ED: Distant Worlds. Morte nello spazio

Dopo l’emozionante visita a Sag A, al centro della galassia, è ora di ripartire verso l’orlo esterno.

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Continuo ad effettuare diagnostiche di sistema, tutti i moduli sono in condizioni accettabili e comunque nominali. Mi preoccupa comunque l’errore riscontrato in precedenza: se la diagnostica non dovesse funzionare, tutti i miei sforzi di interpretare i messaggi di errore del computer sarebbero vani e porterebbero a gravi conseguenze.

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La mia destinazione, laggiù, lontano.. una piccola nebulosa.

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Ancora una volta mi fermo affascinato ad immagazzinare carburante e ad ammirare questa stella doppia..

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..per poi proseguire. E’ incredibile come passi lento il tempo nello spazio. O forse è solo la mente che cerca di conciliare le enormi distanze percorse così alla svelta.

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Ecco il waypoint 13

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Il punto di attracco è in cima a quel picco. Ogni tanto mi sembra di sentire un tremito nella struttura della nave.. come un brivido. Al mio ritorno dovrò far controllare bene gli accoppiamenti e le giunture, saldatura per saldatura.

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..e mentre mi sto preparando per l’atterraggio..

accade la fine..

così in fretta che il mio sguardo resta fisso ad osservare la montagna che si avvicina sempre più
così in fretta che non riesco neanche ad eseguire una singola procedura di emergenza
così in fretta che riesco solo a mettere le braccia attorno alla testa

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La nave precipita verso il fianco della montagna ed io con lei.
Urtiamo la roccia..rotolando verso il basso..
..ancora e ancora..
..perdo conoscenza..

..mi risveglio.. devono essere passati pochi secondi da quando ci siamo fermati.. ma forse sarebbe stato meglio se fossi rimasto addormentato.
La nave giace su un fianco, lo scafo è ridotto al 13%.

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L’abitacolo è distrutto, ho solo 5 minuti e 7 secondi di ossigeno rimasti nella tuta di emergenza.
Verifico se l’unita di riparazione è in grado di sigillare nuovamente il cristallo.. ma anche essa è andata distrutta.
Dalla nave fuoriescono gas refrigeranti e ci deve essere un incendio elettrico la dietro, alimentato da quel po’ di ossigeno che è rimasto.
Il Frameshift Drive è ancora operativo.. ma un unico balzo non mi porterebbe da alcuna parte.
Sono troppo lontano dalla civilizzazione per poter chiedere aiuto.. e comunque anche i sistemi radio sono diventati un ammasso di rottami.

Sono finito.

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Dopo i primi istanti di panico, sapere che non c’è nulla che io possa fare per salvarmi, mi ha in qualche modo tranquillizzato.
Ho solo 4 minuti e 42 secondi di vita rimasti prima di asfissiare.. ma prima di esaurire definitivamente l’ossigeno aumenterò il tasso di CO2 per addormentarmi dolcemente, come ci hanno insegnato al corso di sopravvivenza, come ultima misura.
Mi avevano detto che il pensiero è quanto di più veloce ci sia.. più della luce. Ripenso in un solo istante alla mia vita, a tutti i passi che mi hanno portato quì, a morire su un pianeta desolato. Almeno potessi dare un senso a questa mia fine. Non ho nessuno quì per cui sacrificarmi, a cui donare la mia vita. Non sarebbe un suicidio.. no.. ma almeno darei un senso a questa mia morte, per un valore superiore alla vita stessa, consapevole di compiere qualcosa che può essere compreso, condiviso, apprezzato.
Ma quì, su PHIPOEA DD-F C26-1311 3 E, non c’è nessuno da salvare.. ed io sono già condannato.
Avevo letto che noi umani abbiamo il tempo contato.. e niente è più vero che vederlo scorrere lentamente nel display della tuta.

4 minuti e 19 secondi.

Per quanti sforzi facciamo di durare il più a lungo possibile – penso, chiudendo gli occhi – per quanto ci illudiamo di restare sempre “operativi” e di vivere per sempre, il destino è segnato. Nello spazio o sulla Terra, che per molti versi amiamo, non possiamo esistere in eterno. Questa vita, se la odiassimo a morte, non c’importerebbe nulla di perderla; anzi, forse non vedremmo l’ora di andarcene. Il fatto è che, accanto a motivi di rabbia e di sofferenza, ce ne sono molti di soddisfazione, e questi, alla fine, sembrano prevalere. Ci dispiace andarcene. Anche se ci dicessero che passeremo a miglior vita, non sarebbe per noi una grande consolazione.

Respiro lentamente.

3 minuti e 54 secondi.

Guardo per un istante al di fuori dell’abitacolo. La desolazione mi circonda. Non una pianta, un albero. Avrei sperato di terminare la mia esistenza circondato dal verde. La vita e la morte sono aspetti naturali che andrebbero vissuti in maniera naturale. Nella natura la morte, in realtà, non esiste se non come forma di passaggio. La morte è l’anticamera di una nuova vita. Tutto è trasformazione. Vita e morte fanno parte di un immane processo di trasformazione, di cui noi non vediamo né l’inizio né la fine. Ma nello spazio, nel vuoto, in quasi assenza di gravità, non ci saranno trasformazioni. Non diverrò concime o nutrimento per i batteri.. resterò così, un mausoleo al mio stesso fallimento.

Respiro ancora più lentamente.

3 minuti e 33 secondi.

Penso che ciò che conta in realtà non è né la vita né la morte, ma la dignità dell’essere umano, l’essenza della sua umanità. Vita e morte coincidono quando è in gioco la difesa del valore del senso di umanità. Aver paura della morte, quando è in gioco questo valore, significa non saperlo vivere con coerenza, sino in fondo. L’unica cosa di cui bisogna aver paura è proprio questa incapacità a essere naturali, a vivere con naturalezza la propria umanità. E la nostra natura di esseri umani ci porta, ancora di più in punto di morte, a desiderare di trasmettere ciò che abbiamo imparato, la nostra coscienza e la nostra conoscenza.

Mi resta una manciata di secondi e me ne sto quì a filosofeggiare sulla vita..

Trasmettere quello che si è imparato, diffondere la conoscenza.. già..
Se avessi almeno una radio funzionante, potrei inviare i dati delle mie esplorazioni.
Non ho altri mezzi di trasporto.
Non posso tornare a casa.
Mai più.

Spalanco gli occhi.
Un mezzo di trasporto ce l’ho. Non per me, ma per le mie conoscenze.
Il Frameshift Drive è ancora funzionante, ho poco più di 3 minuti di ossigeno per impostare manualmente la rotta per un ultimo salto verso SAG A e posso gestire la mancanza di refrigerante con gli Heat Sink.
Farò il salto direttamente dalla superficie, ormai l’indicatore del Mass Lock è distrutto e non più vincolante.. e anche se dovessi portarmi dietro qualche tonnellata di roccia aliena, beh, chi se ne frega.
Verrò attratto dal buco nero e forse i dati di esplorazioni che ho raccolto passeranno indenni dall’altra parte, forse serviranno a qualcuno.. non saranno persi..

E’ il momento dell’ultimo salto per la mia Eclipse.
“Frameshift drive charging.. 4.. 3.. 2.. 1.. 0..”

lastflight

 

CMDR Nijal: purtroppo è successo veramente, la mia nave si è schiantata mentre stavo facendo una manovra un po’azzardata.
4 mesi di esplorazione buttati al vento..
Ne ho approfittato per modificare leggermente la configurazione della Asp da esplorazione e per ripartire a caccia di stelle a neutroni.
Nel frattempo potete seguire le peripezie di CMDR Wolf974, in avvicinamento a Beagle Point.
A presto!

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4 commenti

  1. CMDR Wolf974

    e fu così che CMDR Nijal fecondò il più grande buco nero della nostra galassia… prepariamoci all’invasione degli ultracorpi!

    scherzi a parte, non posso che immaginare il dramma! (e le relative imprecazioni) considerando che ormai eri a buon punto…

    Io sono quasi all’arrivo: Beagle Point… e tengo alta la bandiera degli Spacejokers nel Deep Space! a presto per un articolo sulla mia esplorazione.

  2. Andrea (LT10bad)

    Wow, mi dispiace molto!
    Mesi di esplorazioni, le poce ore quotidiane a disposizione, buttate al vento! MiLIONi di Cr buttati! 😉
    Si ti voglio far soffrire! hahahah

    Scherzo se fosse successo a me, non ci giocherei più per un mese! (Per smaltire, la rabbia)

    La cosa che non sopporto di Elite, è appunto la perdita dei dati al 100%! Sarebbe stato bello trasferirli momentaneamente ad un altro player, così wolf974 poteva conservarli per te! Naturalmente a Fifty Fifty 😉

    • Grazie per la comprensione 🙂
      Lo so, fortunatamente ho già smaltito l’arrabbiatura con delle massicce dosi di birra

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