solitario..
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Un pianeta roccioso di colore scurissimo..
005_darkrockyplanet

Seguendo l’anello..
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Un punto interrogativo nello spazio..?
007_interrogativo

Una nana marrone con anelli
008_nanamarroneconanelli

..ed il mio primo Earth-like
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Trovare dei sistemi con così tanti pianeti da scansionare è stressante.. ma redditizio
010_tantaroba

Reattore al minimo e buona notte. E’ora di mettersi nella comoda cuccetta dell’Asp per qualche ora di meritato riposo
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Al mattino ho trovato il pianeta zebra..
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..il pianeta che ride..
013_pianetacheride

..ed il pianeta Topolino.
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Ed ecco la mia meta: la nebulosa California..
015_californialontana

Ed ecco uno dei primi momenti di panico.. uscire dall’iperdrive e trovarsi fra 2 stelle, con la temperatura che sale fino al 120 %, non è affatto piacevole.. e lo scafo subisce i primi danni.
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Un sistema con delle interessanti sfumature di colore..
017_sistemaviola

..e un ritratto della mia nave.
018_ASPbeauty

Alba nello spazio
019_albanellospazio

E via, on the road again!
020_ontheroadagain

Due pianeti vicinissimi. Li ho battezzati Mio e Mao.
021_miomao

Ed è ora nuovamente di riposare e di ricalibrare gli strumenti..
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Al mattino, dopo una tazza di buon caffè replicato, si riparte..
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..per trovarsi in un altro sistema pericoloso, al centro di 3 stelle..
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Qualcuno me la spiega ? Atmosfera di acqua..?
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Un bel panorama nello spazio
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Un water-world. Saluti a Kevin Costner..
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Foto scattata con lo zoom : la mia destinazione, la nebulosa California, sullo sfondo di questo anello
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Un bel pianeta di ghiaccio. Uno delle centinaia che ho scansionato..
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Ci siamo quasi
030_avvicinamento

Non sono ancora arrivato.. mi concedo qualche ora di sonno..
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Al mattino faccio il punto della situazione.
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Una puntatina verso questa gigante gassosa
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Che viste incredibili..
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Ormai ci sono!
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E ancora 2 stelle vicinissime.. sembra di sentirne il calore..
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Ogni cosa ha assunto una colorazione rosata
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Ancora un po’ di riposo.. poi pianificherò il mio rientro.
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TO BE CONTINUED…

Coalsack nebula e dintorni…

data stellare 20150503,

sono appena tornato dal un bel giro fruttuoso di esplorazione… partito da Polaris, passando per le Pleiadi dove ho trovato il sistema Maia con il suo bel buco nero… (attenzione a non avvicinarvi troppo… diciamo che a 4Ls dovreste riuscire a scansionare… e non fate gli eroi per vedere cosa succede ad avvicinarsi troppo…)

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purtroppo nello screenshot non si vede bene la distorsione del buco nero poichè non vi sono abbastanza elementi di sfondo… ma immaginatevi una leggera curvatura dell’orizzonte..

poi.. sono passato dal sistema HIP 63835 che di buchi neri ne contiene addirittura 3! due dei quali in orbita tra loro…

Infine sono andato a visitare qualche bel sistema inesplorato e avere qualche “cartolina” della nebulosa Coalsak e delle regioni oscure intorno a essa (Musca dark region)… Per info scientifiche si legga qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Nebulosa_Sacco_di_Carbone

Di seguito riporto qualche screenshot..

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di ritorno dal mio giro di esplorazione mi trovo la mia bella sommetta da prelevare… sotto lo screenshot della sola prima pagina…

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buon viaggio interstellare a tutti 😉

 

Un pallido puntino blu

terradallospazio

Venticinque anni fa la sonda Voyager 1 scattò una foto della Terra da oltre sei miliardi di chilometri di distanza. Quell’immagine simbolo divenne celebre come “Pale blue dot” (pallido puntino blu). Fu lo scienziato e divulgatore Carl Sagan a sollecitare la Nasa peché Voyager provasse a ritrarre il nostro pianeta da quella distanza. Le sue parole danno il senso di un momento storico e la consapevolezza della fragilità del nostro mondo: “Osserviamo ancora quel punto. È qui. È casa. È noi. Su di esso, tutti quelli che ami, tutti quelli che conosci, tutti quelli dei quali hai sentito parlare, ogni essere umano mai esistito, hanno vissuto la propria vita […] Su un granello di polvere sospeso in un raggio di sole. Non c’è forse migliore dimostrazione della follia delle vanità umane di questa remota immagine del nostro piccolo mondo […] Secondo me sottolinea la nostra responsabilità di essere più gentili l’uno verso l’altro, di preservare e proteggere il pallido punto blu, l’unica casa che abbiamo mai conosciuto”

Pale blue dot
Twentyfive years ago, Voyager 1 sent back a picture of Earth taken from 6 billions of chilometers (3.750.000 miles) in space. That iconic image became known as “Pale blue dot”. It was Carl Sagan, cosmologist and author who urged NASA to try and take that photo from so far away. His words portray that historical moment in time and give us the awareness of the frailty of our world: “Take another look at that dot. It’s here. It’s home. It’s us. Everybody you love, everybody you know, everybody you hear about, every single human being has spent their live on that speck of dust lighted by the sun. There’s no better demonstration of the foolishness of human vanity than this image. To me, it urges us to be more responsible and gentle towards each other and to care and protect the pale blue dot, the only home we ever knew”.

“The Earth is a very small stage in a vast cosmic arena. Think of the rivers of blood spilled by all those generals and emperors so that, in glory and triumph, they could become the momentary masters of a fraction of a dot. Think of the endless cruelties visited by the inhabitants of one corner of this pixel on the scarcely distinguishable inhabitants of some other corner, how frequent their misunderstandings, how eager they are to kill one another, how fervent their hatreds.
Our posturings, our imagined self-importance, the delusion that we have some privileged position in the Universe, are challenged by this point of pale light. Our planet is a lonely speck in the great enveloping cosmic dark. In our obscurity, in all this vastness, there is no hint that help will come from elsewhere to save us from ourselves.”